domenica 6 gennaio 2013

Le insignificanti avventure di Giovanna Cappotto - (carte estratte: 20 21 11 - tiraggio di Lavinia G.)



- Io da grande voglio essere un dottore!
Di rimando un altro bambino rispose.
- Io invece sarò un cuoco e con il mio coltello infilzerò chi mi pare e piace! Così poi tu li puoi curare.
- Ma che cavolo vuol dire? - Chiese un terzo bambino, per poi proseguire. - Il cuoco mica infilza le persone, io allora sarò un attore che viaggerà per tutto il mondo, così potrò raccontare nei teatri quanto sono scemi i miei amici! Ahahahah.
Poi tutti si voltarono verso Giovanna, mancava solo lei nel gioco del "da grande sarò".
La bimba non ci pensò troppo su e disse a gran voce.
- Io sarò un cappotto!

Quel giorno la vita di Giovanna prese una piega estremamente prevedibile come accade solo a chi ha idee che gli altri non comprendono, tanto che la piccola stralunata che voleva diventare un cappotto, divenne sul momento la prima canzonatura di Diego il bimbo attore, che cominciò a cantilenare "Giovanna Cappotto, con occhi da cerbiatta, esprime desideri, proprio da bimba matta".
Marco il bimbo cuoco, la punzecchio con un rametto.
- Io qui non vedo stoffa da cappotto, ma solo delle magre braccine, una testa e due codini.
Ogni parte del corpo che citava, il cuoco la cerchiava nei contorni col rametto, come in quei disegni che si vedono dal macellaio, dove la mucca o il maiale hanno il corpo diviso da linee tratteggiate.
- Gambe, piedi, spalle… ma! Che dire! Non vedo asole e bottoni.
- Su dai andiamo, è una femmina! Cosa vuoi che capisca?
Con questa arringa l'avvocato scaldò definitivamente gli animi dei tre maschietti, che se ne andarono verso casa ridendo della povera Giovanna, che rimase lì da sola; l'unica che a dire il vero non era ancora diventata quello che voleva diventare.

Probabilmente è davvero facile far qualsiasi mestiere, perché basta seguire la via che già in tanti hanno percorso. Tutto si impara, tutto può essere spiegato, appreso o cucito addosso, tutto tranne voler diventare un cappotto, il che presuppone un certo tipo di allenamento che nessuno ti può di sicuro insegnare, si deve procedere per tentativi.
Poi ci sono le malelingue, che magari non approvano quel tuo bislacco desiderio.
Ma da quel giorno Giovanna cominciò ad intraprendere il difficile cammino di essere un cappotto, senza farlo notare troppo a chi le stava intorno.

I primi timidi tentativi furono quelli che avrebbe potuto improvvisare chiunque, come il nascondersi nell'armadio per una notte intera, ciondolarsi sullo schienale di una sedia, e più difficile tra tutti, cogliere di sorpresa un adulto lanciandosi sulle sue spalle.
Qualcuno aveva pazienza e lo prendeva per un gioco, altri la cacciavano in malo modo, come se quelli fossero solo i capricci di una bimba.
Non sarebbe stato facile diventare un cappotto senza destare troppi sospetti.
Un cappotto tiene caldo quando fa freddo! Per cui bisognava familiarizzare con certe temperature; in inverno Giovanna se ne stava piazzata su un qualche marciapiede, giocando alla campana vicino ad un incrocio, così da poter trovare una bella corrente ancor più fredda che la spingesse più in alto ad ogni saltello.
D'estate la questione si faceva ben diversa. Nonostante la sua incrollabile volontà, sua mamma l'avrebbe spinta di sicuro fuori in giardino, se l'avesse vista starsene per un intera stagione chiusa nel ripostiglio.
- Ma che fai, non sei mica un calzino vecchio!
Così per farla franca si ingegnò anche lì per passare inosservata.
Chi mai avrebbe sospettato di una bimba che mangiava in continuazione gelato o che si lanciava nell'acqua fredda di una qualche fontana?
Imparò a tenere a bada il freddo.
Giorno dopo giorno l'allenamento diede i suoi frutti e senza dover dispensare troppe spiegazioni in giro, Giovanna ormai grande divenne finalmente un cappotto, il giorno che incontrò "Leone il barbone".

Quel disperato se la portò via ai primi freddi, la incontrò che sventolava appesa ad un cancello. Lassù c'era finita mentre stava facendo uno dei suoi soliti allenamenti da cappotto, ma quel giorno il vento era così forte, che era volata via, trascinata per un paio di isolati prima di aggrovigliarsi su quelle creste.
Leone incredulo davanti alla fortuna che gli era capitata, se la caricò sulle spalle e lei subito si accoccolò lì intrecciandogli le braccia intorno al collo, come si fa con le sciarpe.
- Ah! Che fortuna! Sembra nuovo, mai indossato.
Disse Leone mentre se la lisciava addosso per vedere come gli stava Giovanna.
Lei avrebbe voluto rispondergli, ringraziandolo per quella frase così carina, ma dove si era mai sentito dire che un cappotto potesse parlare?
Rimase in silenzio.

Essere il cappotto di Leone era uno spasso, andavano in giro tutto il giorno e non c'era da preoccuparsi troppo, lui sapeva fare un sacco di cose.
Sapeva dormire arrotolato nei giornali, sapeva che quando si bagnava gli conveniva asciugarsi nudo al sole, sapeva addirittura fare cerchi con il fiato quando in inverno c'era davvero tanto freddo.
Ma tutte queste cose, che per i più erano solo "tipiche occupazioni da barbone" per Giovanna erano ben altro.
Lei lo aveva capito. Leone non era un barbone, si stava allenando anche lui per diventare quello che voleva diventare davvero: fragrante tabacco.

L'uomo si dannava perché nonostante fossero anni che portava avanti i suoi allenamenti, mancava ancora qualcosa affinché potesse diventare dalla testa ai piedi completamente tabaccoso.
Giorno dopo giorno con addosso il suo cappotto, si arrotolava nei giornali, faceva i cerchi di fumo con la bocca e soltanto quando si essiccava al sole, rimaneva nudo.
Giovanna lì piegata in un angolo, un po' arrossiva a vederlo spaparanzato senza nulla addosso e poi quando pensava "come è bello Leone", con la manica si ripiegava ancor di più su se stessa, per non farsi scoprire a sbirciare.
- Si sta alzando un forte vento!
Disse il barbone al cappotto, che non rispose per rimanere nella parte.
- Guarda che con me ci puoi parlare… Non lo sai che i barboni sentono le voci e parlano con le cose?
Aggiunse dandogli le spalle mentre si cominciò a rivestire.
- Non lo sapevo… beh allora… anche io ti rivelerò un segreto… so come fare in modo che tu sia davvero fragrante tabacco.
Disse lei timidamente.
- Ah interessante!
Leone si girò guardandola, mentre la sua testa sbucò dalla maglietta stropicciata.
- E come si fa?
Giovanna sorrise.
- Beh come prima cosa, infilami…

Il vento si fece più deciso, Leone si infilò il cappotto che si gonfiò come una vela.
Giovanna aveva imparato a farlo nei suoi tanti allenamenti, quando saltava sulla campana o quando volò via e si andò a fermare sul cancello.
Il cappotto si strinse così forte al collo di Leone che questa volta entrambi presero il volo.
- Wow! Ma questo cosa c'entra con il diventare tabacco?
- Me l'hai insegnato tu, non si può essere cappotto da soli, bisogna trovare chi ha bisogno di indossarti.
- Continuo a non capire, ma va bene lo stesso… e' divertente starsene quassù.
Il mondo là sotto sembrava così piccolo, i ricordi di una vita da esseri umani si facevano sempre più lontani.
Le gambe di Giovanna sventolavano al vento, mentre continuava a tenere le braccia incrociate al collo di Leone, senza lasciarlo neanche per un solo istante, poi gli disse:
- Senza aria che filtra, il tabacco non può bruciare da solo!
- E adesso che c'è aria, come gli diamo fuoco?

Chi fosse passato la sotto in quel momento, probabilmente non avrebbe compreso davvero quella scena, nemmeno se fosse stato un cuoco, un attore o un avvocato di esperienza, che con il naso all'insù avrebbe visto solo un cappotto e del tabacco trasportati dal vento, una scena curiosa ma di sicuro per loro tre, un evento insignificante.
Giovanna lo baciò, come quando tiri una lunga ed intensa boccata di fumo, infine lo aspirò e Leone prese fuoco.

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