Si dice che la storia capitata nella piccola chiesa di Villafranca, ebbe a sovvertire per cinque giorni ogni ordine naturale delle cose; tanto che chi era di spirito curioso e poco religioso si recò puntuale alla messa e chi era solito trovar conforto nelle parole del curato, in quei giorni vi si tenne invece piuttosto alla larga.
Bizzarra considerazione rimane, che anche se qui siamo in odor di santità tutto ebbe inizio nella bottega di un sarto un pò maldestro, che di ago e filo stava cominciando appena a capirne i principi. Ad egli, che si chiamava Innocente, era stato dato in opera di dover confezionare una bella casula verde che sarebbe andata indosso al curato per la messa del giorno a venire.
Innocente che come dicevo era poco più che un giovinetto inesperto, a forza di dar battaglia alla sua professione, si ritrovò di lì a poco a combinare un bello strappo proprio sul collo della veste. Cosa fare, che tutte le stoffe aveva finite, ed era senza neanche una moneta in eccesso per comprare della valida fettuccia?
Gli venne così la brillante idea di arrangiar quella situazione con un bottone bello in vista, proprio al centro del collare, che facesse un pò da spilla e un pò da minuzia ornamentale; che se vuoi nascondere un errore per bene, non v'è cosa migliore di mostrarlo come un vanto o un gioiello.
Scontato è che io ammetta che l'idea fosse bella, ma il sarto era così mal pagato e povero, che di bottoni nel cassettino dei bottoni non v'era rimasto più neanche l'odore.
Decise così che per metter rammendo a quella lacerata situazione si privasse egli stesso di uno dei bottoni che teneva indosso.
Staccò allora un orfano a penzoloni dalla sua camicia leggera e lo mise proprio dove lo voleva mettere. E quanti complimenti gli fece il curato per quel singolo in bella mostra, che di casule così particolari non ne aveva mai viste e data una misera moneta al sarto se ne tornò alle sue pecorelle smarrite.
Ora il curato, proprio nel bel mezzo della sua liturgia, quando stava per celebrare la mensa del Corpo di Cristo con vino ed ostie sull'altare, cominciò all'improvviso a farle fuori per bocca una dopo l'altra manco fossero fette di buon salame. E ci diede dentro con tale gusto, che più di un buon sorso di vino del calice sacro lo aiutò a mandar giù; e tra il clamore generale dei fedeli, il curato noncurante continuò a prodigarsi in parole e apprezzamenti su quanto fosse buono quel pane, andando avanti così tanto che finite le ostie, a pancia piena concluse con un bel rutto. Tanto fragoroso fu l'apprezzare che il bottone dal collare volò via fino a giungere oltre l'ultima fila di fedeli.
Cominciò così un altro giro per riparare la Casula verde che di bottoni adesso ne aveva uno in meno. Il sarto sentita quella storia arrivare alla sua bottega prima del curato in persona, si preoccupò ben bene di far sparire la moneta che gli era stata data, per non rischiar così di perderla per le ire del sant'uomo.
Ma di astio non ve ne fu, tanto che pareva che sul curato neanche fosse rimasta un ombra di quello che era successo.
Innocente si accordò così per il rammendo e diede appuntamento all'uomo per la sera.
Ora visto che della moneta non ne voleva perder neanche un grammo, decise di usar un'altro bottone dei suoi per porre rimedio allo strappo, e gira che ti rigira, fini a usare il bottone che gli reggeva i calzoni.
Il giorno dopo, alla messa c'era già la fila lunga davanti al portone, che tutti i curiosi seppur privi di un Dio volevano vedere il curato pien di umana passione.
E come voi forse avete già intuito, che se il primo bottone che era sulla pancia aveva dato gran voce all'appetito del curato, quello del secondo giorno si occupò di soddisfare ben altri appetiti, mettendo in gola e poi tra le parole del santo ciò che di più un uomo di chiesa dovrebbe disdegnare. E nel momento più alto di un orgasmo, quando come Dio ti puoi permetter di creare, il secondo bottone saltò via con un balzo finendo ben lontano dall'altare.
- Ah! Ma come veste bene questa Casula verde col bottone! Peccato solo che si debba sempre far riparare, ma voi sarto che siete uomo di buon mestiere, so di per certo che mi riuscirete a soddisfare.
E Innocente incredulo, senza considerare bene quanto un sol bottone potesse spostare l'asse del mondo, mise sulla casula quello che soleva abbottonare sul taschino vicino al cuore. Il terzo giorno il curato ebbe solo parole d'amore, ma di un amore che andava al di la delle pagine dei suoi testi.
Perché furono parole di passione che se tennero definitivamente lontani i fedeli da quei luoghi sacri, seppero incendiare le valvole cardiache di tutti quelli che si erano riuniti dai paesi in cui era giunta questa storia.
Va da se che anche alla fine della terza funzione il bottone saltò via.
Il sarto che nel mentre aveva imparato il riproporsi consueto della questione, già dietro all'altare stava ormai pronto con il quarto bottone, che l'aveva recuperato da un asola del cappello.
Fu così che il giorno seguente, il curato fece di quei ragionamenti fini e popolari che definitivamente scatenò le ire del suo ordine, che venuti a sapere della questione della chiesa di Villafranca, si decisero a mandare un loro padre per verificare e porre fine alla questione.
Io a dire il vero non so dove Innocente il sarto prese il quinto bottone, ma quello che si dice e che quando l'uomo dell'ordine giunse il quinto giorno a varcar la soglia del portone, si ritrovò di fronte un uomo santo che aveva imparato a parlare a tutte le persone.
E se è vero che al sarto ormai cascavano braghette, camicie, cappelli e borsettine; è altresì vero che il quinto bottone prese dimora fissa sul collare della casula del curato della chiesa di Villafranca.
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