PROLOGO. IL VIAGGIATORE
Giunto finalmente al limitar del villaggio, il Viaggiatore si fermò, poi si levò il cappello e si sedette su una pietra larga e bassa non sapendo più come procedere.
Riprese fiato per un attimo. Ne aveva fatta di strada per raggiungere quei luoghi, ancora un ultimo sforzo e avrebbe raggiunto l'albero degli impiccati sotto a cui cresceva rigogliosa la mandragora.
Che quelle strade fossero a lui sconosciute, lo si capiva da come si guardava intorno, poi si rimise in piedi ed entrò nel paese.
La mandragora che rende fertili, sarebbe stata prima o poi sua.
I. I 3 DESIDERI
- Che strada devo percorrere, buona donna, per raggiungere l'albero degli impiccati?
Il viaggiatore chiese interessato, ad una donna in evidente stato interessante.
Non che a lui ciò davvero interessasse - il fatto che quella fosse incinta intendo - concentrato com'era a raggiungere la sua meta: diventar lui stesso fertile. In qualsiasi caso le donne gravide gli avevano sempre dato un senso di sicurezza facendolo sentire a casa.
- Non vorrei sbagliare, gentile Viaggiatore, ma se voi proseguiste costeggiando ad est il torrente… il torrente… - Strinse un occhio. - No! quella è la strada per il cimitero…
La donna si guardava intorno, come se prima o poi dall'orizzonte, uno di quegli impiccati le potesse fare un cenno con la mano, indicandole la giusta via.
Fece entrambi gli occhi a fessura parandosi il sole con la mano tesa sulla fronte.
- No… era per di là. - Indicò con l'altra mano. - Si! in fondo! In fondo…
Poi aggiunse.
- Viaggiatore, la prego, so che di sicuro è sconveniente chiedere a voi che a me avete chiesto, ma vedete come mi vien da ragionare male… da quando sono con questo pancione, mi capita che son diversa… certo che se voi poteste aiutarmi in tre piccole questioni, credo proprio che la mia ragione potrebbe ritornare: potrei allora indicarvi di sicuro la via più comoda per raggiungere l'albero degli impiccati.
Ecco ci risiamo, quella aveva fatto tutto da sé, e da che il Viaggiatore aveva una via bella e sicura per andare a raccogliere la mandragora, l'aver chiesto alla persona sbagliata lo stava già portando fuori rotta.
- Maledette donne incinte! che da figlio mi viene come un senso di ricatto e non so dirgli subito di no. - Pensò il Viaggiatore che non poté fare a meno di farsi da solo discorsi in testa, di ritrovarsi ad ascoltare quali strambe richieste quella aveva da fargli, e prima che lui provasse a dire "si", "no", "forse" o "perché mai?", la donna stava già snocciolando i suoi tre desideri, manco il nostro fosse il genio della lampada.
- Vedete buon uomo come sono imprecise le mie idee, ma è la fame a farmi dire tale sciocchezze: se voi poteste trovarmi una buona mela da addentare, sono sicura che la memoria mi tornerebbe al primo morso.
Si, una mela come quella che morse il giorno in cui si trovò con quel fagotto appeso sul ventre, per un istinto - quello della madre - che arriva a volte per vie sorprendenti.
- Mia cara signora, son qui per questioni importanti, vi porterò la mela che chiedete, ma poi lasciatemi libero di chieder a qualcun altro.
- Non preoccupatevi mio caro, perché dopo aver mangiato, la via da raccontarvi mi sarà chiara. Certo che allora avrò sete, e dovrò chiedervi di portarmi da bere dell'acqua fresca.
La donna sembrava non cedere a quello che trovava un suo diritto: arrivare in fondo a tutti e tre i desideri, così proseguì.
- Pensate quanta strada risparmiereste se oltre alla mela mi portaste anche l'acqua, e con un solo tragitto già due ne avrete esauditi.
Il Viaggiatore non sapeva bene come, né perché, ma gli sembrava di aver preso almeno l'impegno di recuperare il frutto, tanto che fece per muoversi tosto, per togliersi questo peso e liberarsi dalle attenzioni di quella donna appiccicosa, ma lei lo riacchiappò per la manica: non aveva ancora detto quale fosse il suo terzo desiderio.
- Com'è siete gentile… spero proprio che il mio marmocchio sia tale e quale a voi una volta nato… come vi chiamate?
- Non ho nome. - Tagliò secco il Viaggiatore, sicuro di non dare un'ulteriore appiglio a quella ed essere così svincolato dalla terza richiesta.
- Ecco bravo, avete proprio ragione! Anche a me è successo così… - quella aveva una lingua che non perdonava, come una frusta - stavo proprio cercando anche il nome. Vi spiego meglio…
Il Viaggiatore si arrese ed ascoltò anche quella storia.
- L'altro giorno ho messo il nome del bambino sulla cassapanca che mi lasciò in dote la mia povera mamma, colpa mia! lo ammetto! a metterlo in un posto così cosa vuoi che ti possa accadere se non che poi lo vai a perdere. Ho rimesso a gambe all'aria tutta la stanza, ho guardato sotto il letto, sotto la stessa cassapanca, in tutti i cassetti uno per uno… ma niente! ho pensato alla fine che fosse stato portato via dal vento: la finestra era aperta.
II. E' TUTTO MIO CIO' CHE HO
Dopo che tutte quelle parole gli avevano scompigliato i pensieri ed i capelli, finalmente poté concentrarsi su quello che gli era stato chiesto.
Trovare una mela, portare dell'acqua e ultima ma più complessa e bizzarra di ogni richiesta che aveva mai sentito farsi in tutta la sua vita, recuperare il nome perduto.
L'assurdità di quell'ultima lo spinse a dubitare dell'integrità della donna, tutta la mente a posto non doveva avere, decise così di sbrigarsela al più presto e raggiunto il mercato recuperò una mela, tra le tante scelse la più piccola che poté trovare, pensando che così la donna gravida avrebbe fatto più in fretta a mangiarla e si sarebbe decisa prima a vuotare il sacco.
Certo, con tutta quella gente lì intorno avrebbe potuto chieder a chiunque dove fosse il suo tanto sospirato albero, ma certe cose è meglio non si sappiano troppo in giro, e come un ragazzino che ha le mani sporche di miele, era reticente a mostrare a chicchessia il proprio palmo.
L'albero degli impiccati per lui era una manna, perché sapeva bene ciò che solo lì vi poteva trovare.
La mandragora è una pianta miracolosa che nasce dallo sperma.
Ma quello sperma deve essere particolare: solo dalle gocce prodotte da un morto impiccato può nascere la pianta dalle mille virtù, che rende fertili anche coloro i quali non lo sono mai stati.
Certo, tutto quello che gli stava capitando non incoraggiava di sicuro il viaggiatore a proseguire il suo percorso verso la paternità, pensando che poi avrebbe dovuto fare i conti con tutti i capricci della sua consorte.
Era il pesante senso di responsabilità a muoverlo, il sapere di essere un tassello del tutto lo faceva sentire al tempo stesso vittima e carnefice di quella scelta, e mentre teneva in mano stretta quella mela, piccola come da quelle parti forse non se ne erano mai viste, gli venne in mente per un istante come già quella storia fosse stata raccontata ormai troppe volte in molti modi: perché se fu una mela ad incastrare Adamo, era una mela che in questo momento lo teneva così lontano dalla sua meta.
Decise allora di contravvenire all'accordo: avrebbe ricattato quella signora con quel piccolo frutto, se lei lo voleva gli avrebbe dovuto dire la strada per l'albero una volta per tutte.
Dell'acqua e del nome, quella ne avrebbe dovuto fare a meno.
III. CON I PIEDI PER TERRA
Quando la donna lo vide, cominciò a sbracciare da lontano e lui con fare deciso le si fece vicino, tirò fuori la mela e la tenne il più in alto possibile, come se lui stesso fosse un albero da cui doverla cogliere.
- Ora basta non ho intenzione di andare oltre con questa inutile farsa, o mi dite qual'è la strada che devo percorrere per giungere all'albero degli impiccati, o questa mela non troverà mai la strada verso il vostro stomaco.
E così dicendo si levò sulle punte per rendere ancora più difficile il coglierla. La donna cominciò a saltargli tutto intorno.
- Voi siete proprio un ragazzaccio, che mi dovete far saltare nelle mie condizioni.
Stranamente quella sembrava divertirsi e guardava il viaggiatore con tutto l'amore che solo una madre può aver negli occhi, come se nulla potesse scalfire la sicurezza di sapere che alla fine tutto sarebbe andato come doveva andare, sia che l'uomo le avesse posto la mela ad altezza normale, sia come in quel caso, che ci volesse mettere un po' più di pepe per aumentarne lo sforzo.
- Forza! fuori quello che voglio sapere...
Ed anche lui fece un salto, per alzare ancor di più la mela e la posta in gioco.
Fu proprio in quel preciso istante che una cicogna che passava da quelle parti a volo radente, trafisse come fosse una freccia quella piccolissima mela, lasciando entrambi i due senza un solo fiato.
Poco dopo la donna, facendosi una grossa risata indicò l'uccello che aveva raccolto il suo primo desiderio.
Ora era in cima alla torre delle prigioni.
L'animale si adagiò con calma nel proprio nido, con quella mela infilata nel becco, e ripiegandosi su se stesso sembrò mettersi fin troppo comodo.
- Ecco la giusta medicina alla vostra bella pensata!
Concluse la donna indicando la torre e continuando a farsi ancora tante sonore risate.
Il viaggiatore a dire il vero non riuscì ad arrabbiarsi se non con se stesso, in fondo se l'era proprio cercata questa situazione: gli sarebbe bastato recuperare una mela, un bicchiere d'acqua ed un nome improvvisato e se la sarebbe sbrogliata con molta meno sofferenza.
Ma a dire il vero si sa che se non ci sbatti il naso, non puoi sentir dolore.
- Va bene donna, vorrà dire che vi troverò un'altra mela, un bel bicchiere d'acqua e guarda caso sulla via del ritorno, scorgerò sotto qualche sasso il nome che vi siete lasciata sfuggire dalla finestra.
La donna lo guardò mentre si allontanava, poi da dietro gli disse:
- Un'altra mela? e perché non quella? da lassù sarebbe più facile poter scorgere all'orizzonte l'albero che così tanto volete trovare.
Il viaggiatore che già si stava dirigendo al mercato, dette un'occhiata a quell'alta costruzione, poi girò sui tacchi e sbuffando se ne andò verso le prigioni.
IV. LA TORRE
Beh! nessuno ha mai sostenuto che trovare ciò che si vuol davvero, sia cosa facile e senza contrattempi - gli venne da pensare al viaggiatore mentre era già a metà strada appeso sul versante della torre - e poi fatta questa, la Mandragora troverà davvero posto nelle mie tasche.
A guardarlo dal basso poteva sembrare un ragno male in arnese, perché la professione di camminare in verticale, proprio a quel viaggiatore non gli si addiceva.
Certo nelle prigioni non sarebbe, né avrebbe, voluto entrare e di nuovo quella più bizzarra gli sembrò l'idea più facile da realizzare: scalare la parete per cogliere l'uccello nel sonno, così da riportare definitivamente quel frutto a terra.
Era vero quello che aveva detto la donna, da lassù si dominava il panorama intero, ma a dirla tutta dell'albero degli impiccati non ne vedeva traccia; forse era dal lato opposto e deciso com'era ormai a recuperare quella mela, pensò che la cresta della torre che era poco oltre il nido di quell'animale sarebbe stato un ottimo punto d'osservazione.
Mancava davvero poco e cominciò a spingere con più vigore, risalendo dall'esterno quella prigione, fermandosi di tanto in tanto per assicurarsi che nessuno da basso lo indicasse con la punta dell'indice, destando magari i sospetti delle guardie che facevano la ronda.
Ancora poco perché ormai c'era quasi, la cicogna nemmeno se lo poteva immaginare che tra qualche istante, un viaggiatore le avrebbe fatto visita, liberandole il becco da quel per lei ingombrante attrezzo.
Così giunto finalmente alla lunghezza giusta di un braccio dal becco, il viaggiatore aprì la mano in un ultimo delicato sforzo e ancor prima che la potesse serrare intorno al frutto, sentì una mano che gli si serrò a sua volta attorno al polso.
- Eccolo qui il nostro secondo ladro, volevi farla franca te ed il tuo amico?
- Ma di che state parlando messere?
Cercò di chiedere il viaggiatore in quella stupida situazione, appeso ormai com'era alle cinque dita della guardia che dalla feritoia lì appresso lo aveva colto in flagranza di reato.
- Che il prigioniero avesse tutte le intenzioni di darsela a gambe ci era chiaro sin da subito, ma lo facevamo ben più furbo che avvalersi di uno strampalato complice fuor dalla finestra.
E così dicendo, la guardia tirò nell'oscura pancia della torre quell'inetto.
V. IL PRIGIONIERO
Lo buttarono in una cella spoglia e fredda, sguarnita di qualsivoglia cosa a parte un pagliericcio che gli doveva fungere da letto.
E furono così tante le lacrime che cominciò a versare, che gli venne da subito in mente di farle colare tutte sul palmo della sua mano per ficcarsele in tutta fretta in tasca: quella sarebbe stata l'acqua da portare alla donna, perché non ne poteva più di andar contro il volere dei tre desideri, che pareva proprio che ogni volta che continuava a rimanere aggrappato a quella storia, tutto dovesse andare nel peggiore dei modi.
La mela fece presto a cacciarsela anche quella in tasca, perché fortuna volle - e tanta altra gliene doveva servire per uscire da quella ingiusta situazione - che la cella in cui l'avevano sbattuto, dava proprio sul nido della cicogna.
- Hei tu! la finisci di piagnucolare? Non sei mica un lattante al primo malaffare…
La voce giunse dalla cella confinante: era quella dell'altro ladrone!
Il viaggiatore si avvicinò alle fredde sbarre, ma non poteva vederlo in viso, visto che le celle affiancate non permettevano ai due di osservarsi a vicenda.
- Sei tu quello che vuole fuggire?
Chiese il viaggiatore, sentendosi giustamente rispondere da una fragorosa risata.
- E chi non vorrebbe fuggire? Forse non era una domanda rivolta a me, caro il mio vicino di cella… forse tu stesso sei quello che brama di uscire da tutta questa situazione. L'ho già capito che questi non sono luoghi per te.
- Ti prego aiutami a venirne fuori!
- Bella questa! ti sei fatto catturare facendo credere a quelli che tu fossi un mio astuto complice venuto per liberarmi, mentre invece ora sono io che dovrei permettere la tua fuga?
Disse il ladro.
Beh! effettivamente era una situazione a gambe all'aria, tutta al rovescio e tutta sbagliata, ma doveva pur esserci un modo furbo per poter darsela a gambe.
- Io so come uscir di qui!
Disse all'improvviso il ladro ed il viaggiatore tese con molta attenzione l'orecchio al suo compagno di prigionia, aspettandosi una qualche sorprendente rivelazione, ma quello che il ladro gli disse, pareva tutto tranne che un buon piano.
- Vedi questo muro che ci separa, ha quattro mattoni che si possono sfilare.
Così dicendo il ladro li tirò via e sbucò con la testa nella cella del viaggiatore.
- Ora oltre a parlare a quattro occhi, basta che io venga di lì e tu di qui, per ottenere tutto ciò che vuoi.
Caro lettore, io che sono qui tranquillo e seduto fuori da questa situazione, non avrei accettato al primo istante quella proposta che sembrava tutto fuorché una buona via di fuga.
Che differenza poteva esserci a cambiar di stanza soltanto?
Ma la differenza c'era eccome perché quando il viaggiatore si trovò nell'altra cella e se ne andò alle sbarre che davano sulla parete esterna, finalmente scorse da quella nuova posizione, il grande albero al quale venivano appesi tutti i criminali.
- Eccolo finalmente!
Tornò alle sbarre che davano sul corridoio, per confidare al ladro tutta la sua allegria nel saper che ora non gli serviva più trovare il nome, se fosse riuscito ad uscir da lì, poteva raggiungere l'albero senza dover tornare da quella pazza e dalle sue assurde voglie, che per lui ormai erano diventate una peggior prigione di quella in cui era incastrato adesso.
Da lì poteva calarsi se avesse avuto una corda abbastanza lunga, perché a differenza della parete che aveva scalato per far quel viaggio sino in cima alla torre, da quella parte era molto più liscia e non offriva appigli.
- Mi serve una corda abbastanza lunga per potermi calare giù da questa situazione.
Chiese il viaggiatore al misterioso ladro che stava ora in quella che prima era stata la sua di cella.
- Se è solo questo che ti basta, stai pur tranquillo che la corda te la procuro senza problema... per ringraziarti di aver permesso la mia fuga.
Il viaggiatore finalmente avrebbe ottenuto ciò che gli spettava, e cominciando dalla corda, la mandragora sarebbe stata finalmente ai suoi piedi.
VI. LA CORDA E' SEMPRE TROPPO CORTA PER FUGGIRE
Giunse così la mattina successiva ed i due che si erano scambiati di posto, si svegliarono all'unisono stiracchiandosi come alla specchio.
- Oggi ce ne andremo.
Disse il ladro, mentre il viaggiatore non toglieva gli occhi di dosso all'albero, da quella posizione poteva appuntarsi mentalmente il percorso tra l'intreccio di vie del paese, così da poter arrivare senza ulteriori intoppi alla sua meta.
Lo distolse da quelle osservazioni, il rumore pesante del chiavistello, la porta della cella si aprì e lui non fece neanche in tempo a girarsi che un sacco di iuta gli finì sulla testa a mo' di cappuccio, poi mani forti lo strinsero e lo sollevarono da terra, portandolo fuori dalla cella.
Così come aveva promesso il suo compagno di cella, si ritrovò sui polsi la corda che aveva chiesto, ma gli ci volle davvero poco per capire che quella era troppo corta per fuggire.
Le guardie erano venute per impiccarlo credendo fosse il ladro, e mentre lo portavano via lasciarono aperta la porta della cella dalla quale appena si calmarono le acque, il ladro con tutta calma poté sfilare i quattro mattoni, tornarsene nella sua vecchia cella e darsela a gambe dalla porta principale.
Il viaggiatore, con la mela e le lacrime in tasca, ripercorse mentalmente la via di fuga che aveva imparato a memoria e a dire il vero non fu per niente contento di realizzare che quegli energumeni la stavano percorrendo perfettamente come lui se l'era immaginata.
Per la prima volta si sentì completamente affranto di raggiungere senza grande sforzo il luogo dove sin dall'inizio avrebbe voluto essere, e se è vero che mai cosa aveva desiderato di più se non poter cogliere la mandragola, senti tutto di colpo che ne avrebbe questa volta fatto volentieri a meno.
- Lasciatemi! sono innocente! Avete sbagliato persona!
Continuava a gridare alle guardie, ma quelle non ci facevano neanche caso, perché fin troppe volte avevano sentito quelle parole da un prigioniero.
Del resto come ben aveva detto il ladro chi è che non vuol prima o poi fuggire.
- Posso provarlo, guardatemi in tasca, ho una mela e dell'acqua da dare ad una donna incinta che solo me sta ad aspettare.
Ma quelli non fecero caso a nessuna delle sue recriminazioni.
Per tutti la strada è la stessa, e da quell'anello ci se deve passare, non importa quanto ancora vuoi stare tranquillo, quanto ancora vuoi legarti ad una corda ben più lunga.
Sull'albero degli impiccati ci si trovò presto, lo fecero salire su una particolare forca, che aveva solo la base con botola al centro, il collo invece gli venne tirato dalla corda appeso ad un ramo.
Senza poter vedere più nulla, per il sacco che aveva in testa, cominciò a sentir con le orecchie la gente che gli si faceva tutta intorno, tra questi c'era anche la donna dei tre desideri, venuta sin sotto l'albero per ricevere dal viaggiatore ciò che le spettava: una mela, dell'acqua ed un nome.
VII. LA MELA
L'amore è un sentimento serio, che diventa allegro tra le lenzuola.
Entrambi lo sapevano bene.
Il loro amore era nato da poco, acerbo come una mela non ancora pronta a cascar dal ramo, e si ritrovarono a parlar di cosa potevano essere nove mesi nella vita di un genitore.
Ne parlarono per anni, non riuscendo mai a viverli.
In ognuno di quei discorsi mettevano tutte le ipotesi, tutte le congetture e i rimedi che riuscivano ad immaginarsi.
Perché quel bimbo tanto desiderato non arrivava? Dove era finito? Forse sperso come un seme nel torsolo, in quel viaggio lunghissimo stava ancora cercando la strada.
Fu allora che sentirono parlare per la prima volta della Mandragora, la pianta miracolosa che cresce ai piedi degli impiccati.
Quel viaggio poteva esser la loro salvezza, così quel bel ormai marito si avvio nelle profondità della moglie, dandole tutto ciò che aveva con sé: le cassapanche, le uovo, le lenzuola allegre e la Mandragora.
Di fronte a loro un lungo cammino si aprì, che dal di fuori portava al di dentro per poi ritornare a galla in un'altra forma.
Al primo morso, tutto cominciò.
VIII. L'ACQUA
- Non potete farmi questo! io non sono quel maledetto ladro traditore!
La gente quelle parole le aveva sentite ormai fin troppe volte, tanto che quasi divertita fremeva impaziente, aspettando con l'orecchio teso la melodia della corda tesa, che fa ballar tutti quelli che nell'ultimo soffio vitale, cominciano a danzare tra gli spasmi dati dal collo appeso.
- Chiedetelo alla donna che mi ha spedito a fare questo viaggio, a lei e a quei suoi stramaledetti tre desideri. La mela, controllate, ce l'ho qui in tasca! anche l'acqua! misericordia!
E tra le lacrime sotto al sacco e quelle in tasca, si insinuò presto lo scroscio di una pioggia torrenziale che inondò tutto il paese ed i suoi dintorni.
La donna incinta per il dolore si piegò e lei stessa dette il via alle sue proprie acque, che copiose cominciarono a rigarle le cosce, il bambino stava nascendo, tra gli strilli della folla che cominciò a chiamare forte la morte.
IX. IL NOME
- Astolfo! Astolfo! Astolfo!
In un infinita cantilena, dopo ben due errori compiuti dal nostro viaggiatore (la mela sbagliata e l'acqua fraintesa), tutti lo chiamarono con un nome non suo.
Astolfo era un ladro, forse un assassino, di sicuro un uomo dalla dubbia morale, che non esitava a buttar sulla forca un viaggiatore alle prime armi.
Non ci si può improvvisar viaggiatori, lo si deve essere per mestiere, con il tempo si acquisiscono le basi e via via tutte le tecniche che ti portano lontano.
Andata e ritorno sono la stessa cosa, due viaggi incrociati che possono passar dallo stesso centro o forse non sfiorarsi nemmeno.
Eccolo il nome! ora hai un nome!
Non è tuo perché te l'hanno dato… e per quanto il viaggiatore si ribellasse all'idea di doversi chiamare Astolfo, capiva via via che non c'era niente da fare, che l'appuntamento con la forca non poteva più esser rimandato.
- Quanto dolore nella mia pancia, tenetemi la mano che mi pare di avere un temporale nel corpo.
Disse la donna accasciandosi a terra. Le si fece tutto intorno un capannello, che fece voltare tutti quanti dalla vista dell'impiccato.
Le cosce aperte, la vagina un fiore, da cui si poteva scorgere un ciuffo di capelli che si facevan strada.
- Lo voglio chiamare Astolfo, questo sarà il suo nome che cucirò sulle lenzuola appoggiate sulla cassapanca, vicino alla finestra. Ma lenzuola pesanti per affrontare questo inverno, pesanti così che il vento non le possa portare via un'altra volta.
Poi la donna gridò e con enorme sforzo, mentre la botola si apriva facendoci passare in mezzo il viaggiatore, dall'altro lato Astolfo venne fuori.
E' nato!
I piedi appesi e ciondoloni, il bimbo venne sputato fuori da tutte quelle storie, da tutte quelle notti passate in piedi a raccontarsi i nove mesi che rendono felici i genitori.
EPILOGO. LA MANDRAGORA
Astolfo amava viaggiare, per troppo tempo era stato prigioniero nella torre.
Guardava ora il mondo come se fosse la sua prima volta, si fermò, poi si levò il cappello e si sedette su una pietra larga e bassa non sapendo più come procedere.
Tra sé e sé si disse - Chiederò a qualcuno che mi indichi la strada.
Fu in quel preciso istante che gli si avvicinò una donna che incuriosita domandò:
- Come vi chiamate messere?
Astolfo incontrò il suo sguardo.
- Sono un viaggiatore, a cui hanno dato uno dei tanti nomi possibili.
Poi si alzò da quella pietra larga e bassa, e seguendo una precisa traiettoria si avvicino agli occhi di quella splendida ragazza.
- Mia signora... volete aiutarmi a trovare un nuovo nome?
Poi i due si allontanarono insieme per andare a raccogliere ancora una volta la Mandragora.
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