sabato 22 settembre 2012

I tre discorsi - (carte estratte: 10 15 5 - tiraggio di Alice D.)



- Perdonami! Non è come sembra!

Quale peggior inizio se non quello di cospargersi il capo di cenere con un adagio fin troppo conosciuto?
Essere umile è una buona cosa, ma ad Alarico questa umiltà spicciola portò così tanti bei grattacapi, che probabilmente la prossima volta ci dovrà pensar bene a tener a freno la lingua.
Non che in un qualche modo ciò non se lo fosse cercato, poiché basta un piccolo tradimento per rendere ogni "perdonami" una lama a doppio taglio.
A lui che da sempre aveva detto di amar Giulietta - e vi dico invero che più e più volte glie lo aveva anche dimostrato - gli bastò un solo piccolo, lieve, pallido "quasi tradimento", per ritrovarsi ormai senza più bussola, annaspando in un ambiguo "perdonami" davanti agli occhi ormai folgoranti della sua consorte.
Che poi detto tra noi, tutto ciò forse non era davvero così grave come poteva sembrar da fuori: quel bacio traditore Alarico mica lo aveva dato, lo aveva ricevuto!
Ma quanto e difficile farlo capire ad una moglie?

Alarico come fosse stato di carta, era strappato da tutto quel rimorso, così per avere un consiglio fece visita ad un vecchio saggio di cui aveva sentito parlare dalla zia della cugina dell'amico del parente di qualcuno.
Con gran fiducia si presentò alla porta del vecchio.
Bussò sullo stipite perché la porta in quella catapecchia non c'era e poi entrò.
In che posto bizzarro era finito: una sola stanza con centinaia di cianfrusaglie ammassate in ogni dove, cataste di oggetti che nella penombra formavano una sorta di paesaggio.
Alarico viaggiando con gli occhi, percorse montagne di secchi, legni, spade e guanti, per poi passare alle colline di drappi e colabrodo, di libri e piume d'oca, giù fino ad arrivare alle pianure di tappeti, croci, bicchieri e mattoni rotti. In mezzo a tutto quel panorama, vi era un vecchio seduto davanti ad un piccolo fuoco acceso sul camino basso e quadrato, che si stava preparando una qualche brodaglia scura.
- Prego accomodati giovane... non aver paura.
Gli fece segno con la mano il saggio.
Alarico masticò un grazie e si appoggiò per terra, poi cominciò subito a buttar fuori le parole: aveva bisogno di trovar al più presto un rimedio alla sua condizione.
- Maestro! Vecchio! Saggio! mi aiuti! non so più cosa devo dire a Giulietta, che quella non vuol sentir più alcuna ragione, parola o quant'altro che mi esca dalla mascella!
Il saggio ascoltava.
- Son giorni e giorni che non vuol capire che quel bacio io non l'ho neanche mai lontanamente desiderato: c'è solo lei, mia moglie! nella mia zucca… qua dentro!
E si batteva il pugno sulla testa con tal vigore, come a voler calcare maggiormente la mano su quel concetto.
- Cosa devo dire a Giulietta per farle capire che ho solo lei nel mio cuore? che voglio esser perdonato? perché quello che ciò che ha visto non è quello che sembra…

Dopo tutto questo sfogo - devo dir la verità un po' sconclusionato poiché vittima dell'urgenza - il vecchio che per tutto il tempo aveva continuato a mescolare la sua brodaglia nera, si pronunciò.
- Semplice figliolo! in ogni discorso che si fa, ci deve sempre esser il vero, per cui tu di fronte alla tua bella Giulietta devi dirle: Perdonami! Non è come sembra!
- Ah bel saggio che siete! - disse di rimando Alarico. - Come se io finora non ci avessi provato, proprio quelle son le parole che le ho detto e ridetto: Perdonami! Non è come sembra!
Il saggio sorrise.
- Ben fatto! allora sei a metà del percorso.
Il vecchio si alzò in piedi e senza perder troppo tempo si tuffò nelle sue montagne di cose, tanto che Alarico da seduto a terra, ruzzolò sulla schiena per lo spavento, ma appena ritrovò l'equilibrio e si rimise in piedi, il vecchio riemerse tenendo nella mano, alta verso il cielo come fosse Excalibur, una spada forgiata bene.
- Ti serve una spada quando cerchi il perdono! - il saggio la porse al giovane, poi aggiunse - Ora vai! Fanne buon uso e dopo aver detto "Perdonami! Non è come sembra!" vedrai che si sistemerà tutto.

- Bella trovata questa! - continuò a pensare per tutto il tempo Alarico mentre faceva ritorno verso casa. - Quello è un saggio e non può mica sbagliare.
Così il ragazzo, con la testa che non gli faceva più male avendo le mani impegnate a regger la spada invece che a darsi pugni in testa, giunse sulla soglia di casa.
Giulietta appena lo vide da oltre la finestra, non perse tempo e gli si parò dinanzi. Alarico era pronto, levò in alto la spada e con tutta l'aria che aveva nei polmoni disse:
- Perdonami! Non è come sembra!

Giulietta - devo dir la verità - ebbe un minimo di esitazione e quando Alarico si fece sorridente pronto a ricevere da lei un forte abbraccio, si ritrovò con cinque dita color del fuoco sulla guancia.
- Sporco vile traditore! Dopo quello che hai combinato, vieni qui a dettar legge! Hai deciso di passare alle minacce dirette… cosa vuoi? Darmi altre ferite oltre a quelle già profonde che hai lasciato sul mio cuore?
Il giovane pareva una statua a cui al solo viso era concesso di cambiare forma, poiché dal sorriso passò in rassegna tutte quelle emozioni non gradite, di chi carico di buone intenzioni capisce all'improvviso di trovarsi nel punto più lontano rispetto alla propria meta (e non ha metà del percorso come quel vecchiaccio gli voleva far intendere).
Le parole di Giulietta man mano diventavano più indistinte, mentre Alarico si trovò a pensare che quel diavolo di saggio, lo aveva messo in una situazione ben più grave rispetto al suo punto di partenza.
Girò sui tacchi continuando a tener alta la spada, mentre pian piano gli insulti di Giulietta calavano d'intensità: non perché quella si fosse calmata, ma perché la distanza che via via li andava a separare, li tramutava in un brusio lontano fatto di "bla bla".

- Bene! la spada faccio che tenerla in alto per tutta la strada del ritorno, così che ciò mi serva da lunghissima rincorsa per quando la calerò sulla fronte di quel maledetto vecchio.
Il saggio lo vide arrivare da lontano e tutto allegro lo accolse a braccia aperte, perché era tanto curioso di saper la portata del successo che quella spada aveva dato al discorso di Alarico; ma meno male che fu svelto a levarsi di torno, appena capì che non era andata proprio tanto bene.

Quando i due esaurirono i colpi e le fughe, tornarono a sedersi intorno al fuoco a rimescolare la brodaglia.
- Ma non è possibile! - disse il saggio - questo metodo era di sicuro la giusta medicina al tuo malanno… fammi pensare… ho trovato!
E Alarico non fece in tempo a ritornare giù per terra come la prima volta, che il vecchio si era già tuffato in mezzo a tutti quegli oggetti.
Questa volta ne venne fuori con un bel bastone.
- Ah no! Questa volta non mi freghi vecchio, quel bastone non lo voglio proprio usare, mi immagino già qui sull'altra guancia il risultato.
Disse Alarico indicandosi quella ancora sana, mentre il vecchio presa la discesa dalla montagna di oggetti, si fece vicino al fuoco.
- Ma cosa hai capito sciocco! Questo va acceso!
Ed immerse la punta del bastone nelle braci, poi lo sollevò a mo' di torcia e lo porse ad Alarico.
- Vai vai! se la spada non ti è stata di aiuto, vedrai che questa torcia farà bene il suo mestiere, ma mi raccomando: usala come si deve e pronuncia solo parole sincere.
Il ragazzo ormai disperato per quello che gli era successo fece anche questa volta un atto di fede, fidandosi nuovamente del vecchio.

Certo che quella cosa pareva alquanto bizzarra: come avrebbe potuto una torcia aiutarlo a dare un valore differente ad un "Perdonami! Non è come sembra"?
Per tutta la strada del ritorno continuò a ripetersi quella formula, così per trovare un po' di coraggio a ripresentarsi all'uscio di Giulietta: più si cantava in testa quella tiritera, più quelle poche parole gli sembravano innocue e vere.
Questa volta non poteva fallire.

Ah! Giulietta appena lo vide arrivar dritto dal vialetto - con quella torcia in mano tenuta alta come se la volesse far notare meglio - con tutta calma si mise gli scarponi più pesanti che aveva e lo raggiunse sull'uscio.
Ed ecco che la medesima opera venne messa in scena già pronta a divenir tragedia.
- Perdonami! Non è come sembra!
Alarico con la torcia bella tesa davanti al naso di Giulietta, così che lei la potesse vedere bene, le accennò un sorriso con un occhio semi aperto, poiché un po' se lo aspettava che la ragazza potesse essere fatta di polvere pirica.
- Misero cialtrone! Sei venuto qui per bruciare la casa che è stata finora il nostro nido! Non hai alcun ritegno a dir parole false come quelle.
E mentre diceva questo, Alarico strinse entrambi gli occhi trovandosi a ricever quel bel calcione pronto da tempo, proprio in mezzo alle cosce.
- E' una cosa buona aver sempre da parte, per certe occasioni, un paio di buoni scarponi pesanti. - Pensò Giulietta soddisfatta.
Alarico piegato, tornò così dal vecchio, badando bene di non spegner quel fuoco che gli sarebbe servito per mettere alla graticola il sempre più presunto saggio.

Entrambi con i vestiti fumanti per il fuoco appena spento, tornarono davanti al camino.
- Per te ci vuol qualcosa di molto più incisivo.
Continuò il vecchio, mentre mescolava all'infinito la brodaglia scura.
- Qualcosa che ti aiuti davvero a far comprendere il tuo discorso al cuore di Giulietta.
E saltò per la terza volta tra gli oggetti.

Alarico ormai il copione lo conosceva, e ripetendosi la parte questa volta a voce alta, trascinò per tutto il percorso verso casa un enorme scranno papale.
Questa volta non poteva rischiare visto che su quello ti ci puoi solo sedere, che non può dar adito a nessun fraintendimento né tantomeno rivoltartisi contro come se fosse un'arma.
Così arrivato come sempre alla soglia, con Giulietta che lo aspettava già lì soppesando la robustezza di un enorme mattarello, il ragazzo le fece il gesto di aspettar qualche istante per dargli almeno il tempo di riprender fiato.
Poi si piazzò seduto sullo scranno e deglutì con foga, sperando che almeno quella volta qualche livido gli sarebbe stato risparmiato.
Poi disse per l'ennesima volta - Perdonami! Non è come sembra!

Il mattarello lo centrò in piena fronte, prima che Giulietta lo investisse di parole.
- Squallido farabutto! Ti presenti qui come fossi un papa, come se le tue parole fossero la legge divina. Ringrazia solo che di mattarello ne possiedo solo uno… perché altrimenti faresti la fine di un raviolo spiaccicato a suon di rimbalzi!

Era interessante constatare come a volte la zia della cugina dell'amico del parente di qualcuno, avesse abbondantemente sopravvalutato l'efficacia del consiglio di un saggio, e stolto lui che era diventato l'ultimo anello di questa catena di creduloni.
Questa volta lo scranno indietro non se lo poteva riportare per alzarlo in testa al vecchio, troppa strada da fare, troppo pesante quel blocco di legno, ma una cosa era certa: quel tizio non avrebbe avuto il tempo di proporgli una quarta soluzione.
Tre discorsi fatti erano più che sufficienti per capire che quello fosse un impostore bell'e buono.

Così Alarico tornò dal vecchio e quello, che capì l'umore del ragazzo già dal suo profilo all'orizzonte, lo accolse dicendogli.
- Ma non è possibile! figliuolo tu hai sbagliato proprio tutto! hai detto esattamente le parole?
- Vecchio rincitrullito vieni qui che questa storia te la voglio raccontare proprio bene, non mi serve né una spada, né un bastone, né uno scranno da darti in testa: mi bastan queste due mani per sciorinarti io questa volta una "saggia" lezione di vita.
E giù a correre intorno alla catapecchia uno dietro all'altro, che a forza di girare in tondo non si capiva più chi fosse l'assalito e l'assalitore.

Quando finalmente, stanchi morti i due tornarono intorno al fuoco, Alarico continuò.
- Sciocco io a darti retta! cosa pensavi che avrei potuto ottenere? era chiaro sin da subito che non è con la forza che si può avere il perdono, né tantomeno con la minaccia di un rogo o con il far finta di esser superiore alle umane questioni.
Il vecchio scoppiò a ridere, e rideva tanto che Alarico preso alla sprovvista da quella reazione, non si sentì neanche offeso.
- Mio caro ragazzo, ma tu eri in errore sin dal principio, non è per queste ragioni che io ti ho dato quei tre oggetti per fare tre discorsi uguali ma diversi. Le tue parole son sempre state sincere, ed è già buona cosa, ma quello di cui avevi bisogno era aver di fronte qualcuno disposto ad ascoltarti.
Al ragazzo quel discorso non fu chiaro neanche in quel momento ed il vecchio proseguì.
- Tu mio caro, la conoscevi già la verità su quel bacio e non avevi bisogno di imporla. Quello che può darci la possibilità di esser davvero considerati sinceri, è dare all'altro gli strumenti che gli consentano di trovarsi nella giusta posizione per poter ascoltare: quando tieni davvero a quello che vuoi dire, dona a chi ti ascolta la possibilità di difendersi da idee che non condivide dandogli una spada, poi dagli la possibilità di vedere meglio nelle tue zone d'ombra regalandogli una torcia, e infine dagli la possibilità di perdonare dalla giusta posizione le tue azioni... solo allora ti troverai alla fine del cammino per ottenere il vero perdono.

venerdì 7 settembre 2012

Tutte quelle stelle che mi stavano a guardare - (carte estratte: 17 7 10 - tiraggio di Laura F.)



Lisetta si svegliò in piena notte sotto ad un lenzuolo traforato di stelle.
Ancora con il sonno negli occhi si mise a guardare tutte quelle: così lontane e luminose le costellazioni si portavano dietro tutto ciò che fino a quel momento si era detto di loro.
L'orsa, Andromeda e Cassiopea si fecero rimirare mentre Ercole combatteva come sempre.
Lisetta che aveva la testa veloce, passava col pensiero dall'una all'altra, tra eroi, fiere e miti, ma poi immantinente tutto cominciò a cambiare.
Perbacco!

Se c'è qualcosa di sicuro al mondo dev'esser proprio il cielo, che ai navigatori e agli uomini liberi ha dato sempre una direzione; ma questa notte, prima l'una e poi l'altra le stelle cominciarono a spegnarsi; non tutte badate bene, solo alcune all'improvviso divennero nere senza dar più luce, così che dove prima Lisetta vedeva il grande carro, ora ne scorgeva a malapena una ruota storta.
Che tranello si stava ordendo al suo intelletto?
Qual demonio cornuto si divertiva alle sue spalle?
Che se da sempre era stato l'uomo a rimirar le stelle, quella notte al contrario parevan tutte quelle a guardar Lisetta, la quale confusa per lo strano accadimento credette di sentirle ridere mentre si divertivano a starla a scrutare.

Poi intanto che la ragazza era ancora in bilico tra un "perché mai" e un "com'è possibile" tutte le stelle le improvvisarono un tiro ancor più mancino cominciando a spostarsi.
- Oh mamma mia! questo è meglio che non vada in giro a raccontarlo…
Pensò Lisetta quando si rese conto di non riconoscere più alcuna costellazione.

Eh si! perché la ragazza sdraiata a pancia in su in mezzo al campo, svegliatasi in piena notte e sorpresasi a guardar da quella posizione il cielo, cominciò davvero a non venirne più a capo.
Gli astri si spostavano, alcuni più rapidi, altri più lenti, come se il buon Dio avesse deciso all'improvviso di volerli rimescolare, per toglier anche quelle poche certezze a noi miseri esseri umani.

Lisetta sotto al buio, se avesse potuto vedersi nello specchio si sarebbe ritrovata bianca come un cencio, ma poiché in quel momento non aveva né specchio né luce in sè, si limitò a rimanere immobile immaginandosi il suo colore e a veder sino a che punto le costellazioni si sarebbero prese gioco di lei.

A dire il vero miei cari, non dovette aspettar molto, perché preceduto da un leggero picchiettio come di becco, la volta celeste, o per lo meno quella che ne rimaneva, cominciò a calarsi su di lei: tutte quelle stelle si raggrumarono in un sol punto, crollando poi all'unisono addosso alla ragazza che cacciò uno strillo acuto.

Immaginate voi cosa si può provare a vedersi arrivare in capo tutta la notte e gli astri insieme, e finito l'acuto prolungato scattò in piedi, andando ad incontrare il lenzuolo traforato proprio a metà strada tra il prato ed il cielo, finendo così per sbucare con la testa nella luce del mattino.
Poco più in là un passerotto col suo "cip cip" le dette il buongiorno.

Non si era certo trattato di alcun sogno, ma era tutto vero e verissimo se lo si vuol vedere bene, perché la notte prima, quando Lisetta andò a dormire a cielo aperto, si preparò un riparo sotto al suo lenzuolo nero, che tenuto su da quattro legni e qualche corda le fece da tenda tutta notte.
Sotto a quella coltre non vide stelle, ma solo con la luce del mattino le riuscì di veder qualcosa mentre il sole che nasceva faceva filtrare la sua luce tra le trame della stoffa e del destino, dando a Lisetta l'illusione di essere ancora nei territori dell'oscuro.

Quello che vide fu un cielo stellato dove di stelle non ce n'erano ed un passerotto quella mattina si sostituì al vero.
Qualche cacchetta spense le prime stelle colmandone i piccoli buchi sulla stoffa da dove filtrava la luce, qualche passettino spostò le costellazioni dando nuovi angoli ai raggi che filtravano, ed infine il beccar qua e là in cerca di cibo fece crollar tutta la volta celeste, dando un gran dono a Lisetta: una divertente storiella che le insegnò il senso del guardare meglio.