Se lui diceva sinistra, lei diceva destra e dove l'uno contava solo i numeri dispari, l'altro prediligeva i pari.
Così non si poteva più andare avanti, perché anche se Pietrabella era solo un piccolo borgo edificato ai margini della valle, meritava di sicuro qualcosa di meglio che due padroni in costante disaccordo.
La signora del borgo era bella, pareva quasi un angelo. I suoi pensieri erano delicati e per ogni singolo abitante avrebbe fatto qualsiasi cosa: dal dare monete d'oro a piene mani, a evitar per tutti di aver la schiena a pezzi per il troppo lavoro nei campi.
Il signore del borgo, che era il di lei marito, pareva invece non aver cuore alcuno, e chiamarlo diavolaccio era uso comune per gli abitanti di Pietrabella.
Quegli di dar oro a piene mani o sollevar da fatica la gente, proprio non ne aveva concezione e se poteva calcare la mano per aver miglior raccolto, non si faceva di certo troppo scrupolo.
E nel palazzo principale del borgo era tutto il tempo battaglia, e senza tregua potevi sentire sia di giorno che di notte, la fracassano canzone dei cocci rotti che si rincorreva da una stanza all'altra.
L'intera economia del borgo ruotava attorno ai cocci rotti, che fuori dal palazzo si poteva scorgere la fila dei carri dei mercanti di ceramica, dipanarsi neanche fosse un serpente fin giù alla base della valle.
Tirarsi piatti in testa l'un l'altro era ormai l'unico punto in comune che avevano i due amanti.
Ma per fortuna che ogni forte contrasto può essere calmato con il suo contrario, e se la storia di quei due sinora si era fatta troppo amara, due gocce del miele più dolce di Pietrabella potevano diventare la soluzione.
Fu così che un fidato consigliere di entrambi, provò a mettere in atto ciò che la saggezza popolare mista al buon senso gli venne a suggerire.
Approfittando della breve pausa creata dall'avanzar tra un carro e l'altro, egli fece scivolare una goccia di miele sul fiore che la signora portava tra i capelli, e una goccia invece dritta sul naso del signore.
La canzone dei cocci rotti riprese di li a poco, ma il miele cominciò a fare il suo gioco, e un'ape per ciascuno si posò sul vischioso elemento.
Il signore per vedere bene l'ape che gli si era posata sul naso, incrociò a tal punto gli occhi tra di loro, da non veder più null'altro che l'insetto che zampettava sulla sua protuberanza.
E altrettanto fece la signora, che levati gli occhi al cielo per scrutare il fiore che le impreziosiva la fronte, distolse lo sguardo da quella marea di ceramiche.
- Ho un'ape che mi cammina addosso.
Disse lui.
- Anch'io e chissà per quanto tempo lì ci vorrà stazionare.
Replicò lei tutta assorta e concentrata.
I due così presi dall'insetto, non si riconobbero più e cominciarono a conversare di quando entrambi erano sposati; ma adesso che il rispettivo compagno era sparito, si sentivano davvero soli.
Il signore cominciò a fare una corte spietata alla bella signora, che sembrava così simile a lui perché condivideva quel problema lì dell'ape, e la signora tutta emozionata per le attenzioni di un così valoroso pretendente, di volta in volta cedeva un pò di più le sue difese.
Finì così che si sposarono, perché finalmente avevan trovato l'anima gemella e a Pietrabella tutti furon da quel momento contenti perché al palazzo, la canzone dei cocci rotti aveva finalmente trovato un degno epilogo.
Zan zan!
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