domenica 23 gennaio 2011

Le ricette di Zucchero - (carte estratte: 15 1 3)



Se penso a qualcosa di buono mi vengono in mente le torte.
Con la crema, il cioccolato o la panna, sempre di buono si parla e sempre sotto ai denti vanno a finire.
Giù al rione della “Lama Verde”, viveva una donna dai modi gentili, era molto amata tra le persone del circondario tanto che la chiamavano Zucchero.
Zucchero aveva un marito che vendeva cianfrusaglie, e a dirla tutta, lui al contrario non era visto di buon occhio: era svelto di lingua e poteva piazzarti qualsiasi tiro, che prima che te ne fossi accorto avresti fatto già due giri del paese.
La nostra lo amava alla follia, ma nonstante tutto non era mai riuscita a dar frutto alla loro unione, mai era stata toccata dalla grazia di dar dei figli al mercante e per compensare questa mancanza dava vita invece a succulenti manicaretti che serviva al marito.
Lei soleva mangiare molto poco e cose semplici, perchè era convinta che se avesse fatto un peccato di gola, la sua straordinaria capacità di incantar le persone con una pietanza le sarebbe venuta meno.
Lui a dimostrazione di ciò mangiava a piene ganasce, senza troppo pensare a non aver prole.
La donna una mattina fu ben contenta di scoprire casualmente che il marito aveva nascosto in casa un bell'anello: da lì a pochi giorni cadeva il loro anniversario di matrimonio e lui almeno quest'anno non se n'era dimenticato!
Lei tutta compiaciuta, preparò la miglior zuppa di cipolle che avesse mai messo insieme, sperando che gli anelli dell'ortaggio sezionato, per forma facessero cadere il marito in confessione anticipata.
Ma lui muto come un pesce, si dimostrò esser un vero osso duro, lasciando la nostra buona donna con un palmo di naso.
E che palmo le crebbe quando scoprì, all'uscita del marito, che l'anello era stato portato via dal nascondiglio.
La donna uscì di casa e seguendo l'odor di cipolla come fosse una via di mollichine di pane, scovò il marito a regalare il prezioso a quella sciocca cuoca della locanda in fondo al vialone principale.
Maledetto traditore!
Povera Zucchero, tradita così da un fanfarone, per una cicciona che aveva due figli grassi che sembravano maiali.
Ne usciva mal ridotta dal confronto.
La nostra guardandoli da lontano, infilò la mano nel grembiule che ancora aveva indosso, sperando di trovarvi un coltellaccio da cucina per fare a fette i due amanti, ma vi trovò solo un altro anello di cipolla che gli si infilò al dito, quasi a volerla schernire ancor di più.
Si portò la mano davanti al viso, guardando quell'anello vegetale che le si era tutto spiaccicato intorno al dito, e le lacrime le salirono agli occhi, ma non per l'odore.
“E allora maledico entrambi gli anelli, che siano per noi un legame indissolubile!”
La Cicciocuoca si infilò allora l'anello regalatole.
Zucchero tornando a casa vide quei due grassi bambini della cuoca giocar per strada a dar fastidio alle oche, proprio davanti a casa sua e furente di rabbia, decise di agire all'istante.
Sbattè uova e zucchero al volo, invitando i due bei bimbi ad entrare e servirsi, a quelli non gli fu detto due volte che già stavano con i cucchiai di legno in bocca, e chiusa la porta, la cara Zucchero calò il coltello che non aveva in tasca.
Quante belle bistecche puoi far da due maiali?
Parecchie se hai molta fame, e nei giorni seguenti, contravvenendo al patto che con se stessa aveva stipulato, Zucchero si cucinò bistecche in ogni modo: con verdure, alla piastra, in casseruola, arrotolate, saltate, legate, amputate.
E più mangiava, più la Cicciocuoca ingrassava, e più masticava, più l'altra aumentava, e più digeriva e più l'altra diventava così grassa da non riuscir mai più ad uscire dalla porta della locanda, che divenne da quel momento la sua prigione.
Il marito di Zucchero, per dare un bacino all'amante si doveva ormai arrampicare al secondo piano, che quella era così grossa che se si girava da un lato per porgere le guancia, lo avrebbe schiacciato secco tutto di un colpo.
Ma non fu così che l'uomo perì, semplicemente cadde dal balcone, perchè anche se era un buon parlatore, a forza di fare gioco di equilibrio, prima o poi un piede in fallo lo metti.
Zucchero poco dopo il funerale del marito si cucinò l'ultima bistecca e si scoprì incinta di due bei gemelli, ma da quel giorno non riuscì mai più a cucinare un sol piatto che non disgustasse i suoi commensali.
Peccato! Perchè se penso a qualcosa di buono, mi viene in mente lo zucchero.

domenica 16 gennaio 2011

Lucrezia che gli piangeva la testa - (carte estratte: 2 10 14)



Si, ma allora io mi chiedo: cosa fareste voi se al posto dei capelli aveste una sorgente d'acqua?
Che a volte non ci si pensa, ma son problemi.
Ovvio non dovreste lavarvi i capelli, ma avreste sempre tutti i vestiti bagnati.
Sarebbe quasi come se ogni lacrima che avete pianto, vi scivolasse costante giù dal cuoio capelluto, che ormai di capelluto avrebbe ben poco.
A Lucrezia piangeva la testa: costantemente inzuppata da capo a piedi, non era di sicuro la più amata del paese.
Le amiche le camminavano sempre a qualche passo di distanza, soprattutto la domenica con il vestito buono.
Eh! lo so. La situazione così non era mica tanto sostenibile, che il vecchio padre di Lucrezia si rompeva il capo per venirne fuori.
La madre della giovane, poverina, era morta affogata quando la bimba era venuta al mondo: le si ruppero le acque al nono mese, che pareva avessero aperto tutte le dige d'Olanda.
Poi però un giorno ti arriva un venditore trico traco in città, con tanto di carro pieno zeppo di rimedi e vedendo così Lucrezia, ci trova li per li la soluzione.
Prende tra le millecentoventi cianfrusaglie, un bell'ombrello senza manico, che nelle sue abili mani diventa da oggetto inutile a vera e propria soluzione; ci basta fare un buco al centro e glielo piazza in testa al rovescio, manco fosse un cappello rivolto.
Così da li a poco, l'acqua lo riempie come un imbuto, e sbordata poi dai lati quella in eccesso, ecco a voi che non ti si bagnano più i vestiti.
Oh... ooh... ooooh... clamore e stupore di tutto il parentado, amicado, un po' anche vescovado, se ci fosse un mezzo ministro di Dio da quelle parti.
Ora Lucrezia pareva un innaffiatoio che gettava zampilli tutti intorno, però con i vestiti asciutti che è un buon passo avanti.
Il padre della ragazza, pagato il venditore, potè finalmente abbracciare la figlia senza inzupparsi i piedi.
Certo pareva di stare alla finestra in una giornata di pioggia, quando ficchi il naso appiccicato al vetro e rimani all'asciutto nonostante le gocce ti sfiorino il volto, ma tutto sommato era una situazione accettabile.
Adesso forse avrebbe potuto trovar marito, che non fosse per sicuro un marinaio.
Però come sempre accade, ogni situazione buona e nuova poco dopo diventa quotidiana, e così da bel sorriso il suo viso si ripiegò con gli angoli della bocca verso il basso.
Ma dico io, che poi lo diceva anche Lucrezia, ma perchè poi tutta quest'acqua qua?
Ma se fossero monete non sarebbe stato meglio?
Poi arrivò al villaggio una vecchia mendicante.
La mendicante mendica, è il suo lavoro.
Si sveglia la mattina presto e mendica un po', magari al mercato, poi fa una pausa perchè è un lavoro duro.
Rimendica il pomeriggio, che è una persona seria e di parola, non è che il contadino ara la mattina poi domani magari no: ci si mette d'impegno.
Comunque, mentre si era acquietata un po' perchè eravamo quasi all'ora del pranzo, si dice tra se e se: “Oggi cosa potrei mangiare? Pollo? Patate? Qualche cavolo bollito? No! meglio stare leggeri che poi nel pomeriggio mi tocca tornare a mendicare.”
Tira fuori il suo bel bicchiere di legno che tiene in tasca e lo riempie sino al bordo dalla fontana: che poi era Lucrezia che si era appoggiata li vicino col cappello imbuto in testa.
Butta l'acqua tutta giù in un sorso.
“Ma quest'acqua sa di fragole!”
Rimpingua il bicchiere e butta giù nel gargarozzo.
“Ma quest'acqua sa di mele cotte!”
“Ma quest'acqua sa di castagne zuccherate... porro... caucciù!”
“Che buona! Ma anche un po' che schifo!”
Nessuno aveva mai bevuto l'acqua di Lucrezia, che sapeva di mille centomila sapori, belli e brutti.
E la mendicante, che oltre a lavorare come mendicante, era anche un po' saggia, guardando Lucrezia la fontana, capì che quelli erano i sapori di tutti i suoi pensieri.
“Ma cosa ti lamenti cara ragazza, che fossero tutti come te, che le idee invece di tenersele dentro le facessero sgorgare da una fonte tanto cristallina.”
La gente si avvicinò mostrandosi curiosa.
La vecchia mendicante continuò: “Ringrazia quel cappello ad imbuto, che non ti fa bagnar i vestiti ma avvicina agli altri tutti questi sapori. Quelli belli e quelli brutti. Che ogni sapore lo devi lasciar sgorgare.”
E allora Lucrezia sul cappello ci mise prima cento tubi, poi seicento canalette, poi milleduecentosettantotto zampilli e continuando di quel passo, ci edificò una cattedrale.