tag:blogger.com,1999:blog-58364504443658842552024-03-13T01:23:46.401+01:00Cent Vingt Et UnCent vingt et un (121) è un progetto personale di Davide Ragona, che unisce l'arte della lettura dei tarocchi al mondo della narrazione popolare.
Per dirla in modo semplice e diretto, questo blog tratta di favole e tarocchi.
Le novelle raccolte tra queste pagine, sono vere e proprie letture fatte a persone che si sono prestate ad estrarre 3 carte dal mazzo.Davide Ragonahttp://www.blogger.com/profile/01732204475042131846noreply@blogger.comBlogger78125tag:blogger.com,1999:blog-5836450444365884255.post-89618676260907872662013-11-18T18:04:00.001+01:002013-11-18T18:04:08.432+01:00Cent Vingt Et Un (121) diventa .com<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://3.bp.blogspot.com/-pir1FwEprYU/UopIBHAnJ_I/AAAAAAAAAiY/gQIjzWwRpds/s1600/121.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://3.bp.blogspot.com/-pir1FwEprYU/UopIBHAnJ_I/AAAAAAAAAiY/gQIjzWwRpds/s1600/121.jpg" /></a></div>
<br /><br />Cent vingt Et Un (121) volta pagina e diventa un vero e proprio sito.<br />
Pertanto questo blog non verrà più aggiornato, ma rimarrà ancora online per permettere ai nuovi utenti di raggiungere il nuovo indirizzo.<br />
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Nel nuovo sito troverete tutte le storie raccolte fino ad oggi in questo blog, quelle nuove e molte altre iniziative.<br />
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Grazie per avermi seguito fino ad oggi e vi do appuntamento al nuovo indirizzo.<br />
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<a href="http://www.centvingtetun.com/">http://www.centvingtetun.com/</a>Davide Ragonahttp://www.blogger.com/profile/01732204475042131846noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5836450444365884255.post-40668315396283737392013-06-25T10:49:00.001+02:002013-11-11T18:58:20.894+01:00Una sana invidia - (carte estratte: 8 0 11 - tiraggio di Michele C.)<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-KecxJSHe7Js/UclXqtI_ZvI/AAAAAAAAAfU/daQxU0-0Pfc/s1600/8+0+11.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://1.bp.blogspot.com/-KecxJSHe7Js/UclXqtI_ZvI/AAAAAAAAAfU/daQxU0-0Pfc/s1600/8+0+11.jpg" /></a></div>
<br />
<br />
Per invidia ho rotto tutte le spade di tutti i cavalieri del castello.<br />
Non sapevo combattere, ma avrei voluto.<br />
Le ho rotte a mani nude, stringendole tra i pugni le ho piegate come ramoscelli.<br />
Non ci avevo pensato troppo su, forse se l'avessi fatto avrei messo in considerazione il farmi male. Eppure niente. Neanche un graffio.<br />
<br />
Il problema che si pose allora - e che capii ben presto essere una regola - era che tutto ciò che rompevo mi rimaneva attaccato addosso finché non rompevo qualcos'altro. Solo a quel punto era l'altra materia a rimanermi appiccicata.<br />
<br />
La prima cosa che ruppi, come vi ho già raccontato, furono le spade e il motivo di tutta quella forza compresi ben presto fosse l'invidia.<br />
Poi ruppi degli orologi preziosi, che presero il posto delle spade sui miei vestiti, infine passai ai servizi buoni.<br />
<br />
Si invidia ciò che non si ha, ed era divertente vedere che ciò che non avevo poi diventava una decorazione sui miei calzoni, sulle casacche ed i cappelli con le piume.<br />
A questo punto fu difficile riuscire a nasconderla l'invidia.<br />
Se quel qualcosa che avevo fracassato, la gente me lo vedeva addosso, sapeva che era stato rotto nel peccato.<br />
Mai sentimento così tanto disprezzato divenne ben voluto, tra gli sguardi di chi l'invidia l'aveva per me, ma non gli generava forza ma solo eccesso di bile.<br />
<br />
Ora che i cavalieri non avevano più spade, venne a me l'incarico di proteggere chicchessia dalle grane che lo investiva, così che per essere paladino dovetti imparare ad invidiare il mio nemico su comando.<br />
Fintanto che si trattò di invidiare condottieri, ricchezze ed altre maledette meraviglie che fanno gola all'uomo, mi sembrò fin troppo facile.<br />
Guardare fisso un cavaliere mentre avanzava, immaginare quanto si sentiva protetto nella sua armatura mentre io me ne stavo senza cavallo ad aspettarlo, mi generava una buona dose di sana invidia.<br />
Con pochi sganassoni lo sbullonavo completamente, ritrovandomi con la sua armatura addosso.<br />
Ero l'unico a riuscire a farlo.<br />
<br />
Chi invidiava questa mia condizione non riusciva ad assestarmi altro che un tenero buffetto e non è cosa troppo astrusa venire a sapere che tra le fila nemiche si facevano addirittura esercizi d'invidia, sperando di poter così eguagliare quella mia strana condizione.<br />
Niente da fare.<br />
Poi però venne il giorno in cui mi chiesero di sconfiggere la tempesta, ma io non ne fui in grado.<br />
<br />
Per quanto mi sforzassi di volerla tirare giù a forza di fendenti, non riuscivo ad invidiarla.<br />
Mi pareva che fosse solo acqua, solo grigia e cupa condensa, e chi sano di mente può voler acqua fredda addosso, invece di una solida armatura?<br />
<br />
Il popolo mi incitava, speranzoso di farmela a tutti i costi piacere esaltandone la forza divina, la maestosità e il chiasso che faceva, mentre quella per non essere da meno spazzava indisturbata via i tetti della case, riempiva le torri del castello come brocche e faceva affogare cristiani e bestie insieme.<br />
<br />
Eppure, nonostante fosse lusighiero pensare di poterla indossare, non mi veniva da invidiarla, perché mi sentivo già bagnato, perché avevo freddo e perché semmai proprio qualcuno mi sentivo a quel punto di invidiare, era chi la propria invidia la poteva ancora esercitare senza per forza essere messo nel mezzo.<br />
Li avrei potuti fracassare tutti in quel momento, levando il problema della tempesta alla radice, ma non mi andava di ritrovarmeli poi addosso.<br />
Via in un solo colpo tutti quelli che adesso invidiavo.<br />
Tutti quanti tranne me, che non invidiavo affatto.<br />
Realizzai allora che non mi ero mai invidiato.<br />
Mai fino a quel momento, l'istante in cui invidiai il non provare invidia per qualcuno o qualcosa.<br />
E visto che trovavo che mi stessi bene addosso, fu così che mi frantumai a suon di schiaffi.Davide Ragonahttp://www.blogger.com/profile/01732204475042131846noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5836450444365884255.post-20071917295121464132013-06-06T10:13:00.000+02:002013-06-06T10:53:40.046+02:00La bottega del senso - (carte estratte: 1 13 17 - tiraggio di Daniele R.)<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://4.bp.blogspot.com/-M2IywBKKSzc/UbBB5L7tAbI/AAAAAAAAAe4/x9u98YikP3M/s1600/1+13+17.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://4.bp.blogspot.com/-M2IywBKKSzc/UbBB5L7tAbI/AAAAAAAAAe4/x9u98YikP3M/s1600/1+13+17.jpg" /></a></div>
<br />
<br />
Nella bottega del senso non c'erano candele. Anche in una giornata d'estate, dentro c'era sempre penombra.<br />
Il nome per i più suonava ingannevole e visitavano quel bizzarro luogo, solo pensando di poter trovare un senso alle cose, restando però puntualmente delusi quando si rendevano conto che lì ad aspettarli c'era solo un buon tuttofare che riparava gli oggetti.<br />
<br />
Donato, così si chiamava quell'uomo, aveva una sua personale filosofia, credeva che se qualcosa funzionava "è un buon segno" e che un buon segno potesse dare senso a ciò che egli stesso faceva.<br />
Per questo l'aveva chiamata così e forse a conti fatti, la bottega del senso serviva solo a lui, fiducioso com'era che tanti "buoni segni" messi in fila potessero tracciare una rotta.<br />
<br />
Dopo un primo momento di smarrimento, ogni persona che si ritrovava nella bottega, forse per paura di esser presa per pazza facendo domande sul senso delle cose nel luogo sbagliato, si sentiva in dovere di dare qualcosa da riparare a Donato.<br />
Del resto chi non si è mai sentito sciocco per essersi sbagliato in una qualche situazione?<br />
Provate ad immaginarvi anche solo per un istante, mentre entrate in un macello pensando di trovarvi una sartoria. Convinti profondamente che lì si vendano camicie, non uscireste da quei luoghi con almeno due braciole sotto braccio?<br />
<br />
Così per la stessa ragione, chiunque si trovava di fronte a Donato pronto a sentire quale fosse il suo proprio senso, in una sorta di inversione di marcia fatta all'ultimo momento, all'improvviso si sentiva in dovere di metter sotto al naso del bottegaio quello di rotto che aveva con sé, magari un orologio fermo, una scarpa col buco, un orlo da rifare o delle lenti malferme sulla montatura.<br />
Ed è così che a pensarci bene, senza la bottega del senso e senza essersi trovati nel posto sbagliato a ringoiare domande senza ragione, ognuno di loro avrebbero continuato ad arrivare in ritardo, ad avere i piedi doloranti, gli occhiali sbilenchi e chissà quali mille altre cose che non potevano altrimenti trovare un senso.<br />
E riparando le cose, Donato continuava a scivolare dolcemente verso nord.Davide Ragonahttp://www.blogger.com/profile/01732204475042131846noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5836450444365884255.post-72659596159300584902013-05-24T16:53:00.000+02:002013-05-24T16:53:15.318+02:00Mia mamma mi aveva disegnato male - (carte estratte: 21 11 20 - tiraggio di Anna P.)<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://3.bp.blogspot.com/-Au1OB-NoB5Y/UZ99iCtWbcI/AAAAAAAAAeI/7ezv-QZXCwQ/s1600/21+11+20.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://3.bp.blogspot.com/-Au1OB-NoB5Y/UZ99iCtWbcI/AAAAAAAAAeI/7ezv-QZXCwQ/s1600/21+11+20.jpg" /></a></div>
<br />
<br />
- Una donna non può avere il dono di riprodurre su carta, né tanto meno può esser maestra nell'arte dell'affresco.<br /><br />Grosso modo eran queste le parole che venivan fuori dalla bocca del maestro, quando con mio padre a cena si tratteneva più del solito.<br />Non credo fosse il vino a farlo arrivare a certe conclusioni, quanto piuttosto una sorta di invidia verso mia madre, lei che era incinta di me, era l'evidenza del saper riprodurre; cosa alquanto difficile da apprendere per un maschio.<br />Così il maestro, per sostenere la sua tesi, le mise di fronte sulla tavola ancora imbandita, una pergamena bianca e sventolandole sul naso una piuma d'oca, la sfidò a disegnarmi come mi immaginava che sarei stata una volta venuta al mondo.<br />Va da sé che mia madre, che non aveva mai armeggiato con l'inchiostro, mi disegnò male.<br />
Sette mesi dopo nacqui proprio disegnata male.<br /><br />La mia infanzia non la dimenticherò mai, perché fu la tipica giovinezza che può vivere uno scarabocchio.<br />Non dovrebbe essere troppo difficile per voi immaginare come fossi fatta: due linee nere che si piegavano ad elle per gambe, un triangolo come busto che arrivava oltre le braccia, oltre le quattro o cinque dita - a seconda della mano che stavate osservando - e si univa al collo sottile, poi sopra c'era un cerchio grande, forse troppo, e un intreccio di giravolte di cotone nero, quello era il mio scarabocchio di capelli.<br />I bimbi non son di certo gentili e bastava che mi distraessi un solo istante per ritrovarmi con due virgole ricurve sotto al naso.<br />Non ho mai gradito portare i baffi, nonostante molti di quei monelli sostenessero che mi stavano proprio bene.<br /><br />Mia madre si sentiva in colpa per avermi disegnata male e cominciò ad impratichirsi con le tinte fatte d'uovo, con i pennelli di crine e le tele.<br />Studiò ogni tipo di tecnica, pensava che ciò avrebbe reso più facile per me superare il fatto di essere un groviglio.<br />Per un po' funzionò anche, la vedevo lasciare il colore sul bianco e sviluppai un certo occhio per quel mestiere.<br /><br />E' difficile vivere come uno scarabocchio quando vivi al tempo delle cattedrali, tra affreschi che lasciano spazio a far intravedere solo tratti morbidi e rotondi.<br /><br />Cominciai pertanto anche io ad affrescare le chiese, ed era strano vederlo fare ad un intreccio di linee. Immagino quanto fosse bizzarro per un duca o un papa, vedere una matassa d'inchiostro che poneva santi, nuvole rotonde e colombe sullo stucco fresco.<br />Ma fu così che divenni grande.<br /><br />Ogni pennellata descriveva un mondo coerente, concreto, profondo in ogni verso, ma sentivo che qualcosa mancava in tutto questo, sentivo che tutto quello che stavo mettendo sul muro mi era distante: non erano i miei disegni.<br /><br />Mi venne in mente un giorno mentre mi osservavo allo specchio, cercando di immaginarmi con i tratti di un'affresco, di ripensare alla mia adolescenza.<br />Quei giorni mi avevano lasciato due cerchi in più.<br />Sopra al triangolo che avevo come corpo.<br />Quelli mia mamma non li aveva disegnati, perché mi aveva immaginata piccola e il concetto di seno su di me le era probabilmente ancora estraneo.<br />I due cerchi me li fece la natura, non mia madre.<br /><br />E' strano pensare, nonostante quel bizzarro scherzo del destino, a quanto sia coerente la natura.<br />Io che ero uno scarabocchio ebbi in dono non due seni ma due bei cerchietti.<br />Devo dire la verità, fui contenta di quei rotondi essenziali, facevo davvero tanta fatica ad immaginarmi differente.<br />Pensate voi quale abominio sarei stata, tutta scarabocchio, a dover portar due seni veri.<br />Questo mi rincuorò, e per la prima volta cominciai a riconsiderare la mia coerenza.<br /><br />Pian piano finì il tempo di vedere il mondo affrescato, compresi che la struttura di ogni forma è puro scarabocchio.<br />Avrei dovuto ricominciare da lì, accartocciando tutti gli studi fatti, tutte le notti perse con la schiena sulle travi a dipingere soffitti per far tacere il ricordo delle parole del maestro.<br /><br />- Una donna non può avere il dono di riprodurre su carta, né tanto meno può esser maestra nell'arte dell'affresco.<br /><br />Forse aveva ragione.<br />Senza confini certi, uno scarabocchio non è materia da stare immobile appesa al muro.Davide Ragonahttp://www.blogger.com/profile/01732204475042131846noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5836450444365884255.post-71131213716525955882013-05-23T09:01:00.000+02:002013-05-23T18:01:27.248+02:00Ho o non ho - (carte estratte: 1 15 17 - tiraggio di Giovanna B.)<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-qAxAy6VUJdI/UZ49S0oz99I/AAAAAAAAAdM/-4rOKDnH8hk/s1600/1+15+17.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://1.bp.blogspot.com/-qAxAy6VUJdI/UZ49S0oz99I/AAAAAAAAAdM/-4rOKDnH8hk/s1600/1+15+17.jpg" /></a></div>
<br />
<br />
- Ti propongo una sfida. - disse il diavolo - Finché riuscirai a fissarmi dritto negli occhi, ti darò tutto quello che non hai.<br />
<br />
Le premesse per un buon affare c'erano tutte, così senza farselo ripetere due volte, Gildo che era un mercante di grande talento, cominciò a puntare le sue pupille dritte e fisse nelle cornee di quel povero diavolo.<br />
Per l'uomo, che ogni giorno era abituato a vedersi sfilare davanti persone di tutte le estrazioni e forme, quell'atto che forse dal diavolo era considerato così straordinario, si dimostrò per Gildo la norma.<br />
<br />
Lo fissò pertanto così intensamente negli occhi da mettere quasi in imbarazzo quel demonio e poiché una promessa è pur sempre un'accordo, dal quale proprio un signore oscuro per sua natura non può distogliersi - così come in quell'arrangiamento - si vide costretto a dare al mercante ciò che non aveva.<br />
<br />
Questa si che fu di per sé un impresa molto più ardua rispetto a quella di sostenere uno sguardo, perché ad ogni proposta di nuovo umore od oggetto, pareva proprio che Gildo già l'avesse.<br />
<br />
- Ciò che non hai perché non vedo, è una matassa d'oro.<br />
- Ce l'ho! - disse Gildo - Non è proprio puro oro, ma sta qui nei miei capelli. Me lo diceva sempre mia madre: son d'oro i tuoi boccoli.<br />
<br />
Di sicuro non si poteva negare che non fosse vero, il biondo dorato di Gildo, faceva capolino da sotto il copricapo, così il diavolo dovette inventarsi qualche altra cosa che il commerciante non avesse, per poter mantenere la promessa fatta.<br />
<br />
- Ciò che non hai perché non vedo, son spaventosi denti a punta per atterrire e far cader nella follia il tuo nemico.<br />
- Ce l'ho! - disse Gildo - non son proprio denti, ma sempre bianchi e d'avorio appaiono: sono i dadi che ho con me in tasca. Bastan pochi lanci giusti per far diventar un uomo pazzo e se sei abile di mano, te l'assicuro, che di folli ne posso far diventare tanti da riempire i sanatori.<br />
<br />
Mantenere quella promessa, per il diavolo pareva molto più complesso che sostener lo sguardo di un mercante e forse per inesperienza, data la sua giovane età, quel demonio commise un altro errore.<br />
<br />
- Ciò che non hai perché non vedo, sono lame affilate, che possano tagliare in due chiunque ti sbarri la strada.<br />
- Ce l'ho! - disse Gildo - Se qualcuno mi blocca il passo, impedendomi di raggiunger la meta, basta che gli chieda gentilmente di spostarsi. Sai caro diavolo, la mia lingua morbida ne ha tagliati già parecchi.<br />
<br />
Povero demonio, pareva proprio che avere e non avere fossero quasi la stessa cosa, dovette così azzardarsi in molti altri modi.<br />
<br />
Ciò che non hai perché non vedo, son scarpe nuove, son borse sempre piene, son carote dolci, son corde che non si sciolgono, son ore infinite, son bicchieri d'acqua per spegnere il fuoco…<br />
<br />
Niente da fare pareva proprio che Gildo avesse già tutto, e la fila diventava sempre più lunga, la gente cominciava a spazientirsi non potendo accedere al banco del mercante.<br />
Così tra uno spintone ed un altro e una secchiata d'acqua in testa, spensero infine i buoni propositi del diavolo, che tra tutte le cose che quel giorno avrebbe potuto avere, si dimostrò proprio privo del buon senso di non far arrangiamenti con un esperto commerciante.Davide Ragonahttp://www.blogger.com/profile/01732204475042131846noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5836450444365884255.post-34285302602396184912013-05-03T15:18:00.000+02:002013-05-23T18:00:43.168+02:00Molti ma molti mattoni - (carte estratte: 16 7 21 - tiraggio di Ilaria B.)<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://3.bp.blogspot.com/-qysnIyTSdpA/UZ49IL13cXI/AAAAAAAAAdE/HOH0tu2irbI/s1600/16+7+21.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://3.bp.blogspot.com/-qysnIyTSdpA/UZ49IL13cXI/AAAAAAAAAdE/HOH0tu2irbI/s1600/16+7+21.jpg" /></a></div>
<br />
<br />
A pensarci bene, tra mattoni, tegole, legni da infissi, vetri e cocci, la casa di Ida ne aveva di pezzi, almeno uno per ogni capello che le cresceva in testa.<br />
Questo che ai più potrà sembrare un paragone strano, per la ragazza divenne cosa seria, perché il primo giorno che provò ad andare un po' più lontano del suo giardino si rese conto che i propri capelli rimanevano impigliati in ogni dove.<br />
<br />
Certo è cosa davvero bizzarra, come se casa e capelli fossero poli magnetici che si attraevano tra loro per volontà e per caso.<br />
<br />
- Ahi! Ahhhahii!<br />
<br />
Erano ormai soliti sentire i vicini di casa, che ad ogni passo che Ida faceva più in la del balcone, c'era sempre una finestra che sbatteva, una porta che cigolava, una trave troppo bassa sulla quale ci si andavano ad aggrovigliare le sue ciocche.<br />
<br />
- Maledetti voi capelli! Anche io vorrei poter viaggiare e vedere il mondo con i miei occhi.<br />
Se la prendeva Ida con la sua folta chioma allo specchio e quella lunga tiritera ormai per lei aveva sostituito la preghiera della sera.<br />
- Forse domani, vedrete che ci riesco. Fosse anche solo che mi capiti di diventare calva.<br />
<br />
Come era gelosa quella casa di Ida, di lei che aveva mille viaggi in testa, mille progetti, mille modi di volersi pettinare ed invece era sempre costretta a venire a patti con quelle mura impiccione.<br />
Ogni tentativo era vano e per tornare a quello che vi narravo all'inizio, cominciò a pensare che forse in quella casa ci fosse un mattone, tegola o singolo infisso che fosse per una qualche bizzarra ragione fratello di ogni suo capello.<br />
Fratello, cugino, genitore, da quando era rimasta sola, quella casa li aveva sostituiti tutti e guarda caso proprio da lì tutto era cominciato.<br />
<br />
Poi un giorno a bordo di un carro arrivò il suo futuro amore. Si chiamava Manlio e del viaggio ne aveva fatto virtù, sempre mosso da coraggio e spirito d'esplorazione, le sue ruote erano ormai diventate come gambe, tanto che dal carro non scendeva mai.<br />
A Manlio piaceva vedere il mondo da quell'altezza, in piedi sul sedile frustava con delicatezza i due cavalli e proprio in piedi sul sedile sentì un certo giorno, parlare Ida allo specchio. Le orecchie del ragazzo arrivarono giuste giuste al bordo della finestra del secondo piano.<br />
<br />
- Maledetti ed ancora maledetti! Ma mi volete lasciare una volta tanto vedere oltre il melo in giardino?<br />
Era il momento della tiritera.<br />
- Ma cosa vi ho fatto di male che mi tenete come un canarino in gabbia?<br />
- Ah che bella chioma signorina!<br />
Gli fece Manlio dal bordo della finestra, che oltre che le orecchie in piedi sul carro, anche gli occhi ci arrivavano benissimo.<br />
<br />
-Ahhhhhhh!<br />
Per tutta risposta a quella improbabile invasione fuori dal piano rialzato - seppur con discrezione Manlio, in piedi sul carro, era rimasto sulla via - all'urlo seguì un bel colpo di spazzola in piena fronte, ma non per desiderio di volerlo pettinare, ma per reazione istintiva della folta Ida.<br />
<br />
- Chi siete? Orribile spione!<br />
Povero Manlio, steso giù sul carro dopo quella botta in testa, trovò a fatica le parole per giustificarsi.<br />
- Passavo di qui come al solito, in piedi sul mio carro e non ho potuto fare a meno di ascoltare le vostre pene.<br />
- Via subito di qui brutto cialtrone perdigiorno! Che io ho tanti di quei problemi con i mattoni ed i capelli che voi neanche ve lo potete immaginare.<br />
Gli fece Ida sporgendosi dalla finestra, mentre rimaneva coi capelli impigliata alla maniglia.<br />
- Ahi Ahiii ihhhiiii!<br />
<br />
Fu davvero un bell'incontro questo loro primo, non dissimile dai tanti patimenti che soffrono all'inizio tutte le coppie.<br />
Capendo che da quelle parti non tirava una buona aria, Manlio steso sul carro decise di proseguire, lasciando Ida a sciogliersi i capelli dalla finestra.<br />
Quando il carro raggiunse una ragguardevole distanza, l'uomo si tirò di nuovo in piedi.<br />
- Certo che quella ha proprio un diavolo per capello.<br />
E massaggiandosi la fronte, gli cascò l'occhio sulla spazzola rimasta sul carro.<br />
Manlio essendo un cuor gentile, decise che il giorno dopo sarebbe tornato dalla ragazza per restituirle l'oggetto, forse avevano iniziato con il piede sbagliato, si sarebbe scusato di quella intrusione e avrebbe cercato di trovare la pace.<br />
<br />
Inutile dirvi che non andò proprio così, perché quando Manlio il giorno dopo si affacciò nuovamente alla finestra per rendere la spazzola ad Ida, per tutta risposta si prese in testa un portagioie bello robusto, preceduto dal solito grido della ragazza.<br />
- Ahhhhhhh! Spione sfacciato!<br />
E giorno dopo giorno, Manlio riuscì a collezionare sulla fronte anche un paio di cucchiai in legno, un comodino, la testiera del letto, qualche mattone del camino.<br />
<br />
Pezzo dopo pezzo mezza casa finì sul carro e Ida una bella sera, di fronte al suo specchio pronta e sgranare come un rosario la solita tiritera, si accorse che alcune capelli particolarmente ribelli, puntavano come l'ago di una bussola verso l'esterno della casa.<br />
Quel ciuffo di capelli era rimasto impigliato come ad un filo invisibile che riconduceva agli oggetti finiti prima sulla fronte e poi sul carro di Manlio.<br />
Da quel giorno tirare cose in testa al ragazzo fu un piacere, proseguì così con porte e portone, finestre e tegole, assi e travi ed ogni dì Manlio inarrestabile tornava per curiosità ed amore a quella casa, pronto a restituire qualcosa ma anche a ricevere in testa qualcos'altro.<br />
Lanciato anche l'ultimo pezzo della casa, Ida fu finalmente libera e poté infine saltar giù anche lei dalla finestra che ormai non c'era più.<br />
Questa volta Manlio non la prese in fronte, ma tra le braccia.<br />
Nessun confine, nessun muro né porta che potesse ormai impedire alla ragazza di varcare la soglia del mondo intero.<br />
<br />
I due cominciarono un viaggio lunghissimo insieme, andando a seminare per il globo ogni singolo mattone, così che quella casa non fosse più in un solo posto e che quella bussola che Ida aveva in testa, potesse da quel giorno puntare verso tutti gli orizzonti.<br />
Ida e Manlio viaggiarono felici in ogni dove, la ragazza aveva trovato la libertà pagando soltanto un piccolo prezzo: l'aver sempre i capelli ritti e tesi in ogni possibile direzione.Davide Ragonahttp://www.blogger.com/profile/01732204475042131846noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5836450444365884255.post-12925611887573900372013-04-26T12:27:00.000+02:002013-05-23T18:00:04.189+02:00Ad Ada - (carte estratte: 21 17 16 - tiraggio di Anna R.)<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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<a href="http://3.bp.blogspot.com/-WO7HxCaVxJA/UZ48-EHnFXI/AAAAAAAAAc8/dZCKeBW4Y80/s1600/21+17+16.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://3.bp.blogspot.com/-WO7HxCaVxJA/UZ48-EHnFXI/AAAAAAAAAc8/dZCKeBW4Y80/s1600/21+17+16.jpg" /></a></div>
<br />
<br />
Sulla collina fanti a cavallo schierati in attesa di un cenno della loro signora, pronti ad offendere il nemico seguendo quella precisa strategia che lei aveva vergato settimane prima su pergamena… subito dopo le cosce e le costine d'agnello, il vino, la musica e i canti: la battaglia era vinta, anche se ad Ada non era ben chiaro come fosse successo.<br />
<br />
E' possibile fare qualcosa senza sapere come la si è fatta?<br />
Arrivare come un fiume al mare, senza aver presente che valli si sono percorse?<br />
Ada aveva ormai afferrato questo concetto o per lo meno ne era stata afferrata da qualche mese e senza rendersene ben conto, riusciva a completare qualsiasi impresa nella quale si prodigava. Fu così che la sua fama divenne via via sempre più solida e da semplice contadina si ritrovò per l'appunto alla testa di un intero esercito.<br />
Ma andiamo con ordine, sempre che un ordine vero in questa storia si possa sperare di ottenere.<br />
<br />
Ad Ada veniva in mente di alzare la zappa… il campo era ricco di frutti.<br />
Ad Ada capitava di piantare un chiodo… la casa era edificata.<br />
Ad Ada chiedevano di andare al fiume… tutti i contadini indossavano vestiti freschi di bucato.<br />
A lei ormai tutti domandavano qualcosa, perché così come aveva cominciato aveva già finito.<br />
<br />
Fu per questa ragione che si ritrovò sul colle alla testa dell'esercito, erano ormai giorni che i cavalieri facevano mille ipotesi su come poter affrontare l'attacco imminente e - chiamatela cattiva politica o non so più che pesci pigliare - ai nobili signori non venne in mente altro se non di chiedere ad Ada di levarli da quell'impiccio.<br />
A lei che tutto riusciva bene senza saperne il come, in principio parve un'idea folle, Ada che faceva fatica a schiacciare una mosca, come avrebbe potuto spazzare via un intero esercito rinforzato di solide armature, picche, cavalli e trabucchi su ruote?<br />
<br />
Passò giorni a studiare i modi per vincere la battaglia, riportando scrupolosamente su pergamena ogni sua idea.<br />
- Lo potremmo incendiare con la pece calda… o forse far cadere nel burrone… lo potremmo affrontare al valico della lucertola… o per meglio ottenere una vittoria schiacciante convincerlo a tornare indietro con le buone.<br />
Ogni idea che tirava fuori, era stata già detta, pensata decine di volte da qualcun altro, fatta e rifatta da altri eserciti prima del suo.<br />
Ad Ada venne il sospetto che questa volta si era andata davvero a cacciare in una questione più grande di lei e se anche era vero che ormai alzare una zappa, piantare un chiodo o fare un semplice giro al fiume aveva prodotto risultati prodigiosi, qui si stava per improvvisare un'impresa che per lei non aveva precedenti.<br />
Fu un misto di fiducia ed incoscienza che la portò in quella fredda mattina d'inverno sulla collina.<br />
<br />
Il vento gelido, un brivido, l'esercito nemico che appare all'orizzonte.<br />
Ada alza il braccio pronta a dare il segnale, sa come inizia, sa come finisce, ma non ne sa il come.<br />
Giù il braccio! Il segnale!<br />
<br />
Quello che alla fine contò davvero, fu la festa che ne seguì, furono i canti ed i balli, la corona d'alloro che si riserva solo ai grandi condottieri e furono i racconti che tutti quei combattenti fecero di ciò che era accaduto in battaglia a fare questa volta la differenza.<br />
Si perché per la prima volta, qualcuno aveva visto come erano andate le cose, aveva visto quello che capitava ad Ada quando saltava dalla A alla Z.<br />
<br />
- Quale ingegno ha dimostrato la nostra signora! Svolgere tappeti e lenzuola verdi, per coprire i crepacci… Ahhhhh le grida di quei maledetti che si schiantano al suolo, risuonano ancora nelle mie orecchie.<br />
Sosteneva Frido "il senza cuore".<br />
<br />
- Edificare un castello di cartone proprio di fronte a quello vero, per stancare il nemico! Un'eccellente strategia mia dama! Alzo il calice in vostro onore, nonostante il mio braccio sia pesante come il marmo a forza di affondar la spada in centinaia di schiene indifese.<br />
E giù il vino nella gola di Guglielmo "dalle cento ombre".<br />
<br />
- Enormi specchi! Chi lo avrebbe mai potuto pensare? Se chiudo gli occhi li vedo ancora adesso cavalcare via terrorizzati. Trovarsi di fronte ad un esercito con la propria stessa faccia, dev'esser stato per loro il peggior incubo realizzato. Lunga vita ad Ada!<br />
Anche Nicola "dai due nasi" fece il suo personale racconto di come erano andate le cose.<br />
<br />
E poi enormi gomitoli di chiodi fatti rotolare dalle colline, trabucchi sotterrati che invece di scagliare massi rispedivano a casa i nemici che vi mettevano il piede sopra, si parlò persino di tende in cui si offriva al nemico cibo di ogni genere così che poi con le pance piene desistesse dall'attaccare, seguirono i racconti di Nerino "doppia lama" pieni di armature taglienti, che si intrecciavano a quelli di Filippo "la roccia" e le sue pietre che rotolavano giù per le colline, quelli di Orso "riempi fossi", di Victor "dei veleni", di Edgardo "inghiotto nelle nebbie".<br />
<br />
Ad Ada non era molto chiaro come fossero andate le cose, nessuno di quei racconti coincideva l'uno con l'altro, né tanto meno con qualcosa di logico, parevano piuttosto una serie di ipotesi, niente di così diverso da ciò che la donna aveva fatto per settimane sulle pergamene: tante ipotesi.<br />
Ipotesi lontane dalle sue che erano tuttavia banali, ipotesi che parevano nate da un'altra testa pensante.<br />
<br />
- Come lo chiamerò?<br />
<br />
Più che una battaglia tutto ciò ricordava le prove di uno spettacolo teatrale, dove il capocomico e gli attori improvvisano abbandonandosi nel regno di tutte le ipotesi, sapendo solo come comincia una storia e come deve andare a finire.<br />
<br />
Inizia che Ada sa come inizia, che non si ricorda cosa c'è nel mezzo e che finisce che scopre di essere incinta, incinta di un bimbo che valuta tutte le ipotesi e le prova dal vero, che ascolta tutte le versioni improbabili prima di decidere quale sarà la sua storia da grande.<br />
E a volte ci ripensa ancora adesso che è adulto, che sa come la vita inizia e finisce in modo sempre uguale e così per darsi un tono, sostiene che nascere è un atto di semplificazione, poiché tutte le ipotesi di come sarà il percorso diventano da quel momento concrete, lasciando spazio a quell'unico viaggio ormai probabile.<br />
<br />Davide Ragonahttp://www.blogger.com/profile/01732204475042131846noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5836450444365884255.post-44225676096438189442013-03-10T17:00:00.000+01:002013-06-24T11:32:09.628+02:00La fisarmonica - (carte estratte: 0 19 14 - tiraggio di Pamela L.)<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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<a href="http://2.bp.blogspot.com/-RpEcrkVZgFM/UZ4810H7gFI/AAAAAAAAAc0/_jU0HMxB75U/s1600/0+19+14.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://2.bp.blogspot.com/-RpEcrkVZgFM/UZ4810H7gFI/AAAAAAAAAc0/_jU0HMxB75U/s1600/0+19+14.jpg" /></a></div>
<br />
<br />
Se Perla guardava fuori dalla finestra in una mite giornata di sole, vedeva sia la tempesta che la siccità più nera.<br />
Da sempre aveva visto le cose in questo modo per una strana malformazione ai suoi cristallini e se teneva stretto l'occhio destro, col sinistro vedeva ogni aspetto bello che c'è nelle cose, mentre con l'altro occhio solo il brutto le rimaneva impresso.<br />
<br />
Molti medici si erano avvicendati per cercare di venirne a capo, ma a nessuno era mai stato concesso di essere agli occhi degli altri, il più furbo; così che se Perla guardava il professor Terlizi con l'occhio sinistro mentre era chino su di lei per visitarla, gli si presentava davanti un uomo che aveva dedicato tutti gli studi della sua giovinezza agli altri, ma appena lei strizzava l'altro occhio, quel che aveva davanti era un uomo ormai mosso solo dal denaro.<br />
<br />
Quella sua particolare condizione, non le aveva mai permesso di vedere le cose come lei avrebbe desiderato, i suoi occhi sempre tesi tra due opposti le svelavano un mondo fatto di contrasti, dove anche i bambini non erano solo esseri puri, ma capaci altresì di odiare, imporre e godere; dove chiunque era in grado di mostrare senza inibizioni al suo sguardo, il massimo bene che aveva realizzato, così come la peggior sozzura.<br />
Negli anni aveva imparato a ponderare una media per capire chi avesse di fronte.<br />
<br />
Fu un giorno di marzo che accadde qualcosa che non aveva visto mai.<br />
Ai bordi di un marciapiede vi era un suonatore di fisarmonica, con tanto di cappello al rovescio appoggiato sull'asfalto per le offerte.<br />
Le sue dita scorrevano veloci sui tasti e per ogni persona che passava lì davanti, quell'uomo riusciva ad improvvisare una melodia che catturava.<br />
Ad occhi chiusi continuava a suonare con il capo chino sullo strumento, veloce ed adagio a seconda del momento e in lui non c'era niente di opposto: agli occhi di Perla aveva un solo aspetto.<br />
<br />
Fu un esperienza completamente nuova per la ragazza, di fronte al suonatore non era costretta a strizzare un'occhio dopo l'altro, finalmente in lui vedeva esattamente ciò che tutti normalmente vedono.<br />
Incuriosita, Perla gli si parò davanti, come a voler entrare con decisione nel suo campo visivo, nonostante quello tenesse gli occhi chiusi.<br />
La musica si fermò.<br />
L'uomo alzò il capo.<br />
Aprì gli occhi e la guardò.<br />
Poi sorrise.<br />
<br />
Di monete nel cappello non ce n'erano molte, di pezzi nella fisarmonica un'infinità.<br />
- Sai che la tua melodia è fatta di silenzi?<br />
Le disse l'uomo.<br />
Perla continuava ad osservarlo, spostando la testa come si fa quando si guarda qualcosa per la prima volta, scrutandolo con un misto di meraviglia e sospetto, mantenendone una certa distanza.<br />
- Riesco a vederti come se fossi uno solo.<br />
L'uomo si guardò oltre le spalle, come se la volesse bonariamente prendere in giro.<br />
- E quanti altri dovrei essere?<br />
<br />
Spiegare se stessi al prossimo è un'impresa tra le più ardue, e Perla questo lo sapeva bene, abituata a fare di ognuno l'incontro tra gli opposti.<br />
Il suonatore però aveva compreso tutto di lei poiché lei non generava neanche una singola nota.<br />
- Anch'io sono come te, vedi! Le mie mani adesso non si muovono, tu sei al centro e fatta di silenzio. Anche per me è la prima volta che ho di fronte qualcuno che percepisce gli opposti. Tu attraverso gli occhi, io con le mani.<br />
<br />
Il suonatore di fisarmonica cominciò a suonare nuovamente, al passaggio di altre persone, melodie sempre differenti, alcune allegre e altre struggenti; erano le sue mani a percepire gli opposti di quelle persone ed ogni minima variazione tra il meglio ed il peggio, quando gli sfilavano dinnanzi, producevano la loro canzone.<br />
Così un semplice impiegato diventava pura musica, poiché è nel rapporto di distanza tra i suoi estremi che veniva generata quella melodia.<br />
La fisarmonica è strumento degli opposti, che in una danza si avvicinano ed allontanano generando al centro del mantice il suono.<br />
<br />
Perla comprese in quel momento, che ciò che aveva visto nelle persone fino a quel giorno era la loro totalità e non poteva né doveva cadere nel tranello di pensare che fossero la media tra due opposti.<br />
Bene e male li vide per la prima volta come una danza.<br />
<br />
Mise una moneta nel cappello del suonatore e poi se ne andò via, sapendo che più si allontanava da quell'uomo più avrebbe allontanato il "cantabile" dalla "bottoniera".<br />
Un giorno si sarebbero riavvicinati, per produrre ancora una volta, il suono del silenzio.Davide Ragonahttp://www.blogger.com/profile/01732204475042131846noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5836450444365884255.post-58611526576999272352013-02-24T14:52:00.000+01:002013-05-23T17:58:55.676+02:00C'era una volta… ma una volta sola - (carte estratte: 17 12 9 - tiraggio di Agata S.)<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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<a href="http://3.bp.blogspot.com/-HCL7oigNRTk/UZ48tMRBNyI/AAAAAAAAAcs/kJhC28fgzdo/s1600/17+12+9.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://3.bp.blogspot.com/-HCL7oigNRTk/UZ48tMRBNyI/AAAAAAAAAcs/kJhC28fgzdo/s1600/17+12+9.jpg" /></a></div>
<br />
<br />
C'era una volta Alba che voleva solo cominciare, intrigata così tanto dagli inizi pensava che nulla avesse senso nei finali.<br />
Come biasimarla del resto, finire fa paura un po' a tutti; e rese chiare da subito le sue intenzioni per il peso del suo stesso nome, tutto iniziava e mai nulla finiva.<br />
<br />
C'era una volta Alba che per lei era sempre lunedì, si svegliava la mattina quando il sole sbucava appena oltre l'orizzonte, si lavava nel catino e poi apriva la bottega, andandosene via a mezzogiorno e non chiudendo mai la porta.<br />
Chi comprava le sue mercanzie ormai si era abituato a tutto questo e sapendo bene che non avrebbe ricevuto resto, pagava il prezzo giusto del pane, della carne e delle noci.<br />
<br />
C'era una volta solo la primavera, perché per Alba era inutile che arrivasse l'estate. Che senso aveva? Si stava così bene quando il giorno scaldava abbastanza e non troppo poco.<br />
<br />
C'era una volta sua padre, che non poteva morire in pace, stanco di un'intera vita al mulino, si ritrovava ogni lunedì a pestare il frumento sotto alla macina. Non dimentichiamoci che c'era anche una volta di Alba la madre, che lavava al fiume i panni sporchi, senza potersi mai alzare, china a sfregar vestiti in quell'eterna primavera.<br />
<br />
C'era una volta un villaggio che si cominciava a stancare, che aveva perso la speranza di vedere un martedì, di pensare anche solamente che un bel giorno potesse nascer storto.<br />
<br />
C'erano una volta decine di madri, con le lunghe gravidanze sulla pancia, che si lasciavano però alle spalle almeno diciotto mesi di gestazione e il loro unico svago era quello di stare in piazza, a raccontarsi da quanto tempo i loro mariti erano partiti per andar nei campi. Del resto era quasi mezzogiorno, forse li avrebbero rivisti da lì a poco. Le minestre erano sul fuoco, caldo almeno da far quasi fondere il ferro.<br />
<br />
C'erano una volta dei c'era una volta, che si erano stufati di leggersi i c'era una volta e tutti quei c'era una volta si resero conto che dovevano trovare una soluzione per arrivare ad una fine.<br />
Di fare un'assemblea cittadina al calar della sera, per decidere come uscire da quella bizzarra situazione, era cosa assai improbabile, per cui tutti insieme a metà mattina andarono a chiedere al saggio del villaggio, come far finire quell'assurdo ritornello senza mai strofa.<br />
Il vecchio che viveva al centro del bosco, li accolse a braccia aperte e nella sua casetta scalcinata, sembrò trovare subito un rimedio.<br />
-Voi domani che è lunedì, con i soldi giusti in mano per non dover ricevere alcun resto, andate da Alba, comprate pane, carne e noci come sempre, pagatela, ma questa volta chiedetele di consegnare la merce qui a me. Vi assicuro che non ci sarà bisogno di nessun altro "c'era una volta".<br />
<br />
Il giorno dopo, c'era una volta Alba che aveva un negozio nella piazza del villaggio, che ricevette a metà mattina la visita di tutti gli abitanti di quel borgo.<br />
Questi avevano fatto una colletta per comprar da lei pane, carne e noci, pagarono il giusto prezzo senza aver bisogno di resto e le diedero il compito di consegnare la merce al vecchio saggio, nella sua casettina in mezzo al bosco.<br />
Alba controllò che non fosse ancora mezzogiorno e messi sulle spalle i tre sacchi con la merce, si incamminò verso il centro del bosco, ma quando arrivò a un terzo del percorso, la ragazza posò i sacchi in terra pronta a tornare indietro senza finire.<br />
Si allontanò.<br />
<br />
Alle sue spalle un allegro cinguettare, attrasse la sua attenzione, al che si voltò in tempo per vedere un gruppo di passerotti che si erano lanciati sul sacco del pane, festosi banchettavano con quel ben di Dio, senza farsi troppe domande su quale grazia gli fosse capitata.<br />
Ad Alba quella per un attimo sembrò vagamente una giusta conclusione, che le riempì per un pochino di gioia il cuore, ma poi tornata in sé si affrettò indispettita a togliere dalla strada i tre sacchi: non poteva né voleva generare alcun tipo di conclusione, così con nuovamente il carico in spalla riprese a muoversi verso la casa in mezzo al bosco.<br />
<br />
Percorso un altro terzo del cammino, si guardò intorno, lì non c'era proprio nessuno, poteva star tranquilla e dopo aver scaricato nuovamente i tre sacchi in mezzo al sentiero, voltò le spalle per tornare al villaggio.<br />
Di uccellini non se ne sentivano i cinguettii, ma ormai quell'idea di un finale che non voleva accadesse, le si era così radicata nelle meningi che tornò indietro a vedere che fosse tutto a posto, che il suo gesto fosse anche questa volta inutile come tutti i lunedì.<br />
Si sbagliava di grosso, perché la volpe silenziosa era scesa a valle per mangiarsi la carne che era nel secondo sacco.<br />
- Maledetta togliti di lì! Non vorrai farmi finire qualcosa a mia insaputa!<br />
E con un bel sasso e una discreta mira, Alba riuscì ad allontanare quel fulmine rosso.<br />
Riprese i sacchi in spalla e si rimise in cammino.<br />
<br />
Al terzo tentativo voleva non avere dubbi, così posò i sacchi in mezzo al sentiero e li ricoprì di foglie e rami, sperando che nessuno li trovasse.<br />
<br />
Eviterò di farvela troppo lunga, poiché così come a voi vi è balzato in capo il sospetto che un terzo animale potesse entrare per concludere forzatamente questa storia, anche ad Alba venne lo stesso sospetto, e non passò troppo tempo che un gruppo di castori, in cerca di rami secchi e foglie per edificare una diga, si ritrovarono a sgranocchiare tante buone noci.<br />
- E no! Allora me lo fate apposta!<br />
S'infuriò Alba, che scacciati a suon di "Sciò!" tutti i castori, si rimise in spalla la mercanzia andandosene a gambe levate il più lontano possibile, verso il centro del bosco.<br />
<br />
Inutile dire che ad aspettarla alla fine del sentiero, seduto comodo su un ceppo, c'era il vecchio saggio, che la accolse a braccia aperte prendendosi la merce e ringraziandola della consegna.<br />
Alba rimase con un palmo di naso, dovendosene tornare a casa all'una di quel bel martedì d'estate.Davide Ragonahttp://www.blogger.com/profile/01732204475042131846noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5836450444365884255.post-60017288381797009102013-02-16T12:30:00.000+01:002013-05-23T17:56:41.999+02:00Le tre storie dell'orologio - (carte estratte: 12 7 19 - tiraggio di Patrizia G.)<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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<a href="http://3.bp.blogspot.com/-pS9De5A_Evk/UZ48H8srzLI/AAAAAAAAAcg/ghPYcaWgjEw/s1600/12+7+19.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://3.bp.blogspot.com/-pS9De5A_Evk/UZ48H8srzLI/AAAAAAAAAcg/ghPYcaWgjEw/s1600/12+7+19.jpg" /></a></div>
<br />
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Avete mai sentito parlare delle tre storie dell'orologio?<br />
Probabilmente no, perché si svolsero tutte al di fuori del tempo e quindi non accaddero mai.<br />
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La prima storia racconta di un impiegato, che fino alle sei e mezza del pomeriggio andava di fretta e dalle sei a mezzanotte si muoveva piano piano, poi fino alle sei e mezza del mattino dormiva poco, ma per arrivare al mezzogiorno gli ci voleva un eternità.<br />
Ciò vi potrà sembrare davvero strano, ma se aveste avuto sott'occhio il suo orologio avreste capito il perché.<br />
Era un orologio a muro, di quelli che si guardano in continuazione quando è ora di tornare a casa, ma quello lì aveva un difetto di fabbricazione: le lancette erano pesanti a tal punto che nel mezzo giro che andava dall'alto in basso - dal 12 al 6 - crollavano per la forza di gravità, poi per tornare entrambe a puntare verso l'alto - dal 6 al 12 - si trascinavano a fatica per risalire.<br />
Certo non era per niente facile vivere in questo modo.<br />
Pensateci bene, la notte passa in un lampo e con gli occhi ancora carichi di sonno dovete alzarvi per andare a lavorare. La mattina diventa infinita tanto che perdete almeno dieci chili prima di arrivare a pranzo e poter mangiare. La stessa regola vale per il pomeriggio che passa così in fretta che non ve lo potete neanche godere e infine per coricarvi a letto e come se passasse una settimana.<br />
<br />
La seconda storia racconta di un altro uomo al quale non cresceva pelo, i capelli li aveva, ma di barba e baffi non se ne parlava, stufo di sentirsi considerato da tutti un ragazzino, decise di mettersi due bei baffi posticci per riempire il vuoto sotto al naso.<br />
Ci appiccicò due lancette, spesse e nere, una per le ore che puntava verso destra e una per i minuti che virava a sinistra.<br />
Sicuramente avrebbe fatto palpitare molti cuori con quei bei baffoni, ma appena provò a spostarsi di pochi passi si rese conto che le lancette cominciavano a girare; così se andava avanti, anche il tempo andava avanti - storcendogli dolorosamente il naso - se si fermava tutto si congelava e se provava a camminare come un gambero, tornava indietro insieme al tempo!<br />
Andò male con le ragazze, poiché da quel momento fu sempre impegnato a non spostarsi troppo, per evitare di farsi scaccolare dalle lancette.<br />
<br />
La terza storia racconta di un orologiaio distratto, che quando costruì per sé un orologio, si dimentico di posizionare sul quadrante il 12.<br />
Bel guaio quello! Da quel giorno la sua mezzanotte e il suo mezzogiorno divennero solo un pallido ricordo.<br />
Quelle due ore cominciarono a mancargli così tanto che per rimediare a questo divenne un ladro e cominciò a rubare a chi gli venisse a tiro il mezzogiorno e la mezzanotte.<br />
Non era cosa insolita ritrovarselo in casa, che con aria furtiva ti portava via l'appetito o un ora di sonno.<br />
<br />
La gente stufa di farsi rubare il tempo e che a differenza di voi aveva già sentito narrare delle tre storie dell'orologio, decise di mettere in atto un piano che poteva liberarli da quei tre impiastri.<br />
Fecero così far conoscenza tra l'orologiaio, l'impiegato e lo sbarbato baffuto, ma lo fecero di mattina così che per arrivare a pranzo sarebbe passata un'eternità.<br />
Beh! Ve lo dico senza tanto girarci intorno, ma quando fu mezzogiorno avevano tutti e tre il budello così tanto lungo che non pensarono proprio all'ora che stavano per perdere, si preoccuparono solo di mangiare.<br />
Il primo giorno però non fu facile, perché tra che non avevano il mezzogiorno dell'orologiaio, ma neanche il pomeriggio per la pesantezza delle lancette dell'impiegato, si ritrovarono a sera senza aver mangiato.<br />
Meno male che con loro c'era lo sbarbato, che a costo di farsi cadere il naso a forza di lancettate, camminò indietro fino alle dodici, si fermò e finalmente poterono pranzare.<br />
<br />
E da quel giorno in poi, quei tre impiastri come in un perfetto orologio, trovarono il giusto ritmo per vivere la vita come la vivevano gli altri.<br />
Strani meccanismi però crea la coscienza umana, io avrei rotto i tre orologi.Davide Ragonahttp://www.blogger.com/profile/01732204475042131846noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5836450444365884255.post-20872507176624889642013-02-02T13:10:00.002+01:002013-05-23T17:55:46.692+02:00Piccolino - (carte estratte: 14 3 1 - tiraggio di Angela S.)<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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<a href="http://3.bp.blogspot.com/-suJCgoVmK0Q/UZ47-A3cGWI/AAAAAAAAAcY/-Y6L7DV5XZc/s1600/14+3+1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://3.bp.blogspot.com/-suJCgoVmK0Q/UZ47-A3cGWI/AAAAAAAAAcY/-Y6L7DV5XZc/s1600/14+3+1.jpg" /></a></div>
<br />
<br />
Quando il re morì, fu il principe a divenire a sua volta re, aveva solo tre anni e la regina lo chiamava Piccolino.<br />
Per un sovrano è un controsenso esser chiamato Piccolino, data la vastità del suo regno, ma in quel nome era nascosto un segreto che la regina conosceva bene.<br />
<br />
Ella aveva amato con tutto il cuore quel re morto di vecchiaia e benché le loro età fossero così distanti, per la giovane regina ciò aveva rappresentato soltanto una benedizione.<br />
Quell'assenza le aveva svuotato il cuore e da quando nessuno la chiamava più "la mia piccolina", l'incantesimo si era infranto e "la regina in miniatura" era diventata "la regina madre", ritrovandosi da giovane a vecchia in poche ore.<br />
Il potere dei nomi è un potere da non sottovalutare.<br />
<br />
Piccolino non sarebbe mai morto, non avrebbe mai lasciato sola la regina madre, fintanto che lei lo avesse chiamato così.<br />
Da quel giorno le guerre si fecero per capriccio, le udienze per farlo divertire e le esecuzioni per scoprire come le persone fossero fatte dentro, in una continua avanzata che espandeva il regno di Piccolino e restringeva quelli degli altri sovrani.<br />
L'esercito di Piccolino resisteva, nonostante le sue fila ad ogni capriccio fossero sempre più esigue.<br />
Con il nuovo re non era possibile essere diplomatici, le regole non valevano e quel sovrano che dopo quattordici anni di regno ne dimostrava ancora tre, venne riconosciuto come uno tra i più spietati tiranni della storia.<br />
Tutti i regni lì intorno decisero allora di unirsi, per dichiarare guerra al più grande conquistatore di sempre.<br />
<br />
- Non vinceremo mai contro tutti quegli uomini messi insieme.<br />
Disse il consigliere alla regina.<br />
- Vi prego mia sovrana, dovete rompere l'incantesimo che tiene il re in questa condizione, a nulla sarà valso chiamarlo Piccolino per tenere lontana la morte, poiché essa ora ha deciso di allearsi con il nemico.<br />
La regina salì su tutte le furie per l'arroganza del consigliere.<br />
- Voi siete solo uno stupido omino, piccolo e insignificante.<br />
E così fu, il consigliere divenne un bimbo di tre anni.<br />
Ecco la soluzione!<br />
In quel momento capì che avrebbero vinto la guerra e quando gli eserciti si affacciarono all'orizzonte, la regina era già pronta sulle mura, per trattare quei guerrieri come pargoli.<br />
<br />
Bambini ovunque, sui cavalli, con gli archi in mano, sulle scale che violavano le mura, bambini che invece di assediare il castello di Piccolino e portare la morte, ora se ne stavano senza capire bene dove fossero, frignando perché volevano soltanto tornare a casa.<br />
<br />
Fu molto facile per l'ormai esiguo esercito di Piccolino eliminarli uno ad uno, come si fa con gli insetti che ci danno fastidio.<br />
Fu molto più difficile invero, comprendere il senso di questa vittoria.Davide Ragonahttp://www.blogger.com/profile/01732204475042131846noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5836450444365884255.post-31714395275128008422013-01-27T15:07:00.004+01:002013-05-23T17:55:08.579+02:00La storia dei se - (carte estratte: 0 10 14 - tiraggio di Arianna L.)<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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<a href="http://1.bp.blogspot.com/-gQhitS5GhyI/UZ470PNRSFI/AAAAAAAAAcQ/WHTSARP3Xok/s1600/0+10+14.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://1.bp.blogspot.com/-gQhitS5GhyI/UZ470PNRSFI/AAAAAAAAAcQ/WHTSARP3Xok/s1600/0+10+14.jpg" /></a></div>
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<br />
<br />
Di fronte all'esattore c'era poco da fare, niente storie, niente sotterfugi, si era solo costretti a pagare.<br />
<br />
Lo sapeva bene Agenore, umile contadino, che in quella situazione proprio non ci si sarebbe voluto trovare.<br />
- …e non accetteremo un fiorino in meno di quelli che sono nostri di diritto.<br />
Fece eco una guardia alle parole del funzionario.<br />
Il povero contadino si guardò intorno, viveva in una catapecchia con moglie e dieci figli, sul paiolo una brodaglia a scaldare e niente più.<br />
Probabilmente se fosse stato un ricco possidente, un tal sopruso non lo avrebbe di sicuro subito.<br />
Tirò fuori tutti i fiorini richiesti e pagò.<br />
Fortunatamente nascosto sotto le assi della stanza, aveva un forziere pieno di ori e pietre preziose: Agenore non era un vero contadino a dirla tutta.<br />
<br />
Nessuno in famiglia conosceva la verità sull'uomo, perché egli si era guardato bene dal farla sapere. Il forziere lo aveva messo lì sotto quando ancora non era sposato, quando neanche aveva la benché minima intenzione di avere tutti quei figli.<br />
Il lavoro nei campi era duro, ma di sicuro era sempre stato qualcosa che nella sua vita da ricco signore aveva voluto provare, così si era finto un poveraccio, avevo conosciuto una donna semplice e si erano trasferiti in quella catapecchia.<br />
Agenore in realtà era un ricco possidente, con tanto di castello, valletti e cavalieri al suo ordine.<br />
<br />
Il giorno dopo aver pagato la gabella, si rese conto che forse nascondere il forziere proprio in casa non era stata una buona idea, lì chiunque lo avrebbe potuto trovare. Se quelle assi su cui avevan camminato funzionario e cavalieri, lo avessero tradito cedendo sotto al peso delle armature, la sua bella storia sarebbe finita in quel preciso istante: gli avrebbero confiscato tutti gli ori.<br />
<br />
Agenore decise così di portare quel tesoro, in un luogo più sicuro.<br />
Caso vuole che il giorno prima portando al pascolo le pecore, aveva trovato un campo in cui c'era un pozzo naturale che il tempo aveva scavato nella roccia.<br />
Ottima idea!<br />
Con lo scrigno in spalla, si mise in cammino.<br />
<br />
Poco dopo essersi allontanato dalla strada maestra per tagliare in mezzo al bosco, gli si pararono davanti due individui che sembrava proprio avessero scritto sulla faccia "noi siamo farabutti".<br />
E proprio quello erano, del tutto intenzionati a portarsi via l'intero bottino.<br />
- Contadino! Cosa proteggi in quello scrigno?<br />
<br />
Che brutta situazione! Se non fosse stato un riccone, tutto quel putiferio non avrebbe proprio avuto inizio.<br />
Fortunatamente, anche se voi farete fatica a crederci, il ricco Agenore non era mai stato un facoltoso possidente.<br />
Agenore era un ladro, uno dei migliori, tanto che aveva messo in piedi una banda di briganti organizzati.<br />
Passò anni in quei boschi, terrorizzando chiunque passasse da quelle parti e collezionando un vero e proprio tesoro.<br />
Poi come spesso accade, quella vita all'addiaccio gli era diventata troppo stretta e disponendo allora di un considerevole tesoro, pensò bene di comprarsi una vita da signore.<br />
Aveva quindi acquistato dei terreni, fatto costruire un castello, assoldato cavalieri e dato vita ad una vera e propria corte, lasciandosi alle spalle la sua vita criminale.<br />
<br />
- Imbecilli ma non mi riconoscete!<br />
Disse Agenore ai suoi due briganti.<br />
Il più scaltro, si strofinò gli occhi e guardò meglio.<br />
- Capo? Con quei lunghi baffi non mi parevi proprio tu.<br />
Così i due da assalitori divennero quelli assaliti dalla furia di Agenore, che li prese a bastonate per non averlo riconosciuto.<br />
Con lo scrigno in spalle proseguirono verso il cuore del bosco, dove avevano una grotta con tutti i loro tesori.<br />
<br />
Quella notte fecero baldoria, scolandosi otri di vino e mangiando salsiccie e salami fino a ruzzolare addormentati sotto ai tavoli.<br />
La mattina dopo, ancora con le teste martellanti a causa della sbornia, furono risvegliati da una carica di trombe.<br />
I cavalieri del re avevano circondato la grotta, dando l'assalto alla banda che per anni aveva terrorizzato tutta la regione.<br />
Il grande e temuto brigante Agenore sentitosi braccato, si arrese quasi subito come se fosse una donnicciola, cosa che fece dubitare tutti quanti sull'aver scelto a suo tempo un buon capo.<br />
<br />
A dirla tutta però, Agenore o forse dovrei dire Angelica, una donniciola lo era per davvero.<br />
La principessa Angelica, che non voleva sposare il principe Augusto, aveva messo in scena il suo rapimento proprio la sera del gran ballo,<br />
così facendosi dei gonfi e lunghi baffi con il crine del suo cavallo, era diventata quel lestofante di Agenore, dandosi alla macchia verso i boschi, con tutta l'intenzione di mettere in piedi una banda di briganti.<br />
Basta con le buone maniere!<br />
<br />
Ma torniamo alla grotta dei briganti, dove caduti i baffi di crine dal viso di Angelica, il cavaliere con il cavallo nero riconobbe la principessa.<br />
La voce si diffuse immediatamente tra le fila dei guerrieri, finalmente dopo così tanto tempo, al re avrebbero potuto recare la più felice tra le notizie.<br />
- Angelica è stata ritrovata!<br />
<br />
E fu proprio così.<br />
<br />
Al castello venne preparato tutto per il rientro della principessa rapita dai briganti, tenuta prigioniera in quella grotta per così tanti anni che il re e la regina ormai erano entrambi bianchi e gobbi.<br />
In tutta la regione si dichiarò festa con la promessa che nessuno avrebbe pagato gabelle per almeno due mesi.<br />
<br />
Ma la povera Angelica si ritrovò suo malgrado, nella situazione da cui con tanta scaltrezza era riuscita a fuggire.<br />
Il principe Augusto era ancora il suo promesso sposo, un gran peccato a dire il vero, visto che Angelica tra i suoi salvatori aveva scorto un uomo che le rapì il cuore dal primo istante.<br />
Le era bastato un semplice sguardo per venire colta dall'amore.<br />
Adolfo era un cacciatore, che conosceva così bene quei boschi da far da guida ai cavalieri.<br />
Con il suo muoversi veloce tra gli alberi, senza perdere mai il senso del dove fosse, portò i salvatori dritti alla caverna dei briganti e sé stesso al centro del cuore della principessa.<br />
<br />
Al castello la principessa rimuginava sulla sua situazione.<br />
Come avrebbe potuto farla franca questa volta?<br />
Forse invece di mentire avrebbe dovuto dire il vero.<br />
Anche se voi adesso state pensando che il vero non l'avrebbe salvata, perché sostenere di non amar davvero un principe è di poco conto di fronte alla volontà di un vecchio padre, vi dico che vi state sbagliando, perché a dirla proprio tutta, Angelica non era una principessa e non era neanche una donna, ma bensì un cane.<br />
<br />
Quel cane aveva girato il mondo.<br />
Era un artista nel suo genere, viveva al circo e grazie ad esso mangiava tutti i giorni.<br />
La sua specialità da sempre era stata quella di muoversi aggraziato sulle sole zampe posteriori, tanto da essersi guadagnato il nome di Principessa.<br />
Lo spettacolo andava in scena di piazza in piazza, scatenando le risa dei bambini, che si divertivano come matti a vedere Principessa, vestito di tutto punto da damina, fare il giro tra la gente a raccogliere le offerte nel piccolo paiolo che reggeva in bilico sul muso.<br />
Quando un giorno i saltimbanchi furono chiamati a far divertire il re, la regina e la principessa, successe proprio un grosso guaio: la principessa per le troppe risate, si sentì male e morì seduta stante.<br />
Quei poveri commedianti per non finire dritti sulla forca avevano pensato bene di lasciare lì Principessa, sperando che nessuno si accorgesse di quell'insano scambio.<br />
<br />
Il piano funzionò e da quel giorno, se i saltimbanchi ebbero salva la vita lo dovettero al sacrificio di Principessa, che continuò a recitare per anni quella parte.<br />
<br />
Ecco come la verità l'avrebbe potuta salvare, poiché Adolfo che era un cacciatore, di sicuro aveva bisogno di un cane e al contrario di quello che ci possiamo immaginare, fu proprio l'uomo ad "innamorarsi" dell'animale.<br />
Così senza che nessuno chiedesse alcuna spiegazione ad entrambi, Adolfo ed il suo cane lasciarono il castello.<br />
I festeggiamenti continuarono anche se non si riusciva più a trovare la principessa.<br />
<br />
Che bella la vita all'aria aperta, correre con tutte e quattro le zampe, rinunciando finalmente a quella scomoda postura da essere umano, senza fingere più ed essere davvero sé stessi.<br />
Con il naso teso a terra Artù seguiva la pista, scovava le lepri e recuperava i fagiani, Adolfo finalmente non era più solo.<br />
Poi però uno stupido sasso fu tradì il cacciatore, che scivolando finì dritto in fondo ad una scarpata, si ruppe il collo e terminò così la sua storia.<br />
Artù rimase solo.<br />
Solo come un cane.<br />
<br />
Se ne andò vagando senza una vera e propria meta per i boschi, con la fame nello stomaco e Adolfo nella testa, nei pensieri semplici e senza finzione del migliore amico dell'uomo.<br />
Camminò tanto sulle sue quattro zampe, fino a che non si spinse così lontano da non riconoscere più i luoghi intorno a sé.<br />
Giunse ad una catapecchia malferma e fu allora che la vide.<br />
<br />
Una donna stava zappando la terra, facendo fin troppa fatica in quel lavoro da uomo.<br />
Fosse stato solo quello, sarebbe andato tutto bene, ma per far andare avanti un campo non solo bisogna zappare, ma anche seminare, irrigare, tagliare, raccogliere e riprendere tutto da capo.<br />
Troppo lavoro per una donna così minuta.<br />
<br />
Se Artù fosse stato un cane, probabilmente non ci avrebbe neanche fatto caso, gli sarebbero bastate due coccole per tirare avanti, ma anche se voi non ci crederete, Artù in realtà non era un cane ma un contadino che si chiamava Agenore, che tanto tempo prima aveva un bel gregge di pecore.<br />
Le pecore di Agenore, penso si possa sostenere, erano le più indisciplinate di tutta la regione, tanto che il povero contadino si dovette ingegnare per tenerle tutte insieme.<br />
Così gli venne in mente di buttarsi addosso una vecchia pelle di cane, di rannicchiassi a quattro zampe e di mettere un po' d'ordine tra quelle indisciplinate.<br />
Fino al giorno in cui non arrivò il circo in città.<br />
<br />
Agenore quando vide la donna nel campo si levò la pelle del cane di dosso e la raggiunse scendendo la collina.<br />
Si parlarono, si conobbero, si fidanzarono.<br />
<br />
L'uomo sentì da subito di amarla così tanto che di sicuro ci avrebbe fatto almeno dieci figli, e nulla gli sarebbe importato se un giorno con l'esattore alla porta, avrebbero dovuto sborsare quei fiorini guadagnati con il sudore di entrambi.Davide Ragonahttp://www.blogger.com/profile/01732204475042131846noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5836450444365884255.post-71416044382421979432013-01-19T19:12:00.000+01:002013-05-23T17:54:26.603+02:00I dieci fagioli - (carte estratte: 13 11 17 - tiraggio di Selena B.)<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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<a href="http://4.bp.blogspot.com/-J_Waj_1iROo/UZ47oNkzrdI/AAAAAAAAAcI/WWLE1RgUOrc/s1600/13+11+17.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://4.bp.blogspot.com/-J_Waj_1iROo/UZ47oNkzrdI/AAAAAAAAAcI/WWLE1RgUOrc/s1600/13+11+17.jpg" /></a></div>
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<br />
Era ormai buio e si lasciò cadere nel campo incolto di qualcun altro, con la schiena all'indietro.<br />
Fece un suono molle quando batté di piatto nel fango: mai giocare al gioco della fiducia da solo, perché nessuno poi ti raccoglie.<br />
Era un'idea sciocca ma Taddeo aveva voluto provarci lo stesso e mentre colava a picco nella melma, pensò a quanto fosse buffo lasciarsi morire così: non avrebbero dovuto neanche seppellirlo.<br />
Affondò completamente nel fango.<br />
Solo le dita dei piedi ne rimasero fuori.<br />
Quelle non sarebbero mai andate sottoterra.<br />
<br />
Sofia non si dava per vinta, si perché anche se quel campo incolto non le aveva mai dato nessun frutto da mettere sotto i denti, lei ci lavorava ogni giorno.<br />
- Fanghiglia!<br />
La definivano i più.<br />
Al campo mi riferisco - ovviamente - anche se a pensarci bene, lei il dubbio di non essere molto amata dagli altri contadini dei dintorni un po' lo aveva.<br />
Sofia era quella stralunata, quella che forse le regole di come si coltiva non le sapeva bene. <br />
- Sono cose da uomini.<br />
Dicevano i contadini.<br />
- Ma sono pur sempre una donna! - ribatteva lei. - E' nella mia natura che prima o poi qualcosa riuscirò a far nascere.<br />
Il campo fangoso era lì ad aspettarla come sempre.<br />
La donna le vide subito quelle piantine che ieri non c'erano, perché sbucavano pallide dalla scura terra melmosa.<br />
Finalmente aveva di fronte a sé la prova che tutto quel lavorare non era stato solo tempo perso, come sostenevano i soliti quattro bifolchi. Con il cuore che batteva in petto, Sofia si precipitò al centro del campo per ammirare da più vicino quella meraviglia.<br />
<br />
A guardarli bene sembravano dieci piccoli fagioli in fila, e fagioli di tutto rispetto: avevano persino le unghie.<br />
Era arrivato il momento di agire con la massima cura dopo tutta la fatica che c'era voluta per far germogliare qualcosa, ora tutte le sue attenzioni si sarebbero concentrate su quel fazzoletto intorno ai suoi fagioli.<br />
Quella pianta era davvero strana, cinque fagioli a destra e cinque a sinistra, speculari per dimensioni e posizione, in ordine d'altezza andavano dai due centrali più alti e cicciotti, sino ai due esterni più piccoli e ricurvi a gancio.<br />
La donna con le dita ne tastò la consistenza, si piegavano avanti e indietro senza fare troppa fatica, mentre non c'era verso di spostarli di lato senza portarsene dietro almeno altri quattro.<br />
- Chissà che pianta sarà? Tra tutti i semi che ho lanciato a casaccio nel campo, proprio non mi ricordo di averci buttato dei fagioli.<br />
<br />
Da adesso in poi avrebbe dovuto procedere usando il buon senso.<br />
Innaffiarli abbondantemente non gli avrebbe fatto di sicuro male, ma appena versò dal secchio tutta quell'acqua, le piantine cominciarono ad andare a fondo.<br />
- Diamine!<br />
Questo era un bel problema, dopo tutto il tempo che aveva atteso che almeno una pianta sbucasse da qualche parte, rischiava ora di perderla il primo giorno.<br />
Forse il terreno era troppo fangoso, forse tutta quell'acqua era stato un errore sin dall'inizio, avrebbe dovuto evitare di bagnare in continuazione.<br />
Senza perdersi d'animo cominciò a portar via dal campo l'acqua in eccesso, togliendone coi secchi lo strato superficiale, il sole fece il resto e nel giro di pochi giorni il campo era umido al punto giusto, né troppo né poco.<br />
Ma nonostante tutto, quei dieci fagioli non crescevano.<br />
<br />
Mentre Sofia se ne stava lì accosciata vicino alle piantine, pensando a quale sarebbe potuta essere la sua prossima mossa, successe l'impensabile: le piantine si scossero come se soffrissero il solletico.<br />
Lei cascò sul sedere, spaventata dall'improvviso animarsi di quei germogli e appena si riebbe, tornò ad osservarli da vicino.<br />
Ecco cosa li faceva tanto ridacchiare, un nugolo di formiche camminavano su quelle piantine cicciotte, mordicchiandole di tanto in tanto.<br />
Avrebbe dovuto trovarvi un rimedio, per farle andare via da lì.<br />
- Care formiche! Perché vi accanite con le poche piantine che ho nel mio campo?<br />
<br />
In effetti le venne in mente un bello scherzo.<br />
A differenza del suo, nei campi di quegli antipatici dei contadini che la prendevano sempre in giro c'era molto più ben di Dio, così si mise a cercare la regina delle formiche per farle "un certo discorsetto".<br />
Era quella con il turbante rosso, non fu difficile trovarla.<br />
La prese con delicatezza sul palmo della mano e sollevandola da terra le fece vedere che al di là della collina c'erano dei campi molto più invitanti per banchettare.<br />
La regina delle formiche la trovò una cosa giusta e dopo aver ordinato alle altre di mettersi tutte in fila, si allontanarono dalle piantine di Sofia.<br />
Ma quei dieci fagioli non crescevano.<br />
<br />
Così per la rabbia si mise a dar pugni tutt'intorno, dandone di così forti da far girar la terra a gambe all'aria e quello le fece venire in mente che una volta qualcuno, le aveva detto che i campi si devono arare prima di coltivare.<br />
Arò il campo, ma i fagioli non crescevano.<br />
<br />
Allora Sofia penso che ora che il campo era umido al punto giusto e che non c'erano più parassiti a minacciarlo e che aveva smosso tutta quella terra, forse un po' di compagnia a quelle piantine non avrebbe di sicuro guastato.<br />
Però doveva essere compagnia di un certo tipo. Lei era solita raccogliere semi qua e là a casaccio nel bosco, senza troppo preoccuparsi di che piante avrebbero dato, mentre i dieci fagioli erano così belli che come vicini di casa si meritavano dei semi comprati al mercato.<br />
<br />
Piantò quindi questi altri, i quali cominciarono a germogliare in quel terreno ormai fertile e bonificato.<br />
Ma solo i dieci fagioli non crescevano, allora cominciò a rispettare il ciclo delle stagioni e a piantare al momento giusto sperando che cambiasse qualcosa.<br />
Eppure non crescevano, allora pulì il terreno dalle erbacce.<br />
Ancora non crescevano, mentre tutto il resto era una gioia di colori e sapori, di ottime verdure e frutti succosi; poi concimò, rigirò la terra di nuovo, la accudì, imparò chiedendo agli altri contadini, ascoltò il vento, seguì le lune, diventando infine una vera contadina con un campo straordinario.<br />
<br />
Verdura, frutta, fiori, tutto rendeva quel terreno il più bello.<br />
Ora era lei ad essere un punto di riferimento per tutti gli altri contadini, vincendo ogni singola gara di paese, da quella per i più grandi ortaggi a quella per i frutti più succosi.<br />
Eppure i dieci fagioli si ostinavano a non crescere.<br />
- Testardi!<br />
<br />
Certo di sicuro stavano bene, si stiracchiavano, si flettevano e se li solleticavi ridevano, ma niente più.<br />
Poi un giorno le venne in mente che forse non crescevano perché erano sempre stati maturi.<br />
Che sciocca! Perché non ci aveva pensato prima?<br />
Così Sofia ci si mise d'impegno e cominciò a tirare tutti insieme i dieci fagioli via dal campo e più tirava, più le lunghe radici si sfilavano dalla terra. Non aveva mai visto radici così grandi in confronto a piante così basse.<br />
<br />
Con grande fatica finalmente estrasse tutto Taddeo, che tanti mesi fa era triste perché lanciandosi di schiena nessuno lo aveva raccolto.<br />
Non gli sembrò vero di rivedere il sole, con il cuore colmo per trovarsi di fronte a lei, che in quei mesi lo aveva accudito dimostrandogli un incondizionato amore.<br />
<br />
Coltivare qualsiasi campo è cosa dura, che non può essere lasciata all'improvvisazione, forse a volte c'è bisogno di avere una piccola speranza, di vedere con i propri occhi che seppur piccoli, alcuni frutti possono nascere anche dal fango e dal dolore.<br />
<br />
Sofia appena lo vide si sentì svenire dalla gioia di aver raccolto l'intera pianta dei dieci fagioli, e portandosi le mani al viso, cadde di schiena.<br />
Non raggiunse il suolo. Davide Ragonahttp://www.blogger.com/profile/01732204475042131846noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5836450444365884255.post-11002336406339282132013-01-06T15:16:00.000+01:002013-06-06T09:38:25.574+02:00Le insignificanti avventure di Giovanna Cappotto - (carte estratte: 20 21 11 - tiraggio di Lavinia G.)<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://3.bp.blogspot.com/-AyngJhcXhg8/UbA8Y_VmdWI/AAAAAAAAAeo/hJa4absQFa0/s1600/20+21+11.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://3.bp.blogspot.com/-AyngJhcXhg8/UbA8Y_VmdWI/AAAAAAAAAeo/hJa4absQFa0/s1600/20+21+11.jpg" /></a></div>
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<br />
- Io da grande voglio essere un dottore!<br />
Di rimando un altro bambino rispose.<br />
- Io invece sarò un cuoco e con il mio coltello infilzerò chi mi pare e piace! Così poi tu li puoi curare.<br />
- Ma che cavolo vuol dire? - Chiese un terzo bambino, per poi proseguire. - Il cuoco mica infilza le persone, io allora sarò un attore che viaggerà per tutto il mondo, così potrò raccontare nei teatri quanto sono scemi i miei amici! Ahahahah.<br />
Poi tutti si voltarono verso Giovanna, mancava solo lei nel gioco del "da grande sarò".<br />
La bimba non ci pensò troppo su e disse a gran voce.<br />
- Io sarò un cappotto!<br />
<br />
Quel giorno la vita di Giovanna prese una piega estremamente prevedibile come accade solo a chi ha idee che gli altri non comprendono, tanto che la piccola stralunata che voleva diventare un cappotto, divenne sul momento la prima canzonatura di Diego il bimbo attore, che cominciò a cantilenare "Giovanna Cappotto, con occhi da cerbiatta, esprime desideri, proprio da bimba matta".<br />
Marco il bimbo cuoco, la punzecchio con un rametto.<br />
- Io qui non vedo stoffa da cappotto, ma solo delle magre braccine, una testa e due codini.<br />
Ogni parte del corpo che citava, il cuoco la cerchiava nei contorni col rametto, come in quei disegni che si vedono dal macellaio, dove la mucca o il maiale hanno il corpo diviso da linee tratteggiate.<br />
- Gambe, piedi, spalle… ma! Che dire! Non vedo asole e bottoni.<br />
- Su dai andiamo, è una femmina! Cosa vuoi che capisca?<br />
Con questa arringa l'avvocato scaldò definitivamente gli animi dei tre maschietti, che se ne andarono verso casa ridendo della povera Giovanna, che rimase lì da sola; l'unica che a dire il vero non era ancora diventata quello che voleva diventare.<br />
<br />
Probabilmente è davvero facile far qualsiasi mestiere, perché basta seguire la via che già in tanti hanno percorso. Tutto si impara, tutto può essere spiegato, appreso o cucito addosso, tutto tranne voler diventare un cappotto, il che presuppone un certo tipo di allenamento che nessuno ti può di sicuro insegnare, si deve procedere per tentativi.<br />
Poi ci sono le malelingue, che magari non approvano quel tuo bislacco desiderio.<br />
Ma da quel giorno Giovanna cominciò ad intraprendere il difficile cammino di essere un cappotto, senza farlo notare troppo a chi le stava intorno.<br />
<br />
I primi timidi tentativi furono quelli che avrebbe potuto improvvisare chiunque, come il nascondersi nell'armadio per una notte intera, ciondolarsi sullo schienale di una sedia, e più difficile tra tutti, cogliere di sorpresa un adulto lanciandosi sulle sue spalle.<br />
Qualcuno aveva pazienza e lo prendeva per un gioco, altri la cacciavano in malo modo, come se quelli fossero solo i capricci di una bimba.<br />
Non sarebbe stato facile diventare un cappotto senza destare troppi sospetti.<br />
Un cappotto tiene caldo quando fa freddo! Per cui bisognava familiarizzare con certe temperature; in inverno Giovanna se ne stava piazzata su un qualche marciapiede, giocando alla campana vicino ad un incrocio, così da poter trovare una bella corrente ancor più fredda che la spingesse più in alto ad ogni saltello.<br />
D'estate la questione si faceva ben diversa. Nonostante la sua incrollabile volontà, sua mamma l'avrebbe spinta di sicuro fuori in giardino, se l'avesse vista starsene per un intera stagione chiusa nel ripostiglio.<br />
- Ma che fai, non sei mica un calzino vecchio!<br />
Così per farla franca si ingegnò anche lì per passare inosservata.<br />
Chi mai avrebbe sospettato di una bimba che mangiava in continuazione gelato o che si lanciava nell'acqua fredda di una qualche fontana?<br />
Imparò a tenere a bada il freddo.<br />
Giorno dopo giorno l'allenamento diede i suoi frutti e senza dover dispensare troppe spiegazioni in giro, Giovanna ormai grande divenne finalmente un cappotto, il giorno che incontrò "Leone il barbone".<br />
<br />
Quel disperato se la portò via ai primi freddi, la incontrò che sventolava appesa ad un cancello. Lassù c'era finita mentre stava facendo uno dei suoi soliti allenamenti da cappotto, ma quel giorno il vento era così forte, che era volata via, trascinata per un paio di isolati prima di aggrovigliarsi su quelle creste.<br />
Leone incredulo davanti alla fortuna che gli era capitata, se la caricò sulle spalle e lei subito si accoccolò lì intrecciandogli le braccia intorno al collo, come si fa con le sciarpe.<br />
- Ah! Che fortuna! Sembra nuovo, mai indossato.<br />
Disse Leone mentre se la lisciava addosso per vedere come gli stava Giovanna.<br />
Lei avrebbe voluto rispondergli, ringraziandolo per quella frase così carina, ma dove si era mai sentito dire che un cappotto potesse parlare?<br />
Rimase in silenzio.<br />
<br />
Essere il cappotto di Leone era uno spasso, andavano in giro tutto il giorno e non c'era da preoccuparsi troppo, lui sapeva fare un sacco di cose.<br />
Sapeva dormire arrotolato nei giornali, sapeva che quando si bagnava gli conveniva asciugarsi nudo al sole, sapeva addirittura fare cerchi con il fiato quando in inverno c'era davvero tanto freddo.<br />
Ma tutte queste cose, che per i più erano solo "tipiche occupazioni da barbone" per Giovanna erano ben altro.<br />
Lei lo aveva capito. Leone non era un barbone, si stava allenando anche lui per diventare quello che voleva diventare davvero: fragrante tabacco.<br />
<br />
L'uomo si dannava perché nonostante fossero anni che portava avanti i suoi allenamenti, mancava ancora qualcosa affinché potesse diventare dalla testa ai piedi completamente tabaccoso.<br />
Giorno dopo giorno con addosso il suo cappotto, si arrotolava nei giornali, faceva i cerchi di fumo con la bocca e soltanto quando si essiccava al sole, rimaneva nudo.<br />
Giovanna lì piegata in un angolo, un po' arrossiva a vederlo spaparanzato senza nulla addosso e poi quando pensava "come è bello Leone", con la manica si ripiegava ancor di più su se stessa, per non farsi scoprire a sbirciare.<br />
- Si sta alzando un forte vento!<br />
Disse il barbone al cappotto, che non rispose per rimanere nella parte.<br />
- Guarda che con me ci puoi parlare… Non lo sai che i barboni sentono le voci e parlano con le cose?<br />
Aggiunse dandogli le spalle mentre si cominciò a rivestire.<br />
- Non lo sapevo… beh allora… anche io ti rivelerò un segreto… so come fare in modo che tu sia davvero fragrante tabacco.<br />
Disse lei timidamente.<br />
- Ah interessante!<br />
Leone si girò guardandola, mentre la sua testa sbucò dalla maglietta stropicciata.<br />
- E come si fa?<br />
Giovanna sorrise.<br />
- Beh come prima cosa, infilami…<br />
<br />
Il vento si fece più deciso, Leone si infilò il cappotto che si gonfiò come una vela.<br />
Giovanna aveva imparato a farlo nei suoi tanti allenamenti, quando saltava sulla campana o quando volò via e si andò a fermare sul cancello.<br />
Il cappotto si strinse così forte al collo di Leone che questa volta entrambi presero il volo.<br />
- Wow! Ma questo cosa c'entra con il diventare tabacco?<br />
- Me l'hai insegnato tu, non si può essere cappotto da soli, bisogna trovare chi ha bisogno di indossarti.<br />
- Continuo a non capire, ma va bene lo stesso… e' divertente starsene quassù.<br />
Il mondo là sotto sembrava così piccolo, i ricordi di una vita da esseri umani si facevano sempre più lontani.<br />
Le gambe di Giovanna sventolavano al vento, mentre continuava a tenere le braccia incrociate al collo di Leone, senza lasciarlo neanche per un solo istante, poi gli disse:<br />
- Senza aria che filtra, il tabacco non può bruciare da solo!<br />
- E adesso che c'è aria, come gli diamo fuoco?<br />
<br />
Chi fosse passato la sotto in quel momento, probabilmente non avrebbe compreso davvero quella scena, nemmeno se fosse stato un cuoco, un attore o un avvocato di esperienza, che con il naso all'insù avrebbe visto solo un cappotto e del tabacco trasportati dal vento, una scena curiosa ma di sicuro per loro tre, un evento insignificante.<br />
Giovanna lo baciò, come quando tiri una lunga ed intensa boccata di fumo, infine lo aspirò e Leone prese fuoco.<br />
<br />Davide Ragonahttp://www.blogger.com/profile/01732204475042131846noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5836450444365884255.post-61379414659349025962012-12-18T09:37:00.001+01:002013-05-23T17:52:50.618+02:00Le regole della guerra - (carte estratte: 10 11 7 - tiraggio di Jacopo L.)<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-pHydp7-0eec/UZ47QjtqQwI/AAAAAAAAAb4/pGr-hgUzy4c/s1600/10+11+7.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://1.bp.blogspot.com/-pHydp7-0eec/UZ47QjtqQwI/AAAAAAAAAb4/pGr-hgUzy4c/s1600/10+11+7.jpg" /></a></div>
<br />
<br />
Era l'orso che gli aveva strappato via le mani, le teneva strette tra le fauci, ritto in piedi mentre lui ormai quasi privo di sensi, faceva fatica a riconoscerne la sagoma.<br />
Oltre al suo sangue, se ne andava via anche il giorno.<br />
- Stai tornando alla tua grotta?<br />
Fu il suo ultimo pensiero prima di perdere i sensi, e in quella grotta anche lui sarebbe andato per riprendersi le mani.<br />
<br />
Tornare da una guerra non è mai come ce lo si aspetta, e Matugenus lo imparò presto sulla propria pelle.<br />
Nessun guerriero era mai stato alla sua altezza, poiché tale era la destrezza che aveva nel polso, da far sembrare ogni arma la naturale estensione della sua gloria.<br />
Spada, arco, mazza chiodata o lancia, si protendeva dal suo corpo per finire in quello dell'avversario, aprendosi la strada tra le carni verso il cuore del nemico.<br />
Matugenus ora non aveva più le mani, e non perché le avesse perse in battaglia - quella a dire il vero non sarebbe stata una macchia troppo scura sul proprio orgoglio - ma perché un orso gliele aveva strappate via senza ragione.<br />
Sulla via del ritorno da una guerra, un eroe può risvegliarsi barzelletta.<br />
<br />
Non c'è onore se non si muore in battaglia, se non si è feriti da un'arma o se non è un nemico a strapparti via le carni, lo sapevano bene persino i bambini, che dopo "quell'incidente" non lesinavano sul donare a Matugenus una buona dose di pernacchie quotidiane.<br />
Quello che una volta era un guerriero, ora si ritrovava a partire per riprendersi ciò che era suo di diritto, quelle mani che lo avrebbero fatto tornare unico tra gli unici.<br />
<br />
L'inverno era spietato ed avanzando nella tormenta, Matugenus tenne ben salda l'idea che quello fosse un punto a suo vantaggio, avrebbe percorso quelle terre cercando in ogni grotta, staccando la testa ad ogni orso finché non avrebbe ritrovato ciò che gli era stato portato via senza onore.<br />
Non avendo più le mani, cavalcò per miglia tenendo le redini strette tra i denti, scavando così sul suo volto un ghigno che spaventava tutti gli animali del bosco.<br />
La voce si sparse tra le bestie quando i primi orsi caddero nel sonno. Le loro carni vennero strappate a morsi, i crani sfondati dagli stivali, scuoiati e smembrati, lasciati a pezzi senza possibilità di venir fuori dal torpore del letargo.<br />
Matugenus ad ogni caverna, si portò via qualche pezzo d'orso, legandoselo addosso, usando i piedi dove non riusciva a fare un nodo con le dita; tutti avrebbero dovuto temerlo, così come era stato tra gli uomini.<br />
Le regole della guerra ora si sarebbero estese al regno animale.<br />
Con le pelli si fece pellicce, con le zanne pugnali che usava per ferire, le ossa frantumate potevano forare, facendo sperimentare nuovi dolori a chi lo aveva privato del suo onore.<br />
Il guerriero passò un intero inverno a portare in ogni antro il terrore, finché non giunse a primavera, dall'orso che con altrettanta violenza gli aveva strappato le carni.<br />
<br />
Matugenus sapeva bene che quella sarebbe stata la sfida più difficile da portare a termine, quell'orso ormai era sveglio, pronto a ricambiare tutta quella violenza con altrettanta.<br />
Il guerriero era consapevole che il dolore che aveva fatto conoscere agli altri orsi, lo avrebbe reso un avversario ancora più detestato da quest'ultimo, aveva di nuovo la possibilità di vincere con onore, stando di fronte ad un nemico che ora finalmente lo odiava.<br />
<br />
- Cosa vuoi da me uomo?<br />
Gli disse l'orso appena Matugenus scese da cavallo.<br />
- Sono venuto qui per riprendermi ciò che è mio.<br />
Dalle pellicce alzò i moncherini che tese verso il possente nemico che aveva di fronte, ai suoi avambracci lacci in pelle ben stretti borchiati da zanne d'orso.<br />
- Rivoglio indietro le mie mani!<br />
L'orso scoppiò in una grossa risata, fino a ruzzolare per terra.<br />
La rabbia si impadronì di Matugenus, pronto a riprendersi con ogni mezzo ciò che gli apparteneva.<br />
- Allora hai proprio sbagliato tutto uomo! Le mani non le devi chiedere ad un orso, ma ad un altro essere umano.<br />
Matugenus rimase senza fiato, l'orso continuò a spiegare.<br />
- Hai ucciso molti miei fratelli, ma quello che hai ottenuto sono pelli, zanne e ossa. Puoi uccidermi se vuoi, ma anche in me troverai solo questo: purtroppo niente mani.<br />
E dicendo così alzò le zampe anteriori per farle vedere bene a Matugenus.<br />
- Se vuoi riprenderti quello che pensi sia tuo, uccidi un altro uomo, su quello di sicuro le potrai trovare.<br />
<br />
Così a Matugenus fu chiaro, che le mani non gliele aveva portate via l'orso, ma le sciocche regole degli esseri umani.Davide Ragonahttp://www.blogger.com/profile/01732204475042131846noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5836450444365884255.post-91079757040626102592012-12-07T12:50:00.000+01:002013-05-23T17:52:02.535+02:00La moneta sulla fronte - (carte estratte: 8 1 14 - tiraggio di Francesca L.)<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://2.bp.blogspot.com/-t0inCDWCHuY/UZ47E2IasTI/AAAAAAAAAbw/is2D437q0iM/s1600/8+1+14.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://2.bp.blogspot.com/-t0inCDWCHuY/UZ47E2IasTI/AAAAAAAAAbw/is2D437q0iM/s1600/8+1+14.jpg" /></a></div>
<br />
<br />
Nessuno aveva scampo di fronte al giudice.<br />
L'uomo aveva escogitato uno stratagemma per poter condannare con assoluta certezza ogni colpevole, in aula seduto in alto sul suo seggio, portava appoggiata alla fronte una moneta d'oro.<br />
Potrà sembrarvi ridicolo, ma di sicuro non lo era per nessuno degli accusati, che ad ogni Toc! del martelletto, finivano dietro alle sbarre, chi per furto, omicidio, poco rispetto o solo desiderio.<br />
La moneta sulla fronte del giudice era il suo terzo occhio, quello che riusciva a vedere più a fondo degli altri due.<br />
Nessun imputato era in grado di distogliere lo sguardo dalla moneta, da quando entravano in aula quel disco d'oro catturava la loro attenzione; gli occhi fissi sulla fronte del giudice diventavano un'ammissione di colpa, per lui chi desiderava l'oro era capace di qualsiasi crimine.<br />
Ad ogni sguardo insistito, un colpo di martello assicurava l'imputato alla giustizia.<br />
Quanti colpevoli si erano avvicendati di fronte al terzo occhio del giudice.<br />
Poi un giorno in tribunale, ci venne portato un macellaio fiero dei propri crimini.<br />
Questi, sfacciato con le scarpe ancora grondanti sangue, si era macchiato di orribili crudeltà, scuoiando, sfilettando e disossando tutti coloro i quali avevano osato posare con troppa insistenza gli occhi su Angelica, sua moglie.<br />
Lei era bella, gli altri tutti morti.<br />
Ogni passo del macellaio verso il banco degli imputati, era accompagnato dal suono molle di quelle calzature inzuppate, il sangue formava piccole pozze come se l'uomo avesse ai piedi spugne; la carne era il suo cammino.<br />
Il macellaio si fermò di fronte al giudice, che dall'alto banco colse con la base dell'occhio il rosso che si espandeva. Piegò lo sguardo attratto da quelle pozze, cercando però di non piegare la testa per non ammettere la propria eccitazione.<br />
Era troppo in alto sul suo seggio per riuscire a vedere davvero le scarpe dell'accusato, così mentre quello cominciò a fissare la moneta d'oro, il magistrato si mise a fissarne le calzature cedendo all'inclinare la propria testa, in quel momento furono in equilibrio.<br />
La moneta perse la presa e cadde dalla fronte del giudice colpendo il banco con un sonoro Toc!<br />
Non fu così il martelletto a sancire la condanna, ma la moneta.<br />
Il macellaio fu dichiarato innocente e il giudice perse il proprio mestiere.Davide Ragonahttp://www.blogger.com/profile/01732204475042131846noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5836450444365884255.post-84360577715353666792012-11-24T17:47:00.000+01:002013-05-23T17:51:17.806+02:00Maddalena incinta nella schiena - (carte estratte: 9 2 16 - tiraggio di Mara A.)<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://3.bp.blogspot.com/-2W-8NvlOGeM/UZ465yBfAQI/AAAAAAAAAbo/oYdWpaM8Cog/s1600/9+2+16.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://3.bp.blogspot.com/-2W-8NvlOGeM/UZ465yBfAQI/AAAAAAAAAbo/oYdWpaM8Cog/s1600/9+2+16.jpg" /></a></div>
<br />
<br />
Lo strano caso di Maddalena, fu forse uno degli eventi più significativi che colse il paese di Monabella, senza però che alcuno mai se ne rendesse conto.<br />
Esistono a volte storie così ben celate, che si trovano a toglier ricchezza dove invece potrebbero darne.<br />
Maddalena rimase incinta ma nella schiena, dopo aver conosciuto il giovane Rolando. Lui come seconda cosa che fece, l'abbandonò, immaginando che quell'insana gravidanza lo avrebbe messo in cattiva luce.<br />
Seppur preferendo una classica posizione "missionaria", Rolando si allontanò da lei al solo pensiero che a Monabella, si potesse dire che quel figlio fosse storto come il diavolo, l'unico che a dir di tutti, poteva fregiarsi di poggiare il proprio bastone da tergo e forse metter incinta dove non si doveva.<br />
Quale meraviglia fu la prima volta invece, che Maddalena si trovò un bozzo nella schiena. Nonostante tutto già l'amava, quel piccolo pomo proibito alla base della colonna vertebrale.<br />
Madre.<br />
Finalmente anche lei avrebbe potuto fregiarsi di quella carica e non le importava di certo se quel figliuolo dalla schiena le sarebbe venuto fuori.<br />
Mentre che la pancia… oh perbacco! volevo dire… la schiena le cresceva, nei nove mesi dovette trovare modi inconsueti per viver in quella condizione. Una gravidanza è pur sempre una gravidanza, fatta di nausee, voglie e dolori alla schiena.<br />
Lei pero' li aveva sulla pancia, perché invece di far forza sui lombari, per controbilanciare il pancione, eran gli addominali ad esser tesi per tenersi eretta. Per il resto tutto straordinariamente uguale e insensato.<br />
E la domenica alla messa, quanto ridere!<br />
Non poteva di sicuro sedersi sulla panca, rischiando di schiacciar quel pomo che ormai s'era fatto cocomero, così le era venuto in mente che poteva esser più interessante stare inginocchiata davanti al santo, piuttosto che all'altare: tutti la consideravano la più devota.<br />
Cosa in parte vera, se la devozione si pesasse in amore verso una nuova vita.<br />
Nove mesi così, tenendo nascosto quel frutto, senza preoccuparsi di far capire agli altri che ciò che è differente, non è altro che la massima espressione della natura creativa.<br />
Nacque così la creaturina, bella e sana come nessun altra.<br />
Fu allora che la gente cominciò a raccontare quella storia, poiché è ciò che viene messo alla luce del sole ad attirare l'occhio nelle zone d'ombra.<br />
E da "madre" Maddalena divenne "donna abbandonata poverina".<br />
La voce in città fu che quel figlio era nato dentro un mistero.<br />
Ed era vera, ma non in quel senso. Chi mai lo avrebbe capito.<br />
La straordinaria storia della gravidanza di Maddalena non divenne mai una storia, si fermò ad esser solo "chiacchiera di paese", che si spense pure troppo presto.Davide Ragonahttp://www.blogger.com/profile/01732204475042131846noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-5836450444365884255.post-46516918957623677592012-11-01T16:13:00.003+01:002013-05-23T17:50:34.247+02:00Horror vacui - (carte estratte: 15 0 14 - tiraggio di Andrea S.)<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://3.bp.blogspot.com/-NXUwJHtANCw/UZ46vGOwoyI/AAAAAAAAAbg/8iwpxtjXiKg/s1600/15+0+14.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://3.bp.blogspot.com/-NXUwJHtANCw/UZ46vGOwoyI/AAAAAAAAAbg/8iwpxtjXiKg/s1600/15+0+14.jpg" /></a></div>
<br />
<br />
- Tra un mese esatto, lei perderà la memoria. E' una malattia rara, colpisce una percentuale minima della popolazione, ma ci si può convivere benissimo.<br />
<br />
Non era un pensiero rassicurante.<br />
<br />
- Alcuni tengono un diario e probabilmente sarà la prima cosa che le verrà in mente di fare prima di cadere nel vuoto. Le consiglio di evitarlo: chi soffre di un disturbo come il suo, tende a legarsi a ricordi che non gli appartengono più. Sò che è difficile accettarlo, ma la consideri una seconda opportunità per ricominciare da capo.<br />
<br />
Il dottor Schumann, mi congedò con un abbraccio sincero per la prima volta.<br />
Quel gesto non lo faceva da psichiatra, tanto che prima di stringermi si tolse gli occhiali.<br />
Poi mi scostò tenendomi per le spalle e guardandomi da sotto le folte sopracciglia disse:<br />
- La prossima volta che ci incontreremo, lei non si ricorderà di me, ed è un bene, poiché non avrà più bisogno di nessuna seduta psichiatrica. La sua malattia è l'unica cura che funzioni davvero.<br />
<br />
Quel giorno stesso cominciai a scrivere un diario.<br />
<br />
<span style="font-size: x-large;"><b>Horror vacui</b></span><br />
<br />
Clara ripose le camicie nella cassettiera. Tendeva a piegarle sempre nello stesso modo, così che non vi rimanesse quell'antipatica piega centrale: bastava chiuderle a libro, non come avevano sempre fatto le altre governanti.<br />
Le altre.<br />
Nessuna fino a lei, era mai riuscita a resistere così tanto a casa Maier, perché il "signore" aveva una strana malattia o forse era meglio dire "aveva avuto". Ora stava bene, ma proprio quella da tre anni era la sua più grande infermità.<br />
Gustaf Maier aveva perso la memoria e da quel momento aveva fatto di tutto per recuperarla, non aveva mai accettato che un certo morbo si fosse preso il diritto di svelargli chi fosse veramente.<br />
L'unica cosa che ricordava della sua vita precedente era che in pochi minuti tutto il suo ego era stato spazzato via; poi subito dopo, un altro Gustaf Maier lo aveva fissato incredulo dallo specchio.<br />
Da quel giorno cominciò a tenere un diario, sul quale annotava ossessivamente, tutte le azioni ed i pensieri che compiva nella giornata.<br />
Quello era il motivo per cui tutte erano andate via.<br />
Nessuno era rimasto con Gustaf, forse nessuno c'era mai stato, poiché in quella casa tre anni prima, davanti allo specchio ci si era ritrovato da solo.<br />
La sua tenuta era in campagna e seppur chiunque giù in paese era riuscito a dargli un qualche riflesso della sua vita precedente, nessuno di quei racconti per sentito dire, erano bastati a ricostruirne l'intera memoria.<br />
Erano solo riflessi.<br />
"Un solitario" lo avevano definito, ricco non si sa bene il perché (tanto da destare nei più, sospetti ed invidie), neanche il dottore lo aveva mai visitato.<br />
A lui questo non bastava.<br />
<br />
A Clara invece non sembrava affatto così, in un certo senso lo considerava un filantropo: in quel diario c'era anche lei, tutte le sue mansioni, le parole, le azioni.<br />
Al diario del signor Maier era ormai affidata anche la memoria di Clara.<br />
<br />
Poi un giorno, la governante trovò un altro diario.<br />
<br />
Accadde un po' per caso che la memoria tornò a galla all'improvviso, rimettendo in ordine dei vecchi libri nello scantinato.<br />
In quelle pagine c'era ogni cosa successa fino al momento in cui arrivò per Gustaf il vuoto.<br />
La sua prima reazione istintiva fu quella di correre dal signor Maier con la scoperta in mano, ma subito dopo Clara si sentì gelosa della "sua" memoria.<br />
Quel secondo diario avrebbe potuto spazzare via in un istante, quello che lei ora aveva di più caro: il Gustaf che conosceva.<br />
Portò sotto la gonna il diario fino nella sua stanza e si premurò di chiuderlo a doppia mandata nel baule, andando ogni sera a scoprire qualcosa di nuovo sull'altro Gustaf.<br />
<br />
La vita di Gustaf Maier, fino al momento in cui non venne spazzata via, era una vita felice.<br />
Un uomo dalle tante aspirazioni, un poeta appassionato della vita, che aveva senza alcun dubbio saputo amare.<br />
Decisamente molto lontano dai racconti dei compaesani che lo avevano conosciuto poco, ma estremamente più vicino a quello che Clara aveva sempre desiderato.<br />
Il signor Maier la rendeva felice con il suo diario, le dava tutta l'attenzione che pensava di meritarsi: lei per lui era davvero importante, così tanto che ogni azione veniva registrata su quello.<br />
Certo, tutto quell'interesse nei confronti di Clara era veicolato dall'urgenza di non scomparire una seconda volta, ma per lei era una passione autentica, un legame così forte alla vita, da andare al di là di ogni giustificazione razionale.<br />
Invece al contrario Gustaf Maier aveva amato davvero, ma un'altra donna, di cui non aveva mai scritto il nome.<br />
Sull'altro diario la chiamava semplicemente "la mia sposa".<br />
Clara cominciò così a riscrivere il secondo diario, per aggiustare il Signor Maier.<br />
<br />
A Gustaf, Clara era piaciuta subito.<br />
Di governanti ne aveva avuto tante negli ultimi tre anni, ma tutte lo avevano guardato come un pazzo.<br />
In realtà lui non si sentiva un folle, pensava solo di essere guarito nel modo sbagliato, o per lo meno in un modo che non avrebbe voluto.<br />
Forse pensandoci meglio, Clara gli ricordava qualcuno: se tutte le altre proprio non lo avevano soddisfatto, doveva essere perché nella sua vita precedente non c'era mai stato spazio per persone come quelle.<br />
Invece quella giovane governante era perfetta.<br />
Non faceva troppe domande, teneva tutto in ordine e piegava le camicie in un modo tutto suo.<br />
Lui non le avrebbe mai piegate così e questa cosa lo sorprendeva.<br />
Se mai avesse avuto, per abitudine, qualche dubbio nel tenere Clara a servizio, gli fu chiaro che fosse la persona giusta, il giorno in cui lei sorrise nel vedere il proprio nome sulle pagine del suo diario.<br />
Per Gustaf quel diario era più di un semplice libro di memorie: era la memoria stessa, quella vera perché dell'altra aveva imparato a diffidare.<br />
Gli sarebbe piaciuto poterne dire il perché, ma non se lo ricordava.<br />
Da quando Clara era entrata nella sua vita, molte cose erano migliorate, tanto che quel diario, sempre di più stava diventando il diario di Clara invece del suo.<br />
Che cosa bizzarra è la memoria, pensiamo che sia affar solo nostro ma a pensarci meglio è l'insieme delle azioni degli altri.<br />
<br />
Di giorno Gustaf scriveva di sé e di Clara, mentre di notte rileggeva.<br />
Era piacevole e rassicurante poter ritrovare ciò che era successo ieri o qualche mese prima.<br />
Poi gli venne in mente che se avesse voluto ricordare ogni cosa, avrebbe dovuto scrivere che in quel momento contemporaneamente stava rileggendo, che adesso era ieri, venendo inghiottito così in un assurdo incastro di matrioske che lo fissavano.<br />
Gli sembrò sciocco e in quel momento di debolezza, sorprese se stesso a pensare a cosa avesse Clara sotto la gonna.<br />
Ne immaginò le cosce e in mezzo a quelle un diario segreto che una volta tanto avrebbe voluto leggere e non scrivere.<br />
Stava guarendo, e questa volta come voleva lui.<br />
Quella notte fecero l'amore per la prima volta.<br />
<br />
Da quel momento lui non scrisse più alcun diario e cominciò a chiamarla "la mia sposa".<br />
<br />
Tre mesi dopo quella notte, Gustaf Maier rimettendo in ordine tra i vecchi libri in cantina, trovò un altro diario, che risaliva al quando aveva ancora la sua prima memoria.<br />
<br />
- Tra un mese esatto, lei perderà la memoria. E' una malattia rara, colpisce una percentuale minima della popolazione, ma ci si può convivere benissimo.<br />
<br />
Cominciò a leggere.<br />
<br />
Tra tutti i ricordi che vorrei rimanessero con me, questa frase è l'unica che vorrei dimenticare.<br />
Il dottor Schumann ha cercato di curarmi per anni: mi disgusta la depressione.<br />
Non è mai riuscito a guarirmi, ma dice che sarà un morbo a curare definitivamente la mia tristezza.<br />
Ha detto che dopo il vuoto potrò ricominciare a vivere, scegliendo chi vorrò veramente essere.<br />
Io lo so già chi sono ed è per questo che spero di potermelo un giorno raccontare, allora sarò davvero felice.<br />
Sono un uomo solo, che vive lontano dal paese, in una tenuta mia da sempre, non ho mai amato davvero perché non lo volevo fare.<br />
Perché dover portare anche lei nel vuoto?<br />
Non voglio che "la mia sposa" soffra vedendomi triste e poi allegro e poi ancora triste.<br />
Dopo che il dottor Schumann mi ha detto di non scrivere un diario, per rabbia gli ho portato via il suo o quello di un altro, non lo so.<br />
E' stato dopo aver letto quello, che ho deciso di scrivere il mio.<br />
Prima dello scadere del mese, quando vedrò ormai il vuoto nel cortile che si starà avvicinando, li metterò entrambi in cantina, tra i vecchi libri che non rileggo più.<br />
Dopo essere sparito, scriverò un altro diario.<br />
<br />
Clara in vestaglia in cima alle scale che portavano alla cantina, lo richiamò alla realtà.<br />
- Gustaf cos'hai che ti preoccupa tanto?<br />
Lui la guardò, chiuse il diario e cominciò a risalire le scale. Si incontrarono a metà strada.<br />
- Qui ci sono io, o per lo meno credo di esserci, non voglio saperlo. <br />
Le passò il diario.<br />
- Adesso che ho te, so chi è Gustaf Maier e questa memoria non sono sicuro sia la mia. Il diario parla di un altro diario, ci sono troppi Gustaf Maier in questa cantina.<br />
Poi Gustaf la superò per tornare in superficie.<br />
<br />
Due diari, uno vero ed uno falso: quale dei due Clara aveva falsificato?<br />
Doveva saperlo!<br />
Quale dei due aveva sposato?<br />
<br />
La sposa tornò nella stanza da letto, prese anche l'altro diario, quello che aveva riscritto, e il terzo che Gustaf non aveva più voluto continuare.<br />
Si tolse la vestaglia e mise un vestito. Lo studio del dottor Schumann distava tre ore di treno.<br />
<br />
L'appartamento in cui il medico esercitava, era all'incrocio tra due strade, in pieno centro.<br />
Clara camminava svelta sul marciapiede, questa volta i diari non erano nascosti sotto alla gonna, ma li teneva stretti incrociando le braccia; se un qualche rapinatore in un vicolo buio le avesse sparato, sarebbero stati quelli a salvarla, invece di una più classica bibbia.<br />
Salì in fretta le scale, passò la nuova segretaria ed entrò nella stanza dove Schumann riceveva i pazienti.<br />
Di vederla entrare all'improvviso non ne fu contenta la signora in abito giallo distesa sul lettino.<br />
Clara scaricò i libri sulla scrivania del dottore.<br />
- Qual'è quello autentico?<br />
Lui la guardò senza capire come mai lei fosse lì.<br />
- Clara?<br />
La donna in giallo strinse la borsetta e si fece rigida, il dottore la guardò, poi si alzò ed alzò l'indice verso la donna dicendole:<br />
- Signora Palmer, se ci vuole scusare...<br />
Strinse la mano attorno al braccio di Clara e spostandola di peso la portò fuori, chiuse la porta.<br />
- Sei forse impazzita? Piombi qui dopo tutti questi anni, mi aggredisci e spaventi i miei pazienti.<br />
- Qual'è quello autentico?<br />
- Ma di che diavolo stai parlando?<br />
- Il diario di Gustaf Maier! Mio marito! Qual'è il diario autentico?<br />
Schumann (mentre la segretaria li guardava senza sapere bene cosa stesse succedendo) continuava a non capire, ma si ricordò di Gustaf Maier.<br />
Era stato suo paziente tre anni prima, quando Clara era ancora la sua segretaria, poi Maier contrasse quello strano morbo che dava un mese di tempo prima di cancellare completamente la memoria.<br />
- Clara… Gustaf è tuo marito? Vi siete conosciuti qui in studio.<br />
Ora era Clara a non ricordare, di pazzi ne aveva visti tanti passare in quel posto - tutti uguali - era per quello che aveva voluto cambiare mestiere.<br />
- Oh bella questa! Te ne vai via senza preavviso, perché non ne puoi più dei folli, e ti fai assumere a tempo pieno da uno di loro.<br />
- Forse Gustaf era pazzo! Ma il morbo l'ha guarito. A lui interessava solo salvarsi scrivendo di noi.<br />
Schumann sembrava divertito da quella storia, poi gli tornò in mente.<br />
- Il diario che pensavo di avere perso! Ma certo! Ecco a cosa ti stai riferendo… si mi ricordo bene… allora ce lo aveva Maier!<br />
Lo psichiatra scoppiò a ridere.<br />
Aprì la porta dello stanza e Clara rimase indietro, mentre Schumann continuava a ridere si accostò alla libreria.<br />
La donna sul lettino era ancora nella stessa posa in cui l'avevano lasciata, si limitava a seguire quella scena ruotando solo gli occhi.<br />
Poi la sposa entrò, vedendo che lo psichiatra stava tirando giù dalla libreria troppi diari, andandoli ad ammucchiare sopra a quei tre che Clara aveva scaricato lì poco prima.<br />
- Eccoli! Sono tutti autentici! Tutti scritti dalla stessa persona! Il tuo Gustaf deve aver preso quello che non riuscivo più a trovare.<br />
Clara non riusciva a distogliere lo sguardo da tutti quei diari, che ormai avevano completamente fagocitato i tre che aveva portato lei.<br />
- Sei venuta qui per scoprire chi è veramente Gustaf Maier? beh! mi dispiace ma non posso esserti d'aiuto nel senso che intendi tu. Ma una cosa è certa: posso dirti chi è Vincent, andando per esclusione troverai Gustaf.<br />
A Clara per un attimo tornò in mente Vincent e nonostante si sforzasse di ricordare tra tutti i pazienti chi fosse stato Gustaf, non ci riusciva.<br />
Anche Vincent contrasse il morbo, ma la sua malattia divenne cronica ed ogni mese si ripeteva.<br />
Quell'uomo non faceva in tempo a finire un diario, che tutto ricominciava da capo, ne scrisse tanti e tutti differenti, tutti contraddittori.<br />
Lui e Gustaf non si incrociarono mai, perchè quando contrasse il morbo, Vincent era già ammalato da anni ed internato in manicomio per esser guarito troppe volte.<br />
- Non posso dirti nulla di Maier, veniva per curare la sua depressione, chissà quante mezze verità mi avrà raccontato su quel lettino.<br />
La donna in giallo annuì.<br />
Clara senza dire una parola, cominciò a cercare tra tutti i diari quello in cui si parlava di lei.<br />
Poi quando lo trovò se ne andò via.<br />
A dire il vero non ricordava più quale dei diari aveva modificato, se quello trovato la prima volta in cantina o quello che la sera Gustaf rileggeva.<br />
Non se lo ricordava più.<br />
Salì sul treno e tre ore dopo era di nuovo a casa.<br />
Tre mesi dopo il dottor Schumann andò a trovare gli sposi, ma Gustaf Maier non riconobbe lo psichiatra.Davide Ragonahttp://www.blogger.com/profile/01732204475042131846noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5836450444365884255.post-88144899633180878512012-10-27T14:56:00.001+02:002013-05-23T17:49:42.836+02:00Com'è distante il mare - (carte estratte: 7 1 0 - tiraggio di Arianna R.)<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://4.bp.blogspot.com/-c6GBl4HGvPk/UZ46hPsLqlI/AAAAAAAAAbY/BBvYxZtxp54/s1600/7+1+0.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://4.bp.blogspot.com/-c6GBl4HGvPk/UZ46hPsLqlI/AAAAAAAAAbY/BBvYxZtxp54/s1600/7+1+0.jpg" /></a></div>
<br />
<br />
Armando aveva sentito parlare così tanto del mare, che seppur non lo avesse mai visto, decise di volerlo navigare.<br />
Passò giorni a chiedersi come avrebbe potuto fare, lui contadino da una vita, ad attraversare quell'immensa distesa d'acqua molto più vasta - da quello che gli avevano raccontato - di tutti i suoi campi, di quelli del vicino Samuele e della tenuta del vecchio Clodoveo messi insieme.<br />
<br />
Andare al di là del proprio occhio non è di sicuro un'impresa facile, così cercò di ingegnarsi nell'unico modo che conosceva: mettere le proprie mani al servizio delle proprie idee.<br />
Quando gli era servito un aratro, lo aveva messo insieme con pezzi di fortuna. Questa volta non sarebbe stato tanto diverso, così dopo aver ascoltato per bene i racconti di chi il mare e le navi le aveva viste davvero, decise di mettere in piedi un vascello con quello che aveva.<br />
Cominciò a trasformare ciò che trovava in giro, in assi per lo scafo, timone, polena, scorrimano, scale, pomi, barili e cambuse, vele, tele, corde, intrecci, stoppe, coppe e troppe (le idee che aveva in testa).<br />
<br />
Passarono mesi prima che alla nave non mancasse più niente, pronta per il varo se ne stava in mezzo al campo delle cipolle.<br />
Era una nave modesta, che non avrebbe potuto ospitare più di un marinaio a bordo, ma ad Armando quella bastava.<br />
Chi l'aveva detto che per passare al di là del mare servisse una ciurma?<br />
Chi l'aveva sostenuto che una nave dovesse esser lunga, larga ed alta il giusto?<br />
La nave di Armando ad Armando bastava.<br />
<br />
Un giorno, giunse nei pressi della casa del contadino un marinaio, che ad un certo punto della sua vita aveva voluto fare all'inverso di Armando: navigare la terra ferma.<br />
Il marinaio ormai da tempo se ne andava in giro per i campi, mettendo in pratica ciò che aveva imparato tra le onde: lasciare che l'istinto fosse la sua unica bussola.<br />
Così quando vide la nave nel campo di cipolle, si accostò allo steccato e rimase colpito da come quella era stata architettata.<br />
Cominciò allora a fare un certo ragionamento.<br />
- Sono pronto a partire per il mare.<br />
La voce del contadino alle sue spalle lo fece trasalire.<br />
Si girò e disse di rimando.<br />
- Direi quasi pronto… manca ancora una cosa.<br />
Armando gli si avvicinò interessato, lui che ormai aveva chiuso i bauli pensando di poter finalmente partire, non pensava di dover mettere ancora mano alla sua creatura.<br />
- Che dite marinaio? Sono stato attento ad ogni minimo dettaglio: ci sono le assi per lo scafo, il timone, la polena, gli scorrimano, le scale, i pomi, i barili e le cambuse, le vele, le tele, le corde, gli intrecci, le stoppe, le coppe e mi sa che ormai di cose ce ne sono fin troppe.<br />
Il marinaio sorrise e face segno con l'indice verso l'alto.<br />
- Manca la bandiera!<br />
<br />
Che sciocco a non averci pensato prima, aveva proprio a portata di mano una bella tovaglia che poteva fare al caso suo.<br />
Ma mentre si apprestava a stendere quella in alto sul pennone, il marinaio lo fermò.<br />
- La bandiera è una cosa seria. E' più che un pezzo di stoffa: racconta da dove la vostra barca parte per andare dove volete arrivare.<br />
Armando lassù appeso si fermò senza annodarla, mentre il marinaio gli faceva una proposta da basso.<br />
- Contadino, posso procurarvi io la miglior bandiera per questa vostra impresa, sempre che voi vi fidiate delle promesse di un marinaio.<br />
- Ma certo che mi fido, ogni singolo pezzo di questa nave è lì perché l'ho sentito nominare nei racconti di qualcuno, io il mare non l'ho mai visto e voi sapete il fatto vostro. Sarà bene accetto il vostro aiuto.<br />
- Allora lasciate passare ancora questa notte, domani mattina avrete la vostra bandiera in mezzo al campo di cipolle, così che potrete finalmente navigare.<br />
Il contadino fece cenno di si con la testa ed i due si separarono.<br />
Passò così ancora una notte.<br />
<br />
- Oggi è un giorno straordinario! Sono pronto a prendere il largo.<br />
<br />
Armando uscì di casa - che ormai erano quattro assi in croce, dopo che aveva utilizzato tutto quello che aveva per costruire la nave - e si precipitò nel campo di cipolle con il cuore in gola, ma ciò che vide non gli sembrò proprio la soluzione al suo problema: al centro del campo c'era un fazzoletto, ma della sua piccola nave neanche l'ombra.<br />
<br />
<br />
Lo riconobbe subito, avendolo notato il giorno prima al collo del marinaio.<br />
- Sporco ladro vigliacco! Mi avete portato via la nave e lasciato solo un fazzoletto per asciugarmi le lacrime!<br />
Armando era arrabbiato, serrava i pugni colpendo quel quadratino di stoffa che gli era valso interi mesi di lavoro.<br />
Trattenne a forza le lacrime per non darla vinta al marinaio.<br />
Strano che tra tutte le cose che si era fatto raccontare da chi veniva da lontano, non avesse mai sentito l'espressione: promesse da marinaio.<br />
- Questo adesso ve lo farò ingoiare!<br />
Si cacciò il fazzoletto in tasca e partì per andare verso il porto.<br />
- Se volete prendere il largo con la mia nave, lo dovrete fare passando sul mio cadavere.<br />
Corse come spinto dal vento, corse così tanto senza sapere neanche dove andare: il mare era ancora tanto lontano.<br />
Passò tutti i suoi campi, quelli del vicino Samuele e della tenuta del vecchio Clodoveo, scoprì così che al di là di questi ce n'erano tanti altri che lo separavano dal porto, così tanti che cominciò a chiedersi come avrebbe fatto a raggiungerli con quella nave che aveva tenuto ormeggiata fino al giorno prima nel suo campo di cipolle.<br />
<br />
Poi alla fine ecco il mare!<br />
Quanta acqua in quello, che si perdeva oltre l'occhio, che si agitava, andava e veniva, che non ci potevi camminare sopra, non potevi avere equilibrio, non valeva la pena di farselo raccontare.<br />
Il mare non può essere descritto tanto è grande.<br />
Non ci sono parole abbastanza lunghe o abbastanza profonde per renderne l'idea.<br />
<br />
Armando chiese a tutti se qualcuno avesse visto la sua nave, ma ad ogni marinaio che descriveva il vascello si sentiva rispondere con delle grasse risate.<br />
- Panche della mensa come travi per lo scafo?<br />
- La ruota del carro come timone? Bella questa.<br />
- Ahahahah non riesco a smettere di pensare al sestante fatto con le forchette… e all'aratro come polena!<br />
Tutti quelli, invece di dirgli se e dove avessero visto la sua nave, di rimando lo avevano preso per un giullare che raccontava una storia davvero divertente: quella di un contadino che voleva navigare con la sua nave fatta di pezzi sparpagliati.<br />
Così decise che se voleva trovare quel ladro che gli aveva fatto questo, era meglio stare zitto.<br />
Non parlare della nave.<br />
Far vedere solo quell'indizio che gli era rimasto in tasca.<br />
<br />
Il fazzoletto del marinaio.<br />
<br />
- Sai che quello sarebbe più appropriato portarlo al collo che stretto in mano? Sei in un porto marinaio, c'è una certa etichetta che ci contraddistingue.<br />
Gli disse l'ennesimo uomo di mare, che vedendolo passare tra le barche a mostrare il fazzoletto si interessò alla sua causa.<br />
- Voglio trovare l'uomo che mi ha rifilato quest'affare!<br />
- Beh! E' un fazzoletto da marinaio, per cui lo dovrai cercare in mare. Arrotolalo così, poi mettilo intorno al collo… ecco bravo… facciamo un nodo bello stretto, ora sei pronto per navigare.<br />
<br />
Armando si imbarcò sulla prima nave che stava salpando dal porto: direzione mare aperto!<br />
Cominciò così a solcare tutti gli oceani, portando sempre con fierezza quel fazzoletto, quasi fosse una bandiera da voler a tutti mostrare.<br />
<br />Davide Ragonahttp://www.blogger.com/profile/01732204475042131846noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-5836450444365884255.post-4631970237382823152012-10-06T13:13:00.000+02:002013-05-23T17:48:40.304+02:00L'albero degli impiccati - (carte estratte: 21 20 17 16 12 - tiraggio di Marina P. - Paolo L.P. - Adriana M. - Luca O. - Samuela C.)<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-Fz6Que9z8ZM/UZ45xT4MjZI/AAAAAAAAAbQ/aOWRmbVozOA/s1600/21+20+17+16+12.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="188" src="http://1.bp.blogspot.com/-Fz6Que9z8ZM/UZ45xT4MjZI/AAAAAAAAAbQ/aOWRmbVozOA/s640/21+20+17+16+12.jpg" width="540" /></a></div>
<br />
<br />
PROLOGO. IL VIAGGIATORE<br />
<br />
Giunto finalmente al limitar del villaggio, il Viaggiatore si fermò, poi si levò il cappello e si sedette su una pietra larga e bassa non sapendo più come procedere.<br />
Riprese fiato per un attimo. Ne aveva fatta di strada per raggiungere quei luoghi, ancora un ultimo sforzo e avrebbe raggiunto l'albero degli impiccati sotto a cui cresceva rigogliosa la mandragora.<br />
Che quelle strade fossero a lui sconosciute, lo si capiva da come si guardava intorno, poi si rimise in piedi ed entrò nel paese.<br />
La mandragora che rende fertili, sarebbe stata prima o poi sua.<br />
<br />
<br />
I. I 3 DESIDERI<br />
<br />
- Che strada devo percorrere, buona donna, per raggiungere l'albero degli impiccati?<br />
<br />
Il viaggiatore chiese interessato, ad una donna in evidente stato interessante.<br />
Non che a lui ciò davvero interessasse - il fatto che quella fosse incinta intendo - concentrato com'era a raggiungere la sua meta: diventar lui stesso fertile. In qualsiasi caso le donne gravide gli avevano sempre dato un senso di sicurezza facendolo sentire a casa.<br />
<br />
- Non vorrei sbagliare, gentile Viaggiatore, ma se voi proseguiste costeggiando ad est il torrente… il torrente… - Strinse un occhio. - No! quella è la strada per il cimitero…<br />
La donna si guardava intorno, come se prima o poi dall'orizzonte, uno di quegli impiccati le potesse fare un cenno con la mano, indicandole la giusta via.<br />
Fece entrambi gli occhi a fessura parandosi il sole con la mano tesa sulla fronte.<br />
- No… era per di là. - Indicò con l'altra mano. - Si! in fondo! In fondo…<br />
Poi aggiunse.<br />
- Viaggiatore, la prego, so che di sicuro è sconveniente chiedere a voi che a me avete chiesto, ma vedete come mi vien da ragionare male… da quando sono con questo pancione, mi capita che son diversa… certo che se voi poteste aiutarmi in tre piccole questioni, credo proprio che la mia ragione potrebbe ritornare: potrei allora indicarvi di sicuro la via più comoda per raggiungere l'albero degli impiccati.<br />
<br />
Ecco ci risiamo, quella aveva fatto tutto da sé, e da che il Viaggiatore aveva una via bella e sicura per andare a raccogliere la mandragora, l'aver chiesto alla persona sbagliata lo stava già portando fuori rotta.<br />
- Maledette donne incinte! che da figlio mi viene come un senso di ricatto e non so dirgli subito di no. - Pensò il Viaggiatore che non poté fare a meno di farsi da solo discorsi in testa, di ritrovarsi ad ascoltare quali strambe richieste quella aveva da fargli, e prima che lui provasse a dire "si", "no", "forse" o "perché mai?", la donna stava già snocciolando i suoi tre desideri, manco il nostro fosse il genio della lampada.<br />
<br />
- Vedete buon uomo come sono imprecise le mie idee, ma è la fame a farmi dire tale sciocchezze: se voi poteste trovarmi una buona mela da addentare, sono sicura che la memoria mi tornerebbe al primo morso.<br />
<br />
Si, una mela come quella che morse il giorno in cui si trovò con quel fagotto appeso sul ventre, per un istinto - quello della madre - che arriva a volte per vie sorprendenti.<br />
<br />
- Mia cara signora, son qui per questioni importanti, vi porterò la mela che chiedete, ma poi lasciatemi libero di chieder a qualcun altro.<br />
- Non preoccupatevi mio caro, perché dopo aver mangiato, la via da raccontarvi mi sarà chiara. Certo che allora avrò sete, e dovrò chiedervi di portarmi da bere dell'acqua fresca.<br />
La donna sembrava non cedere a quello che trovava un suo diritto: arrivare in fondo a tutti e tre i desideri, così proseguì.<br />
- Pensate quanta strada risparmiereste se oltre alla mela mi portaste anche l'acqua, e con un solo tragitto già due ne avrete esauditi.<br />
<br />
Il Viaggiatore non sapeva bene come, né perché, ma gli sembrava di aver preso almeno l'impegno di recuperare il frutto, tanto che fece per muoversi tosto, per togliersi questo peso e liberarsi dalle attenzioni di quella donna appiccicosa, ma lei lo riacchiappò per la manica: non aveva ancora detto quale fosse il suo terzo desiderio.<br />
- Com'è siete gentile… spero proprio che il mio marmocchio sia tale e quale a voi una volta nato… come vi chiamate?<br />
- Non ho nome. - Tagliò secco il Viaggiatore, sicuro di non dare un'ulteriore appiglio a quella ed essere così svincolato dalla terza richiesta.<br />
- Ecco bravo, avete proprio ragione! Anche a me è successo così… - quella aveva una lingua che non perdonava, come una frusta - stavo proprio cercando anche il nome. Vi spiego meglio…<br />
Il Viaggiatore si arrese ed ascoltò anche quella storia.<br />
<br />
- L'altro giorno ho messo il nome del bambino sulla cassapanca che mi lasciò in dote la mia povera mamma, colpa mia! lo ammetto! a metterlo in un posto così cosa vuoi che ti possa accadere se non che poi lo vai a perdere. Ho rimesso a gambe all'aria tutta la stanza, ho guardato sotto il letto, sotto la stessa cassapanca, in tutti i cassetti uno per uno… ma niente! ho pensato alla fine che fosse stato portato via dal vento: la finestra era aperta.<br />
<br />
<br />
II. E' TUTTO MIO CIO' CHE HO<br />
<br />
Dopo che tutte quelle parole gli avevano scompigliato i pensieri ed i capelli, finalmente poté concentrarsi su quello che gli era stato chiesto.<br />
Trovare una mela, portare dell'acqua e ultima ma più complessa e bizzarra di ogni richiesta che aveva mai sentito farsi in tutta la sua vita, recuperare il nome perduto.<br />
<br />
L'assurdità di quell'ultima lo spinse a dubitare dell'integrità della donna, tutta la mente a posto non doveva avere, decise così di sbrigarsela al più presto e raggiunto il mercato recuperò una mela, tra le tante scelse la più piccola che poté trovare, pensando che così la donna gravida avrebbe fatto più in fretta a mangiarla e si sarebbe decisa prima a vuotare il sacco.<br />
Certo, con tutta quella gente lì intorno avrebbe potuto chieder a chiunque dove fosse il suo tanto sospirato albero, ma certe cose è meglio non si sappiano troppo in giro, e come un ragazzino che ha le mani sporche di miele, era reticente a mostrare a chicchessia il proprio palmo.<br />
<br />
L'albero degli impiccati per lui era una manna, perché sapeva bene ciò che solo lì vi poteva trovare.<br />
La mandragora è una pianta miracolosa che nasce dallo sperma.<br />
Ma quello sperma deve essere particolare: solo dalle gocce prodotte da un morto impiccato può nascere la pianta dalle mille virtù, che rende fertili anche coloro i quali non lo sono mai stati.<br />
Certo, tutto quello che gli stava capitando non incoraggiava di sicuro il viaggiatore a proseguire il suo percorso verso la paternità, pensando che poi avrebbe dovuto fare i conti con tutti i capricci della sua consorte.<br />
Era il pesante senso di responsabilità a muoverlo, il sapere di essere un tassello del tutto lo faceva sentire al tempo stesso vittima e carnefice di quella scelta, e mentre teneva in mano stretta quella mela, piccola come da quelle parti forse non se ne erano mai viste, gli venne in mente per un istante come già quella storia fosse stata raccontata ormai troppe volte in molti modi: perché se fu una mela ad incastrare Adamo, era una mela che in questo momento lo teneva così lontano dalla sua meta.<br />
Decise allora di contravvenire all'accordo: avrebbe ricattato quella signora con quel piccolo frutto, se lei lo voleva gli avrebbe dovuto dire la strada per l'albero una volta per tutte.<br />
Dell'acqua e del nome, quella ne avrebbe dovuto fare a meno.<br />
<br />
<br />
III. CON I PIEDI PER TERRA<br />
<br />
Quando la donna lo vide, cominciò a sbracciare da lontano e lui con fare deciso le si fece vicino, tirò fuori la mela e la tenne il più in alto possibile, come se lui stesso fosse un albero da cui doverla cogliere.<br />
<br />
- Ora basta non ho intenzione di andare oltre con questa inutile farsa, o mi dite qual'è la strada che devo percorrere per giungere all'albero degli impiccati, o questa mela non troverà mai la strada verso il vostro stomaco.<br />
<br />
E così dicendo si levò sulle punte per rendere ancora più difficile il coglierla. La donna cominciò a saltargli tutto intorno.<br />
<br />
- Voi siete proprio un ragazzaccio, che mi dovete far saltare nelle mie condizioni.<br />
Stranamente quella sembrava divertirsi e guardava il viaggiatore con tutto l'amore che solo una madre può aver negli occhi, come se nulla potesse scalfire la sicurezza di sapere che alla fine tutto sarebbe andato come doveva andare, sia che l'uomo le avesse posto la mela ad altezza normale, sia come in quel caso, che ci volesse mettere un po' più di pepe per aumentarne lo sforzo.<br />
<br />
- Forza! fuori quello che voglio sapere...<br />
Ed anche lui fece un salto, per alzare ancor di più la mela e la posta in gioco.<br />
Fu proprio in quel preciso istante che una cicogna che passava da quelle parti a volo radente, trafisse come fosse una freccia quella piccolissima mela, lasciando entrambi i due senza un solo fiato.<br />
<br />
Poco dopo la donna, facendosi una grossa risata indicò l'uccello che aveva raccolto il suo primo desiderio.<br />
Ora era in cima alla torre delle prigioni.<br />
<br />
L'animale si adagiò con calma nel proprio nido, con quella mela infilata nel becco, e ripiegandosi su se stesso sembrò mettersi fin troppo comodo.<br />
<br />
- Ecco la giusta medicina alla vostra bella pensata!<br />
Concluse la donna indicando la torre e continuando a farsi ancora tante sonore risate.<br />
Il viaggiatore a dire il vero non riuscì ad arrabbiarsi se non con se stesso, in fondo se l'era proprio cercata questa situazione: gli sarebbe bastato recuperare una mela, un bicchiere d'acqua ed un nome improvvisato e se la sarebbe sbrogliata con molta meno sofferenza.<br />
Ma a dire il vero si sa che se non ci sbatti il naso, non puoi sentir dolore.<br />
<br />
- Va bene donna, vorrà dire che vi troverò un'altra mela, un bel bicchiere d'acqua e guarda caso sulla via del ritorno, scorgerò sotto qualche sasso il nome che vi siete lasciata sfuggire dalla finestra.<br />
La donna lo guardò mentre si allontanava, poi da dietro gli disse:<br />
- Un'altra mela? e perché non quella? da lassù sarebbe più facile poter scorgere all'orizzonte l'albero che così tanto volete trovare.<br />
Il viaggiatore che già si stava dirigendo al mercato, dette un'occhiata a quell'alta costruzione, poi girò sui tacchi e sbuffando se ne andò verso le prigioni.<br />
<br />
<br />
IV. LA TORRE<br />
Beh! nessuno ha mai sostenuto che trovare ciò che si vuol davvero, sia cosa facile e senza contrattempi - gli venne da pensare al viaggiatore mentre era già a metà strada appeso sul versante della torre - e poi fatta questa, la Mandragora troverà davvero posto nelle mie tasche.<br />
<br />
A guardarlo dal basso poteva sembrare un ragno male in arnese, perché la professione di camminare in verticale, proprio a quel viaggiatore non gli si addiceva.<br />
Certo nelle prigioni non sarebbe, né avrebbe, voluto entrare e di nuovo quella più bizzarra gli sembrò l'idea più facile da realizzare: scalare la parete per cogliere l'uccello nel sonno, così da riportare definitivamente quel frutto a terra.<br />
<br />
Era vero quello che aveva detto la donna, da lassù si dominava il panorama intero, ma a dirla tutta dell'albero degli impiccati non ne vedeva traccia; forse era dal lato opposto e deciso com'era ormai a recuperare quella mela, pensò che la cresta della torre che era poco oltre il nido di quell'animale sarebbe stato un ottimo punto d'osservazione.<br />
Mancava davvero poco e cominciò a spingere con più vigore, risalendo dall'esterno quella prigione, fermandosi di tanto in tanto per assicurarsi che nessuno da basso lo indicasse con la punta dell'indice, destando magari i sospetti delle guardie che facevano la ronda.<br />
Ancora poco perché ormai c'era quasi, la cicogna nemmeno se lo poteva immaginare che tra qualche istante, un viaggiatore le avrebbe fatto visita, liberandole il becco da quel per lei ingombrante attrezzo.<br />
<br />
Così giunto finalmente alla lunghezza giusta di un braccio dal becco, il viaggiatore aprì la mano in un ultimo delicato sforzo e ancor prima che la potesse serrare intorno al frutto, sentì una mano che gli si serrò a sua volta attorno al polso.<br />
<br />
- Eccolo qui il nostro secondo ladro, volevi farla franca te ed il tuo amico?<br />
- Ma di che state parlando messere?<br />
Cercò di chiedere il viaggiatore in quella stupida situazione, appeso ormai com'era alle cinque dita della guardia che dalla feritoia lì appresso lo aveva colto in flagranza di reato.<br />
- Che il prigioniero avesse tutte le intenzioni di darsela a gambe ci era chiaro sin da subito, ma lo facevamo ben più furbo che avvalersi di uno strampalato complice fuor dalla finestra.<br />
<br />
E così dicendo, la guardia tirò nell'oscura pancia della torre quell'inetto.<br />
<br />
<br />
V. IL PRIGIONIERO<br />
<br />
Lo buttarono in una cella spoglia e fredda, sguarnita di qualsivoglia cosa a parte un pagliericcio che gli doveva fungere da letto.<br />
E furono così tante le lacrime che cominciò a versare, che gli venne da subito in mente di farle colare tutte sul palmo della sua mano per ficcarsele in tutta fretta in tasca: quella sarebbe stata l'acqua da portare alla donna, perché non ne poteva più di andar contro il volere dei tre desideri, che pareva proprio che ogni volta che continuava a rimanere aggrappato a quella storia, tutto dovesse andare nel peggiore dei modi.<br />
La mela fece presto a cacciarsela anche quella in tasca, perché fortuna volle - e tanta altra gliene doveva servire per uscire da quella ingiusta situazione - che la cella in cui l'avevano sbattuto, dava proprio sul nido della cicogna.<br />
<br />
- Hei tu! la finisci di piagnucolare? Non sei mica un lattante al primo malaffare…<br />
<br />
La voce giunse dalla cella confinante: era quella dell'altro ladrone!<br />
Il viaggiatore si avvicinò alle fredde sbarre, ma non poteva vederlo in viso, visto che le celle affiancate non permettevano ai due di osservarsi a vicenda.<br />
<br />
- Sei tu quello che vuole fuggire?<br />
Chiese il viaggiatore, sentendosi giustamente rispondere da una fragorosa risata.<br />
- E chi non vorrebbe fuggire? Forse non era una domanda rivolta a me, caro il mio vicino di cella… forse tu stesso sei quello che brama di uscire da tutta questa situazione. L'ho già capito che questi non sono luoghi per te.<br />
- Ti prego aiutami a venirne fuori!<br />
- Bella questa! ti sei fatto catturare facendo credere a quelli che tu fossi un mio astuto complice venuto per liberarmi, mentre invece ora sono io che dovrei permettere la tua fuga?<br />
Disse il ladro.<br />
<br />
Beh! effettivamente era una situazione a gambe all'aria, tutta al rovescio e tutta sbagliata, ma doveva pur esserci un modo furbo per poter darsela a gambe.<br />
- Io so come uscir di qui!<br />
Disse all'improvviso il ladro ed il viaggiatore tese con molta attenzione l'orecchio al suo compagno di prigionia, aspettandosi una qualche sorprendente rivelazione, ma quello che il ladro gli disse, pareva tutto tranne che un buon piano.<br />
- Vedi questo muro che ci separa, ha quattro mattoni che si possono sfilare.<br />
Così dicendo il ladro li tirò via e sbucò con la testa nella cella del viaggiatore.<br />
- Ora oltre a parlare a quattro occhi, basta che io venga di lì e tu di qui, per ottenere tutto ciò che vuoi.<br />
<br />
Caro lettore, io che sono qui tranquillo e seduto fuori da questa situazione, non avrei accettato al primo istante quella proposta che sembrava tutto fuorché una buona via di fuga.<br />
Che differenza poteva esserci a cambiar di stanza soltanto?<br />
Ma la differenza c'era eccome perché quando il viaggiatore si trovò nell'altra cella e se ne andò alle sbarre che davano sulla parete esterna, finalmente scorse da quella nuova posizione, il grande albero al quale venivano appesi tutti i criminali.<br />
<br />
- Eccolo finalmente!<br />
<br />
Tornò alle sbarre che davano sul corridoio, per confidare al ladro tutta la sua allegria nel saper che ora non gli serviva più trovare il nome, se fosse riuscito ad uscir da lì, poteva raggiungere l'albero senza dover tornare da quella pazza e dalle sue assurde voglie, che per lui ormai erano diventate una peggior prigione di quella in cui era incastrato adesso.<br />
Da lì poteva calarsi se avesse avuto una corda abbastanza lunga, perché a differenza della parete che aveva scalato per far quel viaggio sino in cima alla torre, da quella parte era molto più liscia e non offriva appigli.<br />
<br />
- Mi serve una corda abbastanza lunga per potermi calare giù da questa situazione.<br />
Chiese il viaggiatore al misterioso ladro che stava ora in quella che prima era stata la sua di cella.<br />
- Se è solo questo che ti basta, stai pur tranquillo che la corda te la procuro senza problema... per ringraziarti di aver permesso la mia fuga.<br />
<br />
Il viaggiatore finalmente avrebbe ottenuto ciò che gli spettava, e cominciando dalla corda, la mandragora sarebbe stata finalmente ai suoi piedi.<br />
<br />
<br />
VI. LA CORDA E' SEMPRE TROPPO CORTA PER FUGGIRE<br />
<br />
Giunse così la mattina successiva ed i due che si erano scambiati di posto, si svegliarono all'unisono stiracchiandosi come alla specchio.<br />
<br />
- Oggi ce ne andremo.<br />
Disse il ladro, mentre il viaggiatore non toglieva gli occhi di dosso all'albero, da quella posizione poteva appuntarsi mentalmente il percorso tra l'intreccio di vie del paese, così da poter arrivare senza ulteriori intoppi alla sua meta.<br />
Lo distolse da quelle osservazioni, il rumore pesante del chiavistello, la porta della cella si aprì e lui non fece neanche in tempo a girarsi che un sacco di iuta gli finì sulla testa a mo' di cappuccio, poi mani forti lo strinsero e lo sollevarono da terra, portandolo fuori dalla cella.<br />
Così come aveva promesso il suo compagno di cella, si ritrovò sui polsi la corda che aveva chiesto, ma gli ci volle davvero poco per capire che quella era troppo corta per fuggire.<br />
Le guardie erano venute per impiccarlo credendo fosse il ladro, e mentre lo portavano via lasciarono aperta la porta della cella dalla quale appena si calmarono le acque, il ladro con tutta calma poté sfilare i quattro mattoni, tornarsene nella sua vecchia cella e darsela a gambe dalla porta principale.<br />
<br />
Il viaggiatore, con la mela e le lacrime in tasca, ripercorse mentalmente la via di fuga che aveva imparato a memoria e a dire il vero non fu per niente contento di realizzare che quegli energumeni la stavano percorrendo perfettamente come lui se l'era immaginata.<br />
Per la prima volta si sentì completamente affranto di raggiungere senza grande sforzo il luogo dove sin dall'inizio avrebbe voluto essere, e se è vero che mai cosa aveva desiderato di più se non poter cogliere la mandragola, senti tutto di colpo che ne avrebbe questa volta fatto volentieri a meno.<br />
<br />
- Lasciatemi! sono innocente! Avete sbagliato persona!<br />
Continuava a gridare alle guardie, ma quelle non ci facevano neanche caso, perché fin troppe volte avevano sentito quelle parole da un prigioniero.<br />
Del resto come ben aveva detto il ladro chi è che non vuol prima o poi fuggire.<br />
- Posso provarlo, guardatemi in tasca, ho una mela e dell'acqua da dare ad una donna incinta che solo me sta ad aspettare.<br />
Ma quelli non fecero caso a nessuna delle sue recriminazioni.<br />
Per tutti la strada è la stessa, e da quell'anello ci se deve passare, non importa quanto ancora vuoi stare tranquillo, quanto ancora vuoi legarti ad una corda ben più lunga.<br />
<br />
Sull'albero degli impiccati ci si trovò presto, lo fecero salire su una particolare forca, che aveva solo la base con botola al centro, il collo invece gli venne tirato dalla corda appeso ad un ramo.<br />
Senza poter vedere più nulla, per il sacco che aveva in testa, cominciò a sentir con le orecchie la gente che gli si faceva tutta intorno, tra questi c'era anche la donna dei tre desideri, venuta sin sotto l'albero per ricevere dal viaggiatore ciò che le spettava: una mela, dell'acqua ed un nome.<br />
<br />
<br />
VII. LA MELA<br />
<br />
L'amore è un sentimento serio, che diventa allegro tra le lenzuola.<br />
Entrambi lo sapevano bene.<br />
Il loro amore era nato da poco, acerbo come una mela non ancora pronta a cascar dal ramo, e si ritrovarono a parlar di cosa potevano essere nove mesi nella vita di un genitore.<br />
Ne parlarono per anni, non riuscendo mai a viverli.<br />
In ognuno di quei discorsi mettevano tutte le ipotesi, tutte le congetture e i rimedi che riuscivano ad immaginarsi.<br />
Perché quel bimbo tanto desiderato non arrivava? Dove era finito? Forse sperso come un seme nel torsolo, in quel viaggio lunghissimo stava ancora cercando la strada.<br />
Fu allora che sentirono parlare per la prima volta della Mandragora, la pianta miracolosa che cresce ai piedi degli impiccati.<br />
Quel viaggio poteva esser la loro salvezza, così quel bel ormai marito si avvio nelle profondità della moglie, dandole tutto ciò che aveva con sé: le cassapanche, le uovo, le lenzuola allegre e la Mandragora.<br />
Di fronte a loro un lungo cammino si aprì, che dal di fuori portava al di dentro per poi ritornare a galla in un'altra forma.<br />
Al primo morso, tutto cominciò.<br />
<br />
<br />
VIII. L'ACQUA<br />
<br />
- Non potete farmi questo! io non sono quel maledetto ladro traditore!<br />
<br />
La gente quelle parole le aveva sentite ormai fin troppe volte, tanto che quasi divertita fremeva impaziente, aspettando con l'orecchio teso la melodia della corda tesa, che fa ballar tutti quelli che nell'ultimo soffio vitale, cominciano a danzare tra gli spasmi dati dal collo appeso.<br />
- Chiedetelo alla donna che mi ha spedito a fare questo viaggio, a lei e a quei suoi stramaledetti tre desideri. La mela, controllate, ce l'ho qui in tasca! anche l'acqua! misericordia!<br />
E tra le lacrime sotto al sacco e quelle in tasca, si insinuò presto lo scroscio di una pioggia torrenziale che inondò tutto il paese ed i suoi dintorni.<br />
La donna incinta per il dolore si piegò e lei stessa dette il via alle sue proprie acque, che copiose cominciarono a rigarle le cosce, il bambino stava nascendo, tra gli strilli della folla che cominciò a chiamare forte la morte.<br />
<br />
<br />
IX. IL NOME<br />
<br />
- Astolfo! Astolfo! Astolfo!<br />
In un infinita cantilena, dopo ben due errori compiuti dal nostro viaggiatore (la mela sbagliata e l'acqua fraintesa), tutti lo chiamarono con un nome non suo.<br />
Astolfo era un ladro, forse un assassino, di sicuro un uomo dalla dubbia morale, che non esitava a buttar sulla forca un viaggiatore alle prime armi.<br />
Non ci si può improvvisar viaggiatori, lo si deve essere per mestiere, con il tempo si acquisiscono le basi e via via tutte le tecniche che ti portano lontano.<br />
<br />
Andata e ritorno sono la stessa cosa, due viaggi incrociati che possono passar dallo stesso centro o forse non sfiorarsi nemmeno.<br />
<br />
Eccolo il nome! ora hai un nome!<br />
<br />
Non è tuo perché te l'hanno dato… e per quanto il viaggiatore si ribellasse all'idea di doversi chiamare Astolfo, capiva via via che non c'era niente da fare, che l'appuntamento con la forca non poteva più esser rimandato.<br />
<br />
- Quanto dolore nella mia pancia, tenetemi la mano che mi pare di avere un temporale nel corpo.<br />
Disse la donna accasciandosi a terra. Le si fece tutto intorno un capannello, che fece voltare tutti quanti dalla vista dell'impiccato.<br />
Le cosce aperte, la vagina un fiore, da cui si poteva scorgere un ciuffo di capelli che si facevan strada.<br />
- Lo voglio chiamare Astolfo, questo sarà il suo nome che cucirò sulle lenzuola appoggiate sulla cassapanca, vicino alla finestra. Ma lenzuola pesanti per affrontare questo inverno, pesanti così che il vento non le possa portare via un'altra volta.<br />
<br />
Poi la donna gridò e con enorme sforzo, mentre la botola si apriva facendoci passare in mezzo il viaggiatore, dall'altro lato Astolfo venne fuori.<br />
<br />
E' nato!<br />
<br />
I piedi appesi e ciondoloni, il bimbo venne sputato fuori da tutte quelle storie, da tutte quelle notti passate in piedi a raccontarsi i nove mesi che rendono felici i genitori.<br />
<br />
<br />
EPILOGO. LA MANDRAGORA<br />
<br />
Astolfo amava viaggiare, per troppo tempo era stato prigioniero nella torre.<br />
Guardava ora il mondo come se fosse la sua prima volta, si fermò, poi si levò il cappello e si sedette su una pietra larga e bassa non sapendo più come procedere.<br />
Tra sé e sé si disse - Chiederò a qualcuno che mi indichi la strada.<br />
<br />
Fu in quel preciso istante che gli si avvicinò una donna che incuriosita domandò:<br />
- Come vi chiamate messere?<br />
Astolfo incontrò il suo sguardo.<br />
- Sono un viaggiatore, a cui hanno dato uno dei tanti nomi possibili.<br />
Poi si alzò da quella pietra larga e bassa, e seguendo una precisa traiettoria si avvicino agli occhi di quella splendida ragazza.<br />
- Mia signora... volete aiutarmi a trovare un nuovo nome?<br />
<br />
Poi i due si allontanarono insieme per andare a raccogliere ancora una volta la Mandragora.Davide Ragonahttp://www.blogger.com/profile/01732204475042131846noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5836450444365884255.post-12355989599324719332012-09-22T15:23:00.002+02:002013-05-23T17:45:36.620+02:00I tre discorsi - (carte estratte: 10 15 5 - tiraggio di Alice D.)<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-geET_uVWBK8/UZ45kvQBwLI/AAAAAAAAAbI/E1FPb8DlyvE/s1600/10+15+5.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://1.bp.blogspot.com/-geET_uVWBK8/UZ45kvQBwLI/AAAAAAAAAbI/E1FPb8DlyvE/s1600/10+15+5.jpg" /></a></div>
<br />
<br />
- Perdonami! Non è come sembra!<br />
<br />
Quale peggior inizio se non quello di cospargersi il capo di cenere con un adagio fin troppo conosciuto?<br />
Essere umile è una buona cosa, ma ad Alarico questa umiltà spicciola portò così tanti bei grattacapi, che probabilmente la prossima volta ci dovrà pensar bene a tener a freno la lingua.<br />
Non che in un qualche modo ciò non se lo fosse cercato, poiché basta un piccolo tradimento per rendere ogni "perdonami" una lama a doppio taglio.<br />
A lui che da sempre aveva detto di amar Giulietta - e vi dico invero che più e più volte glie lo aveva anche dimostrato - gli bastò un solo piccolo, lieve, pallido "quasi tradimento", per ritrovarsi ormai senza più bussola, annaspando in un ambiguo "perdonami" davanti agli occhi ormai folgoranti della sua consorte.<br />
Che poi detto tra noi, tutto ciò forse non era davvero così grave come poteva sembrar da fuori: quel bacio traditore Alarico mica lo aveva dato, lo aveva ricevuto!<br />
Ma quanto e difficile farlo capire ad una moglie?<br />
<br />
Alarico come fosse stato di carta, era strappato da tutto quel rimorso, così per avere un consiglio fece visita ad un vecchio saggio di cui aveva sentito parlare dalla zia della cugina dell'amico del parente di qualcuno.<br />
Con gran fiducia si presentò alla porta del vecchio.<br />
Bussò sullo stipite perché la porta in quella catapecchia non c'era e poi entrò.<br />
In che posto bizzarro era finito: una sola stanza con centinaia di cianfrusaglie ammassate in ogni dove, cataste di oggetti che nella penombra formavano una sorta di paesaggio.<br />
Alarico viaggiando con gli occhi, percorse montagne di secchi, legni, spade e guanti, per poi passare alle colline di drappi e colabrodo, di libri e piume d'oca, giù fino ad arrivare alle pianure di tappeti, croci, bicchieri e mattoni rotti. In mezzo a tutto quel panorama, vi era un vecchio seduto davanti ad un piccolo fuoco acceso sul camino basso e quadrato, che si stava preparando una qualche brodaglia scura.<br />
- Prego accomodati giovane... non aver paura.<br />
Gli fece segno con la mano il saggio.<br />
Alarico masticò un grazie e si appoggiò per terra, poi cominciò subito a buttar fuori le parole: aveva bisogno di trovar al più presto un rimedio alla sua condizione.<br />
- Maestro! Vecchio! Saggio! mi aiuti! non so più cosa devo dire a Giulietta, che quella non vuol sentir più alcuna ragione, parola o quant'altro che mi esca dalla mascella!<br />
Il saggio ascoltava.<br />
- Son giorni e giorni che non vuol capire che quel bacio io non l'ho neanche mai lontanamente desiderato: c'è solo lei, mia moglie! nella mia zucca… qua dentro!<br />
E si batteva il pugno sulla testa con tal vigore, come a voler calcare maggiormente la mano su quel concetto.<br />
- Cosa devo dire a Giulietta per farle capire che ho solo lei nel mio cuore? che voglio esser perdonato? perché quello che ciò che ha visto non è quello che sembra…<br />
<br />
Dopo tutto questo sfogo - devo dir la verità un po' sconclusionato poiché vittima dell'urgenza - il vecchio che per tutto il tempo aveva continuato a mescolare la sua brodaglia nera, si pronunciò.<br />
- Semplice figliolo! in ogni discorso che si fa, ci deve sempre esser il vero, per cui tu di fronte alla tua bella Giulietta devi dirle: Perdonami! Non è come sembra!<br />
- Ah bel saggio che siete! - disse di rimando Alarico. - Come se io finora non ci avessi provato, proprio quelle son le parole che le ho detto e ridetto: Perdonami! Non è come sembra!<br />
Il saggio sorrise.<br />
- Ben fatto! allora sei a metà del percorso.<br />
Il vecchio si alzò in piedi e senza perder troppo tempo si tuffò nelle sue montagne di cose, tanto che Alarico da seduto a terra, ruzzolò sulla schiena per lo spavento, ma appena ritrovò l'equilibrio e si rimise in piedi, il vecchio riemerse tenendo nella mano, alta verso il cielo come fosse Excalibur, una spada forgiata bene.<br />
- Ti serve una spada quando cerchi il perdono! - il saggio la porse al giovane, poi aggiunse - Ora vai! Fanne buon uso e dopo aver detto "Perdonami! Non è come sembra!" vedrai che si sistemerà tutto.<br />
<br />
- Bella trovata questa! - continuò a pensare per tutto il tempo Alarico mentre faceva ritorno verso casa. - Quello è un saggio e non può mica sbagliare.<br />
Così il ragazzo, con la testa che non gli faceva più male avendo le mani impegnate a regger la spada invece che a darsi pugni in testa, giunse sulla soglia di casa.<br />
Giulietta appena lo vide da oltre la finestra, non perse tempo e gli si parò dinanzi. Alarico era pronto, levò in alto la spada e con tutta l'aria che aveva nei polmoni disse:<br />
- Perdonami! Non è come sembra!<br />
<br />
Giulietta - devo dir la verità - ebbe un minimo di esitazione e quando Alarico si fece sorridente pronto a ricevere da lei un forte abbraccio, si ritrovò con cinque dita color del fuoco sulla guancia.<br />
- Sporco vile traditore! Dopo quello che hai combinato, vieni qui a dettar legge! Hai deciso di passare alle minacce dirette… cosa vuoi? Darmi altre ferite oltre a quelle già profonde che hai lasciato sul mio cuore?<br />
Il giovane pareva una statua a cui al solo viso era concesso di cambiare forma, poiché dal sorriso passò in rassegna tutte quelle emozioni non gradite, di chi carico di buone intenzioni capisce all'improvviso di trovarsi nel punto più lontano rispetto alla propria meta (e non ha metà del percorso come quel vecchiaccio gli voleva far intendere).<br />
Le parole di Giulietta man mano diventavano più indistinte, mentre Alarico si trovò a pensare che quel diavolo di saggio, lo aveva messo in una situazione ben più grave rispetto al suo punto di partenza.<br />
Girò sui tacchi continuando a tener alta la spada, mentre pian piano gli insulti di Giulietta calavano d'intensità: non perché quella si fosse calmata, ma perché la distanza che via via li andava a separare, li tramutava in un brusio lontano fatto di "bla bla".<br />
<br />
- Bene! la spada faccio che tenerla in alto per tutta la strada del ritorno, così che ciò mi serva da lunghissima rincorsa per quando la calerò sulla fronte di quel maledetto vecchio.<br />
Il saggio lo vide arrivare da lontano e tutto allegro lo accolse a braccia aperte, perché era tanto curioso di saper la portata del successo che quella spada aveva dato al discorso di Alarico; ma meno male che fu svelto a levarsi di torno, appena capì che non era andata proprio tanto bene.<br />
<br />
Quando i due esaurirono i colpi e le fughe, tornarono a sedersi intorno al fuoco a rimescolare la brodaglia.<br />
- Ma non è possibile! - disse il saggio - questo metodo era di sicuro la giusta medicina al tuo malanno… fammi pensare… ho trovato!<br />
E Alarico non fece in tempo a ritornare giù per terra come la prima volta, che il vecchio si era già tuffato in mezzo a tutti quegli oggetti.<br />
Questa volta ne venne fuori con un bel bastone.<br />
- Ah no! Questa volta non mi freghi vecchio, quel bastone non lo voglio proprio usare, mi immagino già qui sull'altra guancia il risultato.<br />
Disse Alarico indicandosi quella ancora sana, mentre il vecchio presa la discesa dalla montagna di oggetti, si fece vicino al fuoco.<br />
- Ma cosa hai capito sciocco! Questo va acceso!<br />
Ed immerse la punta del bastone nelle braci, poi lo sollevò a mo' di torcia e lo porse ad Alarico.<br />
- Vai vai! se la spada non ti è stata di aiuto, vedrai che questa torcia farà bene il suo mestiere, ma mi raccomando: usala come si deve e pronuncia solo parole sincere.<br />
Il ragazzo ormai disperato per quello che gli era successo fece anche questa volta un atto di fede, fidandosi nuovamente del vecchio.<br />
<br />
Certo che quella cosa pareva alquanto bizzarra: come avrebbe potuto una torcia aiutarlo a dare un valore differente ad un "Perdonami! Non è come sembra"?<br />
Per tutta la strada del ritorno continuò a ripetersi quella formula, così per trovare un po' di coraggio a ripresentarsi all'uscio di Giulietta: più si cantava in testa quella tiritera, più quelle poche parole gli sembravano innocue e vere.<br />
Questa volta non poteva fallire.<br />
<br />
Ah! Giulietta appena lo vide arrivar dritto dal vialetto - con quella torcia in mano tenuta alta come se la volesse far notare meglio - con tutta calma si mise gli scarponi più pesanti che aveva e lo raggiunse sull'uscio.<br />
Ed ecco che la medesima opera venne messa in scena già pronta a divenir tragedia.<br />
- Perdonami! Non è come sembra!<br />
Alarico con la torcia bella tesa davanti al naso di Giulietta, così che lei la potesse vedere bene, le accennò un sorriso con un occhio semi aperto, poiché un po' se lo aspettava che la ragazza potesse essere fatta di polvere pirica.<br />
- Misero cialtrone! Sei venuto qui per bruciare la casa che è stata finora il nostro nido! Non hai alcun ritegno a dir parole false come quelle.<br />
E mentre diceva questo, Alarico strinse entrambi gli occhi trovandosi a ricever quel bel calcione pronto da tempo, proprio in mezzo alle cosce.<br />
- E' una cosa buona aver sempre da parte, per certe occasioni, un paio di buoni scarponi pesanti. - Pensò Giulietta soddisfatta.<br />
Alarico piegato, tornò così dal vecchio, badando bene di non spegner quel fuoco che gli sarebbe servito per mettere alla graticola il sempre più presunto saggio.<br />
<br />
Entrambi con i vestiti fumanti per il fuoco appena spento, tornarono davanti al camino.<br />
- Per te ci vuol qualcosa di molto più incisivo.<br />
Continuò il vecchio, mentre mescolava all'infinito la brodaglia scura.<br />
- Qualcosa che ti aiuti davvero a far comprendere il tuo discorso al cuore di Giulietta.<br />
E saltò per la terza volta tra gli oggetti.<br />
<br />
Alarico ormai il copione lo conosceva, e ripetendosi la parte questa volta a voce alta, trascinò per tutto il percorso verso casa un enorme scranno papale.<br />
Questa volta non poteva rischiare visto che su quello ti ci puoi solo sedere, che non può dar adito a nessun fraintendimento né tantomeno rivoltartisi contro come se fosse un'arma.<br />
Così arrivato come sempre alla soglia, con Giulietta che lo aspettava già lì soppesando la robustezza di un enorme mattarello, il ragazzo le fece il gesto di aspettar qualche istante per dargli almeno il tempo di riprender fiato.<br />
Poi si piazzò seduto sullo scranno e deglutì con foga, sperando che almeno quella volta qualche livido gli sarebbe stato risparmiato.<br />
Poi disse per l'ennesima volta - Perdonami! Non è come sembra!<br />
<br />
Il mattarello lo centrò in piena fronte, prima che Giulietta lo investisse di parole.<br />
- Squallido farabutto! Ti presenti qui come fossi un papa, come se le tue parole fossero la legge divina. Ringrazia solo che di mattarello ne possiedo solo uno… perché altrimenti faresti la fine di un raviolo spiaccicato a suon di rimbalzi!<br />
<br />
Era interessante constatare come a volte la zia della cugina dell'amico del parente di qualcuno, avesse abbondantemente sopravvalutato l'efficacia del consiglio di un saggio, e stolto lui che era diventato l'ultimo anello di questa catena di creduloni.<br />
Questa volta lo scranno indietro non se lo poteva riportare per alzarlo in testa al vecchio, troppa strada da fare, troppo pesante quel blocco di legno, ma una cosa era certa: quel tizio non avrebbe avuto il tempo di proporgli una quarta soluzione.<br />
Tre discorsi fatti erano più che sufficienti per capire che quello fosse un impostore bell'e buono.<br />
<br />
Così Alarico tornò dal vecchio e quello, che capì l'umore del ragazzo già dal suo profilo all'orizzonte, lo accolse dicendogli.<br />
- Ma non è possibile! figliuolo tu hai sbagliato proprio tutto! hai detto esattamente le parole?<br />
- Vecchio rincitrullito vieni qui che questa storia te la voglio raccontare proprio bene, non mi serve né una spada, né un bastone, né uno scranno da darti in testa: mi bastan queste due mani per sciorinarti io questa volta una "saggia" lezione di vita.<br />
E giù a correre intorno alla catapecchia uno dietro all'altro, che a forza di girare in tondo non si capiva più chi fosse l'assalito e l'assalitore.<br />
<br />
Quando finalmente, stanchi morti i due tornarono intorno al fuoco, Alarico continuò.<br />
- Sciocco io a darti retta! cosa pensavi che avrei potuto ottenere? era chiaro sin da subito che non è con la forza che si può avere il perdono, né tantomeno con la minaccia di un rogo o con il far finta di esser superiore alle umane questioni.<br />
Il vecchio scoppiò a ridere, e rideva tanto che Alarico preso alla sprovvista da quella reazione, non si sentì neanche offeso.<br />
- Mio caro ragazzo, ma tu eri in errore sin dal principio, non è per queste ragioni che io ti ho dato quei tre oggetti per fare tre discorsi uguali ma diversi. Le tue parole son sempre state sincere, ed è già buona cosa, ma quello di cui avevi bisogno era aver di fronte qualcuno disposto ad ascoltarti.<br />
Al ragazzo quel discorso non fu chiaro neanche in quel momento ed il vecchio proseguì.<br />
- Tu mio caro, la conoscevi già la verità su quel bacio e non avevi bisogno di imporla. Quello che può darci la possibilità di esser davvero considerati sinceri, è dare all'altro gli strumenti che gli consentano di trovarsi nella giusta posizione per poter ascoltare: quando tieni davvero a quello che vuoi dire, dona a chi ti ascolta la possibilità di difendersi da idee che non condivide dandogli una spada, poi dagli la possibilità di vedere meglio nelle tue zone d'ombra regalandogli una torcia, e infine dagli la possibilità di perdonare dalla giusta posizione le tue azioni... solo allora ti troverai alla fine del cammino per ottenere il vero perdono.<br />
<br />Davide Ragonahttp://www.blogger.com/profile/01732204475042131846noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5836450444365884255.post-86509720262374777832012-09-07T09:12:00.000+02:002013-05-23T17:44:55.896+02:00Tutte quelle stelle che mi stavano a guardare - (carte estratte: 17 7 10 - tiraggio di Laura F.)<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://4.bp.blogspot.com/-L0IbiYQE1VY/UZ45axq23CI/AAAAAAAAAbA/I2WkcoSUa_c/s1600/17+7+10.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://4.bp.blogspot.com/-L0IbiYQE1VY/UZ45axq23CI/AAAAAAAAAbA/I2WkcoSUa_c/s1600/17+7+10.jpg" /></a></div>
<br />
<br />
Lisetta si svegliò in piena notte sotto ad un lenzuolo traforato di stelle.<br />
Ancora con il sonno negli occhi si mise a guardare tutte quelle: così lontane e luminose le costellazioni si portavano dietro tutto ciò che fino a quel momento si era detto di loro.<br />
L'orsa, Andromeda e Cassiopea si fecero rimirare mentre Ercole combatteva come sempre.<br />
Lisetta che aveva la testa veloce, passava col pensiero dall'una all'altra, tra eroi, fiere e miti, ma poi immantinente tutto cominciò a cambiare.<br />
Perbacco!<br />
<br />
Se c'è qualcosa di sicuro al mondo dev'esser proprio il cielo, che ai navigatori e agli uomini liberi ha dato sempre una direzione; ma questa notte, prima l'una e poi l'altra le stelle cominciarono a spegnarsi; non tutte badate bene, solo alcune all'improvviso divennero nere senza dar più luce, così che dove prima Lisetta vedeva il grande carro, ora ne scorgeva a malapena una ruota storta.<br />
Che tranello si stava ordendo al suo intelletto?<br />
Qual demonio cornuto si divertiva alle sue spalle?<br />
Che se da sempre era stato l'uomo a rimirar le stelle, quella notte al contrario parevan tutte quelle a guardar Lisetta, la quale confusa per lo strano accadimento credette di sentirle ridere mentre si divertivano a starla a scrutare.<br />
<br />
Poi intanto che la ragazza era ancora in bilico tra un "perché mai" e un "com'è possibile" tutte le stelle le improvvisarono un tiro ancor più mancino cominciando a spostarsi.<br />
- Oh mamma mia! questo è meglio che non vada in giro a raccontarlo…<br />
Pensò Lisetta quando si rese conto di non riconoscere più alcuna costellazione.<br />
<br />
Eh si! perché la ragazza sdraiata a pancia in su in mezzo al campo, svegliatasi in piena notte e sorpresasi a guardar da quella posizione il cielo, cominciò davvero a non venirne più a capo.<br />
Gli astri si spostavano, alcuni più rapidi, altri più lenti, come se il buon Dio avesse deciso all'improvviso di volerli rimescolare, per toglier anche quelle poche certezze a noi miseri esseri umani.<br />
<br />
Lisetta sotto al buio, se avesse potuto vedersi nello specchio si sarebbe ritrovata bianca come un cencio, ma poiché in quel momento non aveva né specchio né luce in sè, si limitò a rimanere immobile immaginandosi il suo colore e a veder sino a che punto le costellazioni si sarebbero prese gioco di lei.<br />
<br />
A dire il vero miei cari, non dovette aspettar molto, perché preceduto da un leggero picchiettio come di becco, la volta celeste, o per lo meno quella che ne rimaneva, cominciò a calarsi su di lei: tutte quelle stelle si raggrumarono in un sol punto, crollando poi all'unisono addosso alla ragazza che cacciò uno strillo acuto.<br />
<br />
Immaginate voi cosa si può provare a vedersi arrivare in capo tutta la notte e gli astri insieme, e finito l'acuto prolungato scattò in piedi, andando ad incontrare il lenzuolo traforato proprio a metà strada tra il prato ed il cielo, finendo così per sbucare con la testa nella luce del mattino.<br />
Poco più in là un passerotto col suo "cip cip" le dette il buongiorno.<br />
<br />
Non si era certo trattato di alcun sogno, ma era tutto vero e verissimo se lo si vuol vedere bene, perché la notte prima, quando Lisetta andò a dormire a cielo aperto, si preparò un riparo sotto al suo lenzuolo nero, che tenuto su da quattro legni e qualche corda le fece da tenda tutta notte.<br />
Sotto a quella coltre non vide stelle, ma solo con la luce del mattino le riuscì di veder qualcosa mentre il sole che nasceva faceva filtrare la sua luce tra le trame della stoffa e del destino, dando a Lisetta l'illusione di essere ancora nei territori dell'oscuro.<br />
<br />
Quello che vide fu un cielo stellato dove di stelle non ce n'erano ed un passerotto quella mattina si sostituì al vero.<br />
Qualche cacchetta spense le prime stelle colmandone i piccoli buchi sulla stoffa da dove filtrava la luce, qualche passettino spostò le costellazioni dando nuovi angoli ai raggi che filtravano, ed infine il beccar qua e là in cerca di cibo fece crollar tutta la volta celeste, dando un gran dono a Lisetta: una divertente storiella che le insegnò il senso del guardare meglio.<br />
<br />Davide Ragonahttp://www.blogger.com/profile/01732204475042131846noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5836450444365884255.post-48800516445727363302012-08-30T16:14:00.000+02:002013-05-23T17:44:17.249+02:00Il vestito di Cornelia - (carte estratte: 0 2 6 - tiraggio di Cristina L.)<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://4.bp.blogspot.com/-DlWWPQl5Er4/UZ45Q6UUhbI/AAAAAAAAAa4/UIgDl_SQ3aw/s1600/0+2+6.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://4.bp.blogspot.com/-DlWWPQl5Er4/UZ45Q6UUhbI/AAAAAAAAAa4/UIgDl_SQ3aw/s1600/0+2+6.jpg" /></a></div>
<br />
<br />
Chi ha mai tenuto in considerazione la miglior parola che possa cingere il proprio seno?<br />
O quella che si adatta meglio ad un braccio, un polpaccio o alla pancia?<br />
Sono pensieri bizzarri che non ci si fa caso, poiché ogni cosa che non ci è accaduta parrebbe destinata al non esistere... ed invece c'è.<br />
Tutto se lo si guarda bene è bizzarro, e quello che accadde a Cornelia vi voglio di sicuro raccontare.<br />
<br />
La nostra bella paesana, in una calda estate, scese al fiume per trovar del buon sollievo, tanto che lì tolti tutti i suoi panni e disposti vicino ad un bel libro che recava con sé, si immerse nelle acque a farsi un bagno.<br />
Chi ben conosce certe storie, sa da sé che c'era un pazzo che già in passato avea creato scompiglio per questioni di indumenti e fiumi, e neanche a farselo dire due volte rubò i vestiti alla povera Cornelia, lasciandola fresca e ignara di ciò che le stava accadendo alle spalle.<br />
Benché sia interessante ciò che poi accadde al pazzo, vestito con quegli indumenti femminili, dovrà in questa storia rimanere un mistero, poiché fu lui e questo evento ad esser la scintilla che portarono Cornelia a riconsiderar se stessa.<br />
<br />
Uscita dal fiume, la ragazza ci mise poco a capire il dramma in cui suo malgrado si era andata a cacciare, perché senza vestiti in paese non ci poteva proprio tornare.<br />
- Cosa potrebbero dire di me quelle malelingue, se con le grazie fuori mi vedessero fuor di grazia?<br />
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Quante volte le parole degli altri risultan essere i confini delle nostre azioni, tanto che come tante belle figurine stiamo attenti a non andar oltre una "a" o una "s" o qualsivoglia lettera che mette un punto alle nostre azioni.<br />
- Devo in qualche modo poter rimediare, per lo meno per riuscir ad arrivare a casa e metterci una pezza.<br />
<br />
Quel che le venne in mente in quell'istante di sicuro rivelò il suo spirito intraprendente e appena si rese conto che il pazzo, tutto gli avea tolto tranne quel solo libro, decise di vestirsi con le sue pagine.<br />
Ad un pazzo mica serve un libro, poiché le parole così ordinate quello mai potrà comprendere, così Cornelia fece quel che non si augura mai nessun autore come fine per il proprio testo: lo aprì per strapparne ad una ad una tutte le pagine.<br />
La pelle ancora bagnata, fu una perfetta base per far aderire quei fogli, tanto che uno sull'altro intrecciati per bene, tutti quei capitoli le fecero da seconda pelle.<br />
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Tra un prick ed un frack, i fruscii e gli sfregamenti di carta accompagnarono Cornelia sino al paese, in quel candido vestito color del foglio con tante parole, con frasi e punti che le facevano da rifiniture.<br />
Il seno di Cornelia così bello e generoso fu cinto dalla parola "uovo", il braccio fu un "monastero", in vita tenne "il matto", sulle gambe uscirono "piume d'oca", poi "voce e canto" sui polsi.<br />
<br />
Barba e Rufus si son sposati.<br />
Sette uova per fare una frittata.<br />
Parlar con l'oca, perdere la voce e rispondere alle domande delle monache.<br />
<br />
Cornelia tornò in paese passando attraverso gli occhi di tutti. I suoi confini cominciarono così a stringersi, poiché tutte le parole che ora le cingevano il corpo, ridefinirono le parti della ragazza.<br />
La ragazza per tutti perse il seno prima ancora di perdere il senno, tanto che i suoi compaesani, guardandole il petto lessero due uova.<br />
Era diventata come un atlante medico vivente, con tutte quelle paroline a corredo delle figure.<br />
Più la gente la guardava, più il sole però asciugava quella carta e tutte le parole che si raggrinzivano, fino a che cominciò persino a far fatica a camminare.<br />
Cornelia via via fu un corpo ancora pulsante dentro ad una statua di cartapesta, rigida, fissa e immobile, fatta di parole che la ridefinivano.<br />
Pian piano anche il senno fece spazio ai soli vocaboli letti da tutti e Cornelia dentro a quelli cominciò a pensar altro di sé.<br />
- Le mie uova sono dure, non le riesco più a toccare e queste bende mi fan prudere il monastero e le oche… tutte e due le oche.<br />
<br />
La gente scorreva il dito su Cornelia, vedendo solo le frasi che si erano abituati a leggere, seguendo la logica sconclusionata senza un ordine preciso e la carta stringeva così tanto che pian piano il respiro della ragazza si fece strozzato.<br />
Maledetti libri!<br />
Maledette parole e pensieri!<br />
Maledetti tutti che un po' per volta vi siete mangiati Cornelia, e quando qualcuno pronunciava a voce alta quelle frasi, la carta si stringeva prima.<br />
<br />
Poi verso sera giunse al paese il matto, che gridando e sbracciando veniva giù per la via facendoli scappare tutti.<br />
- Ahi ahua auu uau uaiiuuu…<br />
- Stategli alla larga! quello è il matto contagioso, non fatevi toccare!<br />
Così chi a destra e chi a sinistra gli fecero spazio.<br />
Ad un pazzo mica serve un libro, poiché le parole così ordinate quello mai potrà comprendere, e con le mani sporche e lorde dell'albume di tutte le storie che aveva fino a quel momento vissuto, fece a pezzi quella prigione di buone intenzioni, con tutta la rabbia che aveva in corpo.<br />
<br />
Cornelia gridò forte e respirò a pieni polmoni, come fa un pargolo sculacciato per la prima volta dalla levatrice; per terra caddero mille uova che si frantumarono, monache e mattoni, le oche si rincorsero per tutto il paese lasciandosi dietro nuvole di piume color della carta.<br />
Barbe, alberi, acqua di fiume; sonagli, inchiostri e bicchieri vuoti, vomitati dalle pagine strappate come dagli armadi delle signore.<br />
- CORNELIA!<br />
Fu l'unica voce.<br />
<br />
Lei spalancò gli occhi a veder lì in mezzo, tra tutte quelle cose che le erano schizzate fuori, il pazzo con indosso i suoi vestiti, come fosse un'altra sé ma con la barba e le mani lorde.<br />
Non più libri per Cornelia al fiume, ma solo una piuma d'oca e un po' d'inchiostro.<br />
La piuma era l'unica cosa che le era rimasta appiccicata addosso, storta su una gamba, e da quel giorno la ragazza usò proprio quella per definire i suoi confini, per tracciare sulla sua pelle tutte le parole che le veniva invero voglia di scrivere.<br />
<br />Davide Ragonahttp://www.blogger.com/profile/01732204475042131846noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5836450444365884255.post-48325295688638103562012-08-25T19:47:00.000+02:002013-05-23T17:43:36.533+02:00L'altalena del marinaio - (carte estratte: 21 10 8 - tiraggio di Simone C.)<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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<a href="http://1.bp.blogspot.com/-El7yUewSuN8/UZ45GXlW_eI/AAAAAAAAAaw/rbsxYVRp3Ik/s1600/21+10+8.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://1.bp.blogspot.com/-El7yUewSuN8/UZ45GXlW_eI/AAAAAAAAAaw/rbsxYVRp3Ik/s1600/21+10+8.jpg" /></a></div>
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Se io fossi un vero scrittore, vi narrerei di come le assi del vascello gridavano piegandosi, vi terrorizzerei parlandovi del mare buio che aggrediva il nostro nero veliero, vi inchioderei alle panche per evitarvi il destino crudele di chi viene inghiottito in mare aperto dai venti della tempesta; ma poiché io sono un qualsivoglia mozzo, vi racconterò invece cosa ci stava a fare un ragazzo solo, sull'albero maestro, in bilico tra i vortici.<br />
Quello era come me un mozzo (ma tutto intero) che ogni cosa aveva a cuore, perché la marineria era la sua più gran passione.<br />
Non gli importava di doversi spaccar la schiena a pulire i ponti, né tantomeno si tirava indietro quando si doveva montar la guardia tutta notte.<br />
Il mare è luogo misterioso e pieno di pericoli, sotto la cui superficie si raccolgono creature, morte e storie.<br />
<br />
Ogni notte il vascello solcava la pece, nel cuore dei Caraibi per conquistar tesori, e il mozzo se ne stava aggrappato all'albero maestro, senza che alcuna corda lo reggesse in quella scomoda posizione; del resto cosa può valere l'ultimo dei valorosi? Un ragazzo che per tanta magrezza le sue cosce insieme potevano entrare in competizione con la sola gamba di legno del capitano.<br />
Quel capitano che con un solo occhio, lo spediva a faticare in ogni dove.<br />
La ciurma era formata di maledetti tagliagole, uomini che di mare ne avevano persino l'odore, che come barracuda si muovevano anche sulla terra ferma, non fermandosi di fronte a niente, pagando tutti con la sola moneta che sapevano contare: il pretendere.<br />
Tutti forti e possenti, tanto che la loro nave era la più temuta: come fosse invisibile, perché il terrore che induceva era così profondo che che anche chi l'avesse vista sulla propria rotta avrebbe fatto finta di non esser attaccato e più di ogni altra cosa, avrebbe fatto finta di non esser mai morto sotto i colpi delle sciabole, convincendosi anche nel momento dell'ultimo respiro, di essere ancora lì in mare aperto, tra le onde quiete.<br />
Non vi è più morto di chi non vuol morire!<br />
<br />
Il mozzo era l'unica virgola in mezzo a tutti quei punti fermi.<br />
Magro come un chiodo, senza forza e malmesso, l'unico che aveva davvero l'onere di tenere bene a mente che tra tutti quei terribili era l'unico che poteva morire.<br />
Ma un giorno si scatenò la tempesta.<br />
Arrivò di notte all'improvviso, come un ospite inatteso, cogliendo nell'ultimo istante della veglia sia la ciurma che il capitano.<br />
Io vi ho già raccontato di quanto fossero solidi quegli uomini, di quanto pesante fosse il valore della leggenda che li circondava; tanto che quella, che era la tempesta peggiore di sempre, per loro fu solo una delicata ninna nanna.<br />
Il vento sibilava, spostando l'asse del veliero da babordo a tribordo, come se fossero in un enorme culla a dondolo, così soave che il sonno li raccolse tutti, facendoli cadere addormentati.<br />
Per un bimbo è sufficiente la delicata mano di una madre, che dondolando piano da un lato all'altro il suo bambino, lo lascia un poco tra le braccia di Morfeo; ma qui trattandosi di indicibili e spietati tagliagole, fu questa peggior tempesta ad esser per loro soporifera.<br />
<br />
Anche l'uomo più forte nel sonno muore, stroncato da quel dondolio che lo porta così vicino al bordo della nave da farlo rotolare in mare; e come tante botti, tutti quelli, continuavano a rotolare da babordo a tribordo addormentati.<br />
Il mozzo, così debole da esser come noi, che di fronte ad una tempesta non ci addormentiamo ma tremiamo, da quella posizione aggrappato alla cima dell'albero maestro, vedeva i marinai persi tra i dondolii e in un estremo gesto disperato, per salvarli tutti dal mare aperto, si mise in piedi sul pennone sfidando il vento.<br />
Tira e spingi mozzo, come un equilibrista in mezzo alla tempesta, cominciò a controbilanciare da solo col suo misero peso tutta la nave, che ad ogni piegamento ad est, faceva corrispondere un suo tendere il collo ad ovest, per riportare tutti quei corpi addormentati al centro del veliero, lontano dai bordi.<br />
Coma il contrappeso di una lunga bilancia tra la chiglia ed il suo corpo, compì l'impresa più eroica che quegli uomini avrebbero mai potuto vedere.<br />
<br />
Ma per loro fu come un sogno nel dormiveglia, lavato via presto dagli occhi la mattina successiva, quando ormai il mare calmo aveva dimenticato la pece e la tempesta.<br />
- Mozzo! cosa fai ancora lì aggrappato al palo? Scendi presto che un nuovo giorno è pronto a raccontar di noi solo, una nuova storia.<br />
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E quello, gracile, scese scivolando giù per il legno stringendo le cosce, con tutta la consapevolezza di chi in quella leggenda non aveva messo un punto ma solo una piccola virgola,<br />
<br />Davide Ragonahttp://www.blogger.com/profile/01732204475042131846noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5836450444365884255.post-24614016700610425662012-08-16T21:56:00.002+02:002013-05-23T17:42:51.732+02:00La minchia del parroco - (carte estratte: 5 21 13 - tiraggio di Alessandro S.)<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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<a href="http://1.bp.blogspot.com/-lEVVhtcpte4/UZ447iONXjI/AAAAAAAAAao/Va98MTUFXmM/s1600/5+21+13.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://1.bp.blogspot.com/-lEVVhtcpte4/UZ447iONXjI/AAAAAAAAAao/Va98MTUFXmM/s1600/5+21+13.jpg" /></a></div>
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Quando Don Angelo chiudeva gli occhi danzava.<br />
Danzava allegro, compiendo ampi circoli senza l'abito talare, nudo, libero e fresco; a volte apriva un solo occhio per vedere un po' di fedeli e un po' di danza.<br />
La musica lo aveva da sempre ispirato, tanto che nel punto più alto della sua predica domenicale, con slancio cercava sempre parole nuove per intonare qualche canzone; ed era ormai pratica comune tra i fedeli, seguire le melodie di Don Angelo, senza troppo preoccuparsi di regger in mano alcun librello.<br />
Ma un grosso problema per il parroco venne a galla, il giorno che lui stesso si rese conto di aver “la minchia” in bocca.<br />
Ora non vorrei che da ciò voi intendeste male, perché non si trattava affatto di cosa blasfema: “la minchia” di cui io parlo non è di sicuro ciò che ora voi state pensando, ma bensì la sola parola.<br />
Si perché un giorno, di punto in bianco, senza sapere neppure da dove quella fosse giunta, Don Angelo si ritrovò a dir soltanto: - La minchia!<br />
Come se quella avesse sostituito tutte le sue parole.<br />
Oh Diavolo di un destino birbante!<br />
Così se un fedele si mostrava devoto al padre, cercando una qualche sorta di assoluzione, rischiava di sentirsi dire “la minchia!” dopo aver vuotato il sacco davanti al suo confessore.<br />
Che tragedia!<br />
Don Angelo benché fosse pastore del signore, abituato ad aver confidenza con questioni “da pescatore”, a quel punto non seppe più che pesci prendere e rispondeva solo con un sorriso ed il gesto della croce, dispensando a destra e a manca più benedizioni di quante non ne fossero necessarie.<br />
Ma nella sua testa, la risposta ad ogni domanda continuò a rimanere insistente “la minchia!”.<br />
Potrei scriverlo di continuo: la minchia, la minchia, la minchia...<br />
Più di cento o mille volte non basterebbe purtroppo a farvi capire, quanto fosse il disagio del pover'uomo.<br />
Ripercorrendo all'inverso il momento in cui si era ritrovato a ripetere per la prima volta quel mezzo mantra ed anatema, si accorse che accadde al terzo giro di danza della domenica precedente.<br />
Lì con gli occhi chiusi, nel bel mezzo della predica ai fedeli, mentre ballava nudo nella testa per trovare parole sincere, si immaginò di far tre belle piroette ed alla terza si volse verso tutto l'imbarazzo che aveva in mezzo alle gambe: la minchia!<br />
Se quando immagini qualcosa tieni gli occhi ben stretti, quella fantasia rimane tua per sempre, ma ad aprir anche solo di poco mezzo occhio piccolino, ogni tua idea si affaccia al mondo.<br />
In quel preciso istante, con un occhio chiuso nell'estasi fantastica e l'altro mezzo aperto per ritrovare il concreto dei fedeli che ascoltavano la messa; quell'immagine fin troppo forte e che fa a pugni con la santità del Cristo, saltò fuori dall'occhio semiaperto per aggrapparsi alla bocca di Don Angelo.<br />
“La minchia!” come conclusione della funzione, benché potesse esser piena di poesia, fu prontamente ingoiata dal prete per non deludere i suoi fedeli.<br />
Ma da quel preciso istante lei cominciò a farsi strada dallo stomaco alla gola, fino a prendere dimora stabile sulla lingua del sant'uomo.<br />
“La minchia” per un uomo di chiesa è un grave problema, che non poteva ancor per troppo tempo stazionare lì senza uno scopo ben preciso e anche se virtuosamente Don Angelo era uscito da quell'impiccio per tutta la settimana, alla predica della domenica, il popolo di Dio avrebbe voluto sentir da lui sante parole.<br />
Giunse così il giorno benedetto e com l'abito talare indosso il prete fece il suo ingresso di fronte ai fedeli.<br />
Sforzandosi così di nulla immaginare, tenendo gli occhi ben aperti per non doversi ritrovar nuovamente troppo libero a danzare; Don Angelo decise che fosse giunto il momento tanto atteso della predica: così cominciò com'era suo solito a cantare.<br />
- Laaaaaa… Laaaaaa... Laaaaaaaa... Miiiiiiiiiinnnn... chiiiiiiiiiii... aaaaaaaaa...<br />
e tutti in coro giù a cantar ancor più forte.<br />
- Laaaaaaa… Miiiiiiiii... nnnnnnn... chiiiiiiiii... aaaaaaaa...<br />
e poi ancora con più vigore, sino a far vibrare per suono pieno i vetri ornati della chiesa.<br />
Così forte che noi tutti, presi dal canto non si bada alle singole strofe, rapiti dalla melodia che armonizza con lo spirito.<br />
Tanto più grande è qualcosa, che si fa fatica a distinguerla, poiché gli occhi son troppo piccoli per trattenerla nel suo insieme.<br />
Così da quel giorno, per Don Angelo e i suoi fedeli “la minchia” divenne della chiesa la più bella canzone.Davide Ragonahttp://www.blogger.com/profile/01732204475042131846noreply@blogger.com0