lunedì 4 luglio 2011

I capelli dell'imperatore - (carte estratte: 18 19 4)



L'imperatore aveva così tanti capelli in testa, che se lo si vedeva da dietro potevi persino scambiarlo per un leone.
Era così fiero della sua capigliatura che gli incorniciava il viso severo, da non voler mai portare la corona; affermava addirittura che quei bei riccioli che una volta erano stati d'oro, potevano sostenere da soli tutte le pietre preziose del copricapo regale.
Era per questo che se ne andava bel bello con tutti i preziosi infilati nei capelli.
L'imperatore aveva anche un figlio, che con il peso di avere un padre così ingombrante, non poteva fare a meno di passare tutto il giorno a impomatarsi i gonfi boccoli.
Ma al ragazzo quel cespuglio, a dire il vero, non piaceva affatto, lui era portato alle armi e in cuor suo tra una pettinata e l'altra pensava alle spade, ai cavalli e agli attacchi.
Ma non voleva fare un torto al padre, che ogni volta che lo incrociava, invece di un paterno abbraccio riceveva una qualche carezza sull'ingombrante chioma.
Passò giorno dopo notte e notte dopo giorno, finchè un dì dopo il tramonto, che la luna era già alta in cielo, finalmente arrivò la guerra e il castello fu sotto assedio.
In cielo volavano frecce infuocate e dalle valli l'esercito nemico continuava a radunarsi in massa per violare le mura.
Il principe vide pronta per se l'occasione di dimostrare il proprio valore, ma quell'enorme elmo che il padre tanto si era raccomandato indossasse per non rovinare il ciuffo, non gli faceva fare un buon mestiere, che dirigeva le sue truppe in tutt'altre direzioni a dove gli sarebbe servito.
E allora adesso basta! Perché se anche avesse contravvenuto al genitore, almeno l'avrebbe fatta franca quella notte.
Con una mossa decisa fece volare via l'elmo lasciando a tutti i ricci la possibilità di svolazzare al vento, ma neanche un istante dopo quello slancio di ribellione, una freccia infuocata gli accese il capo come un cerino.
Passate poche ore, l'esercito nemico fu costretto alla resa sotto la furia del principe guerriero dalla testa di fuoco, e mentre l'invasore tornava verso valle di gran carriera, egli ormai completamente liscio in capo come la luna in cielo, non aveva altri pensieri che la delusione che avrebbe dato al padre.
Arrivò poi il giorno e il sole alto nel cielo annunciava l'inizio della cerimonia in onore dell'eroico principe .
Cosa fare per nasconder quel disastro che ora aveva in capo?
Rimuginando sulla cosa, aspettò nelle stanze dell'imperatore, dove avrebbe dovuto incontrare il padre che si voleva congratulare; quando ad un certo punto, vide nella gabbia dell'imperatore il tanto amato pappagallo d'oro.
Così in fretta e furia gli venne un'idea, acchiappò il pennuto che aveva le piume dello stesso colore dei suoi capelli e se lo legò in testa, sperando che il padre non notasse la differenza.
Si guardò allo specchio e si ritenne soddisfatto.
Ma poi pensò: "E se mio padre si accorgesse che manca il suo pennuto?"
Allora tirò fuori un cuscino dal letto dell'imperatore e lo strappò, infilando tutte le piume nella gabbia.
Solo che adesso, quando il padre fosse andato a letto non avrebbe trovato niente su cui poggiar la testa, bel problema.
Allora uscì dalla stanza col pappagallo che reggeva in testa e vide una guardia che si era appisolata appoggiata al muro del corridoio; senza farsi sentire gli sfilò uno stivale, che ripiegato mise al posto del cuscino.
Ma la guardia appena sveglia avrebbe dato l'allarme!
Il principe prese una tovaglia dal tavolo del banchetto in suo onore e ci avvolse il piede della guardia, poi sfilò dal muro del castello file di mattoni che dispose affiancate sulla tavola a mò di tovaglia, al posto dei mattoni mise dei pani di burro, allora i libri andarono nella dispensa fredda, nella libreria ci finirono delle balle di fieno, mucchi di lenzuola ripiegate andarono nei campi, le bandiere presero posto nel magazzino dei domestici, sulle aste issò i cannoni, in armeria mise le botti di vino, in cantina le ruote dei carri, e poi di qua, e poi di là, qui, su, giù, destra, sinistra…
Quando l'imperatore giunse nella sua stanza per complimentarsi con il figlio del successo ottenuto in battaglia, non trovò il giovane, ma constatò che il pappagallo stava bene, che il cuscino era morbido come sempre e che i calzari della guardia erano lucidi e comodi come al solito.
Del principe non si seppe più nulla, ma io che sono narratore onnisciente, vi posso assicurare che rimase per lunghi anni a rimpiazzar oggetti.

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