A scuola la maestra lo interrogava sempre, ma non poteva cavarne nulla che non fosse sbagliato.
Sbagliava le parole perchè le confondeva, così che gesso e lavagna diventavan grigiume e arrosto, e tutti giù a ridere per quel difetto che teneva sulla lingua quell'asino bambino.
I suoi genitori poveretti, avrebbero voluto sprofondare quella volta che alla messa, invece dell'ostia, dal ministro di Dio disse di aver ricevuto dei sassi scaccolati.
Il medico sostenne che a mancargli fosse l'intelletto e il bambino fu dichiarato scemo, ma quella parola senza errore e corretta veniva inoculata a lui da tutti gli altri infanti.
E lo so bene me medesimo, che a seguir i suoi discorsi, pazzo sarei uscito pur io che con le parole a vanvera ci gioco e mi diverto.
- Avrei posticipato grazie all'uso essendo avuto.
Voleva sol dir che avea mangiato tre volte al dì.
E solo soletto continuava a rimaner in fondo alla classe, che nessuno nulla volea spartir con esso: perché la lingua slogata, se diventa virale è un bel pasticcio.
Ma un giorno dalle montagne se ne scese un feroce mostro, che sgranocchiava anime per sol diletto e dopo aver masticato ben bene almeno dodici contadini, un prefetto, due signore e mezzo sindaco; giù verso la scuola si diresse.
Tutti i bambini a gridar come matti quando quell'abominio ne spezzò in quattordici pezzetti buona parte, quand'ecco che il nostro scemo gli si parò dinnanzi e cominciò il suo momento.
- Se di strisce io mi raccapezzo, nel pudor mi invento delle mele tutte; non son stato in orzo, ma nella tua mi si rincorre!
Poi proseguì puntando il dito verso il mostro.
- Di fuochi cotti si fa per dire, che legni in fila si può sapere, sempre se la lucertola non vende vino solido! Zam zam!
Che il mostro non ci capì una scarpa al cubo, ma son discorsi che ti fan pensare, così sinceri che ti toccan nel profondo e fece retromarcia senza mai più tornar indietro.
E tutto il villaggio fu in festa, anche se parecchie vite erano state masticate, ma quello scemo si prese una medaglia e fece dei corsi per insegnare a parlare male.
Che devo dire il vero, io di gonfi sandali mi ci cullo l'intelletto e il cuore.
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