Il rione del mercato era sempre molto vivo, tra gli strilli dei venditori e lo stupore della gente, tutto ciò che poteva essere immaginato trovava posto sopra ai banchi.
In mezzo agli schiamazzi, vi era un nano che parlava piano piano ed invitava la gente ad accostarsi con molta discrezione, per vedere la mercanzia che aveva da offrire.
La sua mano sinistra aveva una curiosa particolarità, le dita che aveva in fila non erano cinque come quelle di tutti gli altri mortali, bensì sei.
L'affare che proponeva poteva sembrar molto conveniente e se tu fossi stato tra i suoi clienti, tra tutti gli oggetti che aveva a disposizione, avresti potuto sceglierne uno di tuo gradimento mettendo in pegno qualcosa di personale e scegliendo con cura un numero tra tre e diciotto; il nano, avrebbe tirato con la sua mano a sei dita tre dadi e se fosse uscito proprio il numero da te scelto, l'oggetto impegnato sarebbe andato perso, ma con tutti gli altri numeri, ti saresti portato via ciò che avevi desiderato.
Sul banco c'era ogni ben di Dio: pietre preziose, oli ed essenze, spezie che venivano da lontano, pizzi e merletti.
Va da sé che il nano era molto abile con i dadi, e non sbagliava mai un sol colpo, al mercato ne videro tante di persone che impegnarono ogni tipo di bene per sfidare la sorte, ed ogni volta che il mercante scaltro lanciava i suoi 3 dadi, poteva aggiungere un nuovo oggetto agli altri esposti.
Un giorno alla sua cassa si presentò un mendicante, tutto sporco dalla testa ai piedi, sui suoi stracci dei sonagli producevano musica ad ogni suo passo.
Il mercante disse: “Pover'uomo, perchè non sfidi la fortuna? Magari un po' d'oro potrebbe rimetterti a nuovo.”
L'uomo lercio rispose: “Giocherò contro di te, ma non per ciò che già possiedo. Quello che voglio è il tuo sesto dito e in cambio ti offro questi due sonagli d'oro.”
L'accattone si infilò la mano destra in una tasca del vestito lacero, e ne estrasse due sonagli rilucenti che porse al nano.
Con suo grande stupore, il mercante, notò che la mano dell'uomo aveva solo quattro dita.
Tutto intorno la gente cominciò a mormorare, ed il nano non si potè tirare indietro, pena la sua credibilità.
“Scelgo il tre” disse il mendicante “...e adesso spetta a te lanciare.”
I dadi rotolarono sul banco, li intorno si fece silenzio ed il nano trattenne il fiato, terrorizzato dal fatto che potesse perdere il suo prezioso dito.
“Tre!” gridò il nano “Mi dispiace, avete perso i vostri sonagli d'oro, signore.”
L'accattone andò via senza proferire una sola parola.
Il mercante non rimise i sonagli in gioco, ma decise di tenerli per se e ne fissò uno per ogni scarpa.
Venne la sera e raccolta tutta la mercanzia, s'avviò verso casa.
Per la strada era dolce sentire il suono dei sonagli che ad ogni passo facevano un'allegra melodia, ma quando fu un po' più buio ed il nano prese il vialetto di casa, i sonagli si staccarono dalle scarpe e come animati di vita propria, si mossero saltellando verso casa, anticipandolo di parecchi metri.
Al nano si raggelò il sangue e seguì con lo sguardo quelle due sferette d'oro che brillavano sotto la luce lunare.
Poi si fermarono a mezz'aria, immerse nel buio gli parvero come due occhi di cane che lo osservavano tra le pieghe della notte.
Poi gli occhi si mossero verso di lui e vide che appartenevano ad un molosso dal manto nero e lucido, che gli veniva incontro correndo, il nano non fece un passo fino a che il cane non gli serrò le fauci intorno alla gola; ma non fece in tempo a morderlo che fu fermato da un suono di sonagli.
Il mendicante lercio, fece un segno alla bestia che corse da lui, poi si voltò e i due sparirono nella notte.
Dalla casa del nano giunsero delle grida strozzate tra singhiozzi di pianto, il mercante si rialzò e corse verso la dimora, verso sua moglie e suo figlio di pochi mesi.
La donna piangeva e gridava, appena vide il marito disse: “Il bambino dormiva tranquillo nel suo lettino, ma dopo aver sentito un suono di sonagli a mosso i primi passi della sua vita, poi sono divenuti corsa per venirti incontro sul vialetto.”
Il mercante capì che non solo aveva perso i suoi nuovi sonagli, ma che quell'uomo lercio si era portato via il suo unico figliolo.
Decise così di fare quello che in quel momento gli parve più logico, prese un lungo coltellaccio che tenevano in cucina per sgozzar maiali e determinato si recise il sesto dito.
Il nano e la sua signora uscirono sotto il chiar di luna e nel giardino seppellirono il dito.
I primi raggi di sole che raggiunsero i due la mattina, illuminarono quel fazzoletto di terra da cui nacque un bocciolo, che da li a poco si dischiuse.
Al suo interno vi era un neonato che cominciò a strillare.
Il nano e la sua signora lo presero in braccio con gli occhi carichi di lacrime, si voltarono e rientrarono in casa.
Da quel giorno, perso il sesto dito, al nano non riuscì più un singolo tiro di dadi.