sabato 25 agosto 2012

L'altalena del marinaio - (carte estratte: 21 10 8 - tiraggio di Simone C.)



Se io fossi un vero scrittore, vi narrerei di come le assi del vascello gridavano piegandosi, vi terrorizzerei parlandovi del mare buio che aggrediva il nostro nero veliero, vi inchioderei alle panche per evitarvi il destino crudele di chi viene inghiottito in mare aperto dai venti della tempesta; ma poiché io sono un qualsivoglia mozzo, vi racconterò invece cosa ci stava a fare un ragazzo solo, sull'albero maestro, in bilico tra i vortici.
Quello era come me un mozzo (ma tutto intero) che ogni cosa aveva a cuore, perché la marineria era la sua più gran passione.
Non gli importava di doversi spaccar la schiena a pulire i ponti, né tantomeno si tirava indietro quando si doveva montar la guardia tutta notte.
Il mare è luogo misterioso e pieno di pericoli, sotto la cui superficie si raccolgono creature, morte e storie.

Ogni notte il vascello solcava la pece, nel cuore dei Caraibi per conquistar tesori, e il mozzo se ne stava aggrappato all'albero maestro, senza che alcuna corda lo reggesse in quella scomoda posizione; del resto cosa può valere l'ultimo dei valorosi? Un ragazzo che per tanta magrezza le sue cosce insieme potevano entrare in competizione con la sola gamba di legno del capitano.
Quel capitano che con un solo occhio, lo spediva a faticare in ogni dove.
La ciurma era formata di maledetti tagliagole, uomini che di mare ne avevano persino l'odore, che come barracuda si muovevano anche sulla terra ferma, non fermandosi di fronte a niente, pagando tutti con la sola moneta che sapevano contare: il pretendere.
Tutti forti e possenti, tanto che la loro nave era la più temuta: come fosse invisibile, perché il terrore che induceva era così profondo che che anche chi l'avesse vista sulla propria rotta avrebbe fatto finta di non esser attaccato e più di ogni altra cosa, avrebbe fatto finta di non esser mai morto sotto i colpi delle sciabole, convincendosi anche nel momento dell'ultimo respiro, di essere ancora lì in mare aperto, tra le onde quiete.
Non vi è più morto di chi non vuol morire!

Il mozzo era l'unica virgola in mezzo a tutti quei punti fermi.
Magro come un chiodo, senza forza e malmesso, l'unico che aveva davvero l'onere di tenere bene a mente che tra tutti quei terribili era l'unico che poteva morire.
Ma un giorno si scatenò la tempesta.
Arrivò di notte all'improvviso, come un ospite inatteso, cogliendo nell'ultimo istante della veglia sia la ciurma che il capitano.
Io vi ho già raccontato di quanto fossero solidi quegli uomini, di quanto pesante fosse il valore della leggenda che li circondava; tanto che quella, che era la tempesta peggiore di sempre, per loro fu solo una delicata ninna nanna.
Il vento sibilava, spostando l'asse del veliero da babordo a tribordo, come se fossero in un enorme culla a dondolo, così soave che il sonno li raccolse tutti, facendoli cadere addormentati.
Per un bimbo è sufficiente la delicata mano di una madre, che dondolando piano da un lato all'altro il suo bambino, lo lascia un poco tra le braccia di Morfeo; ma qui trattandosi di indicibili e spietati tagliagole, fu questa peggior tempesta ad esser per loro soporifera.

Anche l'uomo più forte nel sonno muore, stroncato da quel dondolio che lo porta così vicino al bordo della nave da farlo rotolare in mare; e come tante botti, tutti quelli, continuavano a rotolare da babordo a tribordo addormentati.
Il mozzo, così debole da esser come noi, che di fronte ad una tempesta non ci addormentiamo ma tremiamo, da quella posizione aggrappato alla cima dell'albero maestro, vedeva i marinai persi tra i dondolii e in un estremo gesto disperato, per salvarli tutti dal mare aperto, si mise in piedi sul pennone sfidando il vento.
Tira e spingi mozzo, come un equilibrista in mezzo alla tempesta, cominciò a controbilanciare da solo col suo misero peso tutta la nave, che ad ogni piegamento ad est, faceva corrispondere un suo tendere il collo ad ovest, per riportare tutti quei corpi addormentati al centro del veliero, lontano dai bordi.
Coma il contrappeso di una lunga bilancia tra la chiglia ed il suo corpo, compì l'impresa più eroica che quegli uomini avrebbero mai potuto vedere.

Ma per loro fu come un sogno nel dormiveglia, lavato via presto dagli occhi la mattina successiva, quando ormai il mare calmo aveva dimenticato la pece e la tempesta.
- Mozzo! cosa fai ancora lì aggrappato al palo? Scendi presto che un nuovo giorno è pronto a raccontar di noi solo, una nuova storia.

E quello, gracile, scese scivolando giù per il legno stringendo le cosce, con tutta la consapevolezza di chi in quella leggenda non aveva messo un punto ma solo una piccola virgola,

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